Moggi, Moggio de'
Letterato e maestro di grammatica; nato a Parma da umile famiglia nel 1325 (inesatta è la notizia della sua origine vicentina, data da B. Pagliarino [Cronache di Vicenza, Vicenza 1663, IV 185] e da altri), abbandonò la città nativa forse nel 1346, dopo che la signoria di essa era stata ceduta da Obizzo d'Este a Luchino Visconti. Passato a Verona, fece parte come maestro di grammatica della scuola di Rinaldo Cavalchini da Villafranca, e vi rinnovò anche i legami con il Petrarca e il figliolo suo Giovanni, la conoscenza con i quali risaliva agli anni parmensi, tra il 1341 e il 1345, quando il M. fu maestro di Giovanni.
Secondo la proposta del Cochin, non è assurdo pensare che il Petrarca sia ricorso all'aiuto del M. per copiare e correggere copie di propri lavori, come proverebbero la trascrizione di un codice del Bucolicon carmen e le lodi di cui il Petrarca onora l'amico per le sue virtù di calligrafo e di ‛ recensore ' di manoscritti: se questo il M. non fece, e non copiò opere del Petrarca, è certo che ebbe l'incarico di sorvegliarne la copiatura (Variae IV). Se inoltre si ricorda che proprio in quel tempo, dopo la scoperta del codice ciceroniano, il Petrarca cominciò a pensare a un proprio epistolario, e che tra gli amici del Petrarca a Verona fu quel Gasparo Scuaro Broaspini (poi lettore di D. in Venezia) che il poeta incaricò di un primo ordinamento dell'epistolario stesso, non sembra neppure improbabile che anche il M. abbia riunito lettere del Petrarca, in parte autografe, in quel codice abbastanza noto che è il Laurenziano Cl. LIII 35.
In quella Verona dove Taddeo del Branca raccoglieva leggende sulla vita di D. fu pure, dal 1332 al 1347, Pietro Alighieri: il M. gli dedicò un carme, in cui ricordava come egli avesse declamato, nel foro di Verona, presso la bina degli orefici, un carme sull'opera del padre, riassumendone la trama e il significato.
Sul finire della primavera del 1355 il M. fu assunto definitivamente al servizio di Azzone da Correggio, che, coinvolto nella congiura antiscaligera del fratellastro di Cangrande, Fregnano, aveva dovuto abbandonare Verona (1354), ma ben presto era stato reintegrato nei suoi beni a Parma da Barnabò Visconti. Forse il M., al tempo della fuga di Azzone da Verona, si rifugiò a Venezia, e forse allora si fece amico il gran cancelliere Benintendi de' Ravegnani.
Il M., al servizio di Azzone, frequentò la corte viscontea, fu precettore dei suoi figli Ludovico e Giberto, strinse in questo periodo altri interessanti rapporti letterari e culturali con illustri personalità. Morto Azzone nel 1362, il M., con fedeltà esemplare, rimase presso la vedova Tommasina Gonzaga e i figli, ritornando con loro nella città nativa. Un documento del 1364 lo ricorda come procuratore della vedova; nel 1380 era ancora con la famiglia nel feudo di Guardasone. A fine secolo dedicava versi ad Antonio Loschi, il cancelliere e letterato vicentino legato ai Visconti: poi non si hanno altre notizie di lui.
Di lui rimangono dodici epistole in versi, tra cui quella a Pietro Alighieri. Un'elegia egli dedicò a Pasquino, cancelliere di Galeazzo Visconti, per la conquista di Verona da parte dei Visconti stessi; un carme ad Andrea Pepoli per le nozze con Orsina Canossa; un'epistola metrica è dedicata al Petrarca per la morte di Azzone.
Bibl.-M. Vattasso, Di M. de' M. da Parma e dodici sue poesie latine ora per la prima volta pubblicate, in Del Petrarca e di alcuni suoi amici, Roma 1904, 65 ss.; A. Spagnolo, M. de' M. da Parma, in " Atti e Mem. Accad. Agricoltura, Scienze Lettere Arti Verona " s. 4, VI (1905-1906) 87-94; E. Levi, Francesco di Vannozzo e la lirica nelle corti lombarde durante la seconda metà del secolo XIV, Firenze 1908, 151 ss.; R. Renier, in " Giorn. stor. " LXI (1913) 450-453; C. Garibotto, Un poeta parmigiano maestro a Verona nel '300, in " Atti e Mem. Accad. Agricoltura Scienze Lettere Arti Verona " s. 5, X (1933) 7-12; E. Rostagno, Del ms. Laurenziano Petrarchesco CL. LIII, 35, in " Arch. Stor. Provincie Parmensi " XXXIV (1934) 165.