Gandhi, Mohandas Karamchand
Politico indiano (Porbandar 1869-Nuova Delhi 1948). Una delle maggiori personalità dell’India nel periodo coloniale. Per l’integrità morale, l’insistenza sul principio dell’ahimsa («non violenza») e lo spirito di servizio ai più deboli che sempre lo animarono ricevette da R. Tagore l’appellativo di Mahatma (sanscr. «grande anima»). Di casta modh baniya (speziali), nacque nella famiglia del primo ministro dello Stato indigeno di Rajkot (od. Gujarat). Nel corso della fanciullezza non mostrò particolare interesse per gli studi; dopo il matrimonio (1882) con Kasturba Makanji, sua coetanea, nel 1888 venne inviato dai genitori a Londra per studiare giurisprudenza, nella speranza che l’abilitazione ottenuta in Inghilterra potesse aprirgli una carriera professionale in India. Durante i tre anni trascorsi a Londra entrò in contatto con gruppi vegetariani e teosofici, che lo indussero a riscoprire la tradizione letteraria e religiosa indiana. La Bhagavad-gita divenne il suo testo di riferimento ideale e pratico, in particolare per il concetto di karmayoga («yoga dell’azione»), secondo cui il perfezionamento individuale si compie attraverso l’azione disinteressata, ispirata a una volontà divina che si manifesta nel cuore dell’uomo come Verità. Rientrato in India nel 1891, G. si sottopose, su richiesta di membri influenti della sua casta, a una cerimonia di espiazione (prayashcitta) per aver attraversato le «acque nere» dell’oceano. Ottenuti piccoli incarichi presso il tribunale di Bombay, si trasferì quindi in Sudafrica (1893) per seguire un’intricata causa legale, risolta la quale G. decise di trattenersi ancora nella colonia britannica per dedicarsi alla lotta contro le discriminazioni ivi perpetrate a danno della comunità indiana. In tale occasione elaborò il principio ideale e le tecniche organizzative del ; fondò inoltre il partito del Natal indian congress (1894) e sostenne attivamente il giornale Indian opinion, portavoce della causa indiana. In quegli anni G. svolse una profonda riflessione sui problemi dell’India e dette completa espressione alle sue convinzioni nel saggio L’autogoverno dell’India (1909), in cui, rifacendosi a figure anticonformiste del pensiero occidentale (da H. Thoreau a J. Ruskin, da E. Carpenter a L. Tolstoj), mosse una serrata critica agli aspetti «satanici» della modernità. Rifiutò la preminenza assegnata al lavoro intellettuale rispetto a quello manuale, negò la positività del concetto di «società civile» ed esaltò la semplicità di uno stile di vita integrato nell’ambiente naturale e sociale in contrapposizione alla civiltà delle macchine e del grande mercato. Denunciò inoltre le manchevolezze del sistema parlamentare britannico e giunse a paragonare il Parlamento di Westminster a una «donna sterile» e a una «prostituta» soggetta alle decisioni della maggioranza di governo. Tornato definitivamente in India nel 1915, si apprestò a mettere al servizio dei suoi conterranei le idee e le esperienze del ventennio sudafricano. Si legò inizialmente al leader nazionalista moderato G.K. Gokhale e compì, dietro suo suggerimento, un lungo viaggio attraverso le diverse regioni dell’India al fine di prendere diretta visione delle condizioni di vita della gente comune. Al 1917 risalgono le prime iniziative di mobilitazione: appoggiò la resistenza dei coltivatori dell’indaco nel distretto del Champaran (od. Bihar) contro l’aumento dell’imposta agraria; intervenne in una disputa tra gli operai tessili di Ahmadabad e i proprietari delle fabbriche e si occupò della crisi dei raccolti nel distretto di Kheda (od. Gujarat), dove sostenne i contadini nella richiesta di una sospensione dell’imposta agraria. Ad Ahmadabad ricorse al digiuno, che concepiva non come uno sciopero della fame volto a esercitare pressione sull’avversario, ma come una forma di purificazione interiore, sacrificio e preghiera che mirava alla rimozione del male dalla propria coscienza e da quella dei propri compagni. Nel 1919 assunse una posizione più radicale contro il dominio britannico in conseguenza dell’eccidio di Amritsar, e organizzò hartal (sorta di scioperi generali) in diverse città: ma le agitazioni presero ben presto un tono violento e G. se ne addossò la colpa, ammettendo di aver commesso un «errore grande come l’Himalaya». Nel 1920 lanciò la prima campagna pan-indiana di non cooperazione; arrestato nel 1921 e rilasciato nel 1924, lavorò a un programma di ricostruzione sociale ed economica dell’India rurale incentrato su un equilibrato sfruttamento delle risorse disponibili «nel proprio Paese» (svadeshi) e sul recupero di forme di artigianato preindustriale (in particolare del khadi, il cotone filato manualmente al carkha, o arcolaio), in cui tentò di coinvolgere anche il ristretto mondo delle élite urbane nella prospettiva di una nuova unità sociale. Nel 1928 riprese l’azione politica in risposta alla mancata consultazione dell’opinione pubblica indiana nel processo di revisione istituzionale (➔ Simon report) e all’inizio del 1930 con la Marcia del sale inaugurò una nuova fase di . Nuovamente arrestato, fu liberato a seguito di un compromesso raggiunto con il viceré (patto Irwin-G.) e nell’autunno 1931 partecipò alla seconda Round table conference di Londra. Sulla via del ritorno si fermò a Roma, dove incontrò Mussolini, ma non riuscì a farsi ricevere dal papa Pio XI. Agli inizi del 1932 la disubbidienza civile riprese ed egli venne nuovamente arrestato. Durante la detenzione nel carcere di Yeravda, presso Pune, iniziò un digiuno «fino alla morte» per indurre gli indù di alta casta ad abbandonare la pratica dell’intoccabilità e scongiurare la divisione dell’elettorato indù su base castale prevista dal Communal award: digiuno che interruppe in seguito a un accordo con alcuni leader indù conservatori e il rappresentante degli intoccabili, B.R. Ambedkar. Nel corso degli anni Trenta G. si allontanò dalla politica attiva, lasciando ad altri congressisti, tra cui il giovane J. Nehru, la conduzione del movimento nazionalista. Conservò tuttavia un ruolo di consigliere morale e la sua opinione venne costantemente sollecitata in momenti cruciali; intervenne con fermezza nella vita del Congress solo nel 1939, quando mobilitò la «vecchia guardia» del partito contro il neopresidente S.C. Bose, costringendolo a dimettersi. Profuse invece le sue energie nella crociata in favore degli intoccabili (da lui ribattezzati harijan, «figli del dio Hari»), nel programma di recupero del piccolo artigianato rurale e nella formulazione di un modello educativo, detto nai talim («nuova istruzione»), che riprendeva elementi della tradizione pedagogica indiana. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale G. tornò protagonista della vita politica indiana. Lanciò un satyagraha individuale nel 1940 e nel 1942 la terza e ultima campagna pan-indiana, detta Quit India. Rimase in detenzione dal 1942 al 1944; in seguito si adoperò per porre fine agli scontri fra indù e musulmani in Panjab, Bengala e Bihar, e prese parte alle trattative (1944-47) fra il governo britannico, il Congress e la Muslim league di M.A. Jinnah, conclusesi con la fine della dominazione coloniale e la partition dell’India, da lui vissuta come un fallimento personale. Mentre era ancora impegnato nella ricomposizione dei rapporti fra comunità religiose, il 30 genn. 1948 cadde vittima dell’attentato di un fanatico indù, Vinayak Nathuram Godse. Dopo la morte G. è stato onorato come «padre dell’India indipendente», mentre i suoi programmi sono stati rapidamente accantonati, salvo riemergere come oggetto di dibattito intellettuale. Il suo lascito consiste semmai nella capillare rete di ashram, le comunità autosufficienti che in tutte le regioni del Paese costituirono le «centrali» del suo programma di ricostruzione sociale, economica e morale, e che continuano a portare avanti il messaggio del khadi, seppure spesso in chiave puramente economica.
Nasce a Porbandar
Si reca a Londra per compiere gli studi giuridici
Si trasferisce in Sudafrica dove elabora la teoria del satyagraha
Torna in India dove si lega al leader moderato G.K. Gokhale
Lancia la prima campagna pan-indiana di non cooperazione
Incarcerato
Riprende l’azione politica
Lancia la disubbidienza civile
Partecipa alla seconda Round table conference di Londra
Durante la detenzione nel carcere di Yeravda, inizia un digiuno a favore dei diritti degli intoccabili
Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale lancia un satyagraha individuale
Lancia la campagna Quit India
Incarcerato
Partecipa alle trattative che conducono alla proclamazione dell’indipendenza dell’India e alla spartizione del Paese
Muore vittima di un attentato a Nuova Delhi