modularita
modularità Proprietà di ciò che è modulare, composto di, o scomponibile in, moduli, riferibile, in economia, alla gestione dei sistemi.
Nell’accezione di H. Simon (➔), un sistema (naturale o sociale) si dice complesso quando è composto da un elevato numero di elementi che interagiscono tra loro in maniera non semplice. Il livello di complessità dipende dal numero di elementi e dal numero di interazioni tra gli elementi. La modularizzazione di un sistema (complesso) consente di suddividerlo in diversi sottosistemi (o moduli) interfacciati tra loro. In un sistema modulare le interazioni avvengono tra elementi dello stesso sottosistema, mentre i diversi sottosistemi sono connessi attraverso interfacce. In altre parole, la scomposizione di un sistema in diversi moduli quasi indipendenti tra loro consente di semplificare drasticamente l’organizzazione del sistema stesso. Se le interfacce tra i sottosistemi sono standard e stabili nel tempo è infatti possibile organizzare i diversi sottosistemi in parallelo, riducendo le interazioni tra elementi, e quindi riducendo esponenzialmente il numero di elementi da controllare. La relazione tra i diversi moduli definisce l’architettura del sistema.
Tale semplificazione implica però certi costi: disegno dell’architettura, standardizzazione delle interfacce e gestione della relazione tra i moduli. Il costo della modularizzazione può essere superiore ai benefici derivanti dalla semplificazione e dalla maggiore velocità di gestione del sistema. Si pensi, per es., alla smithiana divisione del lavoro attraverso la definizione dei diritti di proprietà (➔ lavoro, divisione del). La divisione del processo produttivo in diverse fasi (moduli), mediata dai prezzi, riduce, da un lato, i costi di organizzazione, rende il processo produttivo più efficiente e aumenta l’apprendimento, ma, dall’altro, aumenta i costi di transazione. La costituzione di imprese, infatti, denota la necessità di ridurre la decentralizzazione e di gestire alcuni aspetti della produzione in maniera integrata, al costo di una maggiore complessità organizzativa. Inoltre, l’architettura impone restrizioni: la ricerca di soluzioni ottimali per un sistema può avvenire solo all’interno dei diversi moduli (escludendo cioè le interazioni tra elementi di moduli diversi, fissata nelle interfacce). Tale restrizione implica che la ricerca di soluzioni ottimali è più localizzata rispetto a un sistema integrato e ha una maggiore probabilità di essere intrappolata in un lock in (soluzione obbligata). Si pensi, per es., alla relazione tra l’organizzazione di impresa e l’innovazione di un prodotto formato da diversi componenti ognuno dei quali è un modulo. A un estremo, un’impresa controlla la produzione di tutti i componenti in maniera integrale: l’innovazione in ciascun componente viene fatta considerando le interazioni con tutti gli altri. Il processo innovativo può essere infinitamente lungo e costoso, ma garantisce di trovare il migliore prodotto. All’estremo opposto, un’impresa produce un solo componente e assembla quelli acquistati da altre imprese specializzate: l’innovazione di ciascun componente avviene in maniera indipendente. Il processo può essere molto veloce (in parallelo), ma può realizzare il miglior prodotto solo per caso, se l’architettura lo consente. Vi è, quindi, una forte relazione tra la m. di una artefatto, la flessibilità nell’organizzazione dell’impresa e l’organizzazione industriale (divisione del lavoro). Tale relazione contribuisce a determinare la variazione nell’organizzazione dell’impresa e dell’industria nelle diverse fasi del ciclo di vita del prodotto e per molteplici settori manifatturieri.