modo
Dal lat. modus, che in questo significato corrisponde al gr. τρόπος. Come termine filosofico, designa in generale la qualificazione, non essenziale, che una data realtà può assumere nel suo divenire, o comunque nella sua natura: in questo senso il termine fu usato soprattutto nella scolastica, e acquistò poi centralità nella scuola cartesiana e in Spinoza, il quale chiama modi, modificazioni, tutte le particolari forme in cui si presenta l’unica infinita sostanza e in entrambi i suoi due (ma non esclusivi) attributi dell’estensione e del pensiero.
Nella logica aristotelica, e successivamente nella tradizione latina e medievale, i vari tipi di sillogismo che in seno a una data «figura» si potevano ottenere a seconda che ciascuna delle tre proposizioni categoriche fosse affermativa o negativa, universale o particolare (➔ sillogistica).