POLACCO, Moise Raffael Vittorio
POLACCO, Moisè Raffael Vittorio. – Nacque a Padova il 10 maggio 1859 da Isach e da Eva Melli, e in quella città compì gli studi, laureandosi in giurisprudenza nel 1879 con una tesi sulla disciplina del testamento pubblico nel Codice civile del Regno. Professore di diritto civile a Modena dal 25 settembre 1886, a Padova dal 1888 al 1918 (ateneo del quale fu rettore dal 1905 al 1910), fu uno dei più significativi esponenti della giuscivilistica italiana a cavallo tra Otto e Novecento.
La sua opera matura si sviluppa nell’ultimo ventennio del XIX secolo, in un’epoca in cui, per effetto del mutato contesto economico-sociale e sulla scia di molteplici e spesso contraddittorie suggestioni culturali, ha luogo il superamento del paradigma esegetico, si perfeziona il passaggio a una concezione sistematica della scienza giuridica e inizia progressivamente a elaborarsi una scienza nazionale del diritto civile. Polacco può considerarsi in effetti un protagonista tra i più significativi di una fase storico-giuridica segnata dalla ‘demitizzazione’ del Codice, da una profonda crisi di identità dei giuristi e, conseguentemente, dalla definizione di nuovi indirizzi metodologici e di una rinnovata epistemologia della scientia iuris. Tra i caratteri distintivi della sua riflessione scientifica, occorre in primo luogo segnalare una spiccata sensibilità per la dimensione culturale della scienza giuridica e un gusto tutto particolare per la storia e la filosofia del diritto.
Seguendo le orme del suo maestro, il civilista patavino Luigi Bellavite, traduttore di Rudolf von Jhering e profondo conoscitore del System di Friedrich Karl von Savigny, Polacco unì all’indagine sulle fondazioni razionali del diritto e sui procedimenti di elaborazione dogmatica una speciale attenzione per la genesi storica del fenomeno giuridico, entro una prospettiva nella quale la storia del diritto, ben lungi dall’assumere una funzione meramente archeologica, acquista al contrario una chiara valenza tecnica e una vocazione metodologica, precostituendo una raccolta di materiali utili alla costruzione del moderno edificio scientifico.
Altri elementi degni di nota sono del pari rappresentati dalla dimensione religiosa, espressa nella dichiarata adesione alla scuola spiritualista, e dalla sensibilità per il mutamento e per il sociale, premesse dalle quali scaturì in lui un netto rifiuto del materialismo e del positivismo filosofico in tutte le sue declinazioni, la consapevolezza della irriducibile complessità del fenomeno giuridico e, insieme, la consapevolezza della necessità di adeguare la costituzione legalitaria dello Stato liberale allo scopo di metabolizzare la questione sociale, razionalizzando il conflitto, senza assurde negazioni ma senza, al contempo, cedere al demone della sociologia o alle mode metodologiche del momento.
Immune al fascino del giusliberismo, Polacco, in una prima fase della sua riflessione, puntò sul ruolo strategico della legislazione speciale, quale strumento in grado di assicurare l’evoluzione organica del sistema giuridico a fronte di un contesto sociale sempre più complesso e turbolento. Successivamente, specialmente dopo la prima guerra mondiale, venuta meno la certezza nell’infallibilità della legge, dinanzi a un ulteriore aumento della complessità politico-sociale, la sua attenzione si spostò dal momento legislativo a quello pratico-applicativo: l’attore centrale dell’ordinamento per lui diventava il giudice, chiamato ad assicurare lo sviluppo dell’ordinamento e l’equilibrio tra razionalità giuridica e fatti sociali facendo leva sulle potenzialità ermeneutiche insite nelle clausole generali. Il tutto in una prospettiva che vedeva la legislazione civile destinata a ridursi e a semplificarsi concentrandosi in pochi essenziali principi, a partire dai quali l’interpretazione giudiziale appariva libera di svilupparsi in tutta la sua creatività ordinante.
Entro tale cornice metodologica, tratteggiata a più riprese nell’arco di oltre un ventennio, soprattutto in occasione di prolusioni o scritti di occasione, Polacco sviluppò un’imponente attività scientifica, testimoniata in particolare dai lavori sul diritto delle obbligazioni, sul diritto successorio e sulla dazione in pagamento, opere che rappresentano a loro volta il frutto di una riflessione elaborata in ambito didattico, là dove il magistero di Polacco raggiunge i suoi vertici.
Un ruolo non secondario nella sua vita ebbe l’attività politica, che lo tenne impegnato per lunghi anni, fornendo alimento e ispirazione alla stessa riflessione scientifica, consentendogli di dar libero sfogo alla sua duplice natura, di studioso e di «ricercatore del fenomeno sociale» (Ascoli, 1926). Nominato senatore il 26 gennaio 1910 e chiamato all’Università di Roma nel 1918, divenne socio nazionale dell’Accademia dei Lincei il 17 settembre 1923. Fu membro di importanti commissioni di riforma della legislazione, quali la Commissione per lo studio delle riforme in materia di cittadinanza, la Commissione per la riforma della legislazione di diritto privato, la Commissione per la riforma della legge sui diritti d’autore, la Commissione reale per la riforma del Codice civile, della quale fu anche vicepresidente.
In veste di senatore del Regno, Polacco si mise in luce con interventi e relazioni aventi per oggetto temi complessi e di estrema attualità. Nel 1911 fu relatore della legge sulla cittadinanza (l. n. 555 del 13 giugno 1912), elaborata insieme a Vittorio Scialoja, la quale costituisce il primo provvedimento organico emanato in materia dallo Stato unitario, basato sul principio dello ius sanguinis e sulla preminenza del paterfamilias quale soggetto giuridico intorno a cui si consolida la cittadinanza dell’intero nucleo familiare. Relatore della legge sull’ordinamento del notariato (1913), dette un contributo decisivo all’elaborazione della legge sulle adozioni (1920) e soprattutto all’elaborazione della legge sul risarcimento dei danni di guerra, con una relazione presentata al presidente del Consiglio dei ministri l’11 febbraio 1918, con una conferenza al Circolo giuridico di Roma, tenuta il 26 maggio dello stesso anno, e infine con la redazione dello schema di disegno di legge, scritto a quattro mani con Francesco Carnelutti.
Degno di nota, nell’ambito del suo impegno politico, fu il discorso tenuto al Senato il 7 febbraio 1925, che ebbe profonda risonanza nel Paese, con il quale Polacco, pur ribadendo la centralità della dimensione religiosa, difese la libertà di coscienza criticando l’introduzione dell’insegnamento obbligatorio della religione cattolica nei programmi della scuola elementare.
Poco prima aveva scritto un biglietto su carta intestata del Senato del Regno, dal quale i tratti fondamentali del grande giurista e uomo politico patavino emergono in tutta la loro complessità: «Sono queste le mie ultime volontà, che suggello, come le ho iniziate, con la più fervida invocazione alla Misericordia Divina. Invocazione per la sorte dell’anima mia, ma altresì per il ritorno della pace e dell’armonia sociale nel mondo e anzitutto in questa nostra adorata Italia, ora dilaniata da così gravi discordie, e perché finalmente riconosciuta da tutti l’unità di Dio e l’unità dell’umana famiglia cessino ovunque per Israello secolari persecuzioni e torture che disonorano l’umanità, come da gran tempo cessarono, e speriamo per sempre, in Italia, modello anche in questo di civiltà e di giustizia».
Morì a Roma, dopo una lunga malattia, il 7 luglio 1926. Dal matrimonio con Fanny Luzzatto aveva avuto due figlie, Evelina e Margherita. Quest’ultima sposò l’ingegnere Adalberto Corinaldi, dirigente delle Assicurazioni Generali. Dal matrimonio nacquero tre figli, Elena, Vittorio ed Emanuele. Dopo l’emanazione delle leggi razziali, nell’estate del 1939 la famiglia riparò in Brasile (Paese nel quale era attiva una filiale delle Assicurazioni Generali), dove fu accolta dalla Congregaçao Israelita Paulista.
Fonti e Bibl.: A. Ascoli, V. P., in Rivista di diritto civile, 1926, pp. 580-589; F. Santoro Passarelli, Il diritto civile nell’ora presente e le idee di V. P., in Rivista italiana di scienze giuridiche, 1933, pp. 54-89; P. Grossi, Interpretazione ed esegesi (Polacco versus Simoncelli), in Rivista di diritto civile, XXXV (1989), 2, pp. 197-224; Id., «Il coraggio della moderazione» (Specularità dell’itinerario riflessivo di V. P.), in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, XIII (1989), pp. 197-251, ora anche in Id., Nobiltà del diritto, Milano 2008, pp. 131-188; G. Cazzetta, Responsabilità aquiliana e frammentazione del diritto comune civilistico (1865-1914), Milano 1991, pp. 154, 318 s., 399-401; P. Grossi, Scienza giuridica italiana, Milano 2000, pp. 22-27; G. Cazzetta, Codice civile e identità giuridica nazionale, Torino 2011, pp. 152 ss. Informazioni essenziali sull’attività politica e accademica di Polacco si trovano inoltre nel fascicolo personale accessibile on-line sul sito web del Senato della Repubblica oltre che nel fascicolo conservato presso l’Archivio storico dell’Università di Roma La Sapienza, Fascicoli personali, AS223, ad nomen.