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La Moldavia è una repubblica parlamentare stretta tra Romania e Ucraina, indipendente dal 1991. Una striscia nordorientale del suo territorio, la Transnistria, è a sua volta di fatto indipendente dal paese dai primi anni Novanta, anche se non è riconosciuta da nessun membro delle Nazioni Unite.
La storia della creazione dello stato moldavo è complessa: tra il 1918 e il 1940 la Bessarabia, cioè quella parte del paese ad oggi sotto l’effettivo controllo del governo, era stata sottratta alla Russia – che la controllava legalmente da circa un secolo – e annessa alla Romania. L’invasione sovietica nel 1940 portò alla creazione della Repubblica Socialista Sovietica di Moldavia, alla quale vennero attribuite competenze giurisdizionali anche sull’attuale Transnistria.
Nell’agosto 1989 la Rss di Moldavia iniziò il cammino che l’avrebbe portata all’indipendenza, adottando l’alfabeto latino e sostituendo la lingua ufficiale, il russo, con il romeno (lingua poi ufficialmente rinominata ‘moldavo’). Fu durante il tentativo di colpo di stato in Unione Sovietica dell’agosto 1991 che la Moldavia sfruttò l’instabilità creatasi a Mosca per dichiararsi indipendente. Ruolo chiave nella delicata fase che accompagnò la proclamazione d’indipendenza ebbe il Fronte popolare moldavo, partito democristiano favorevole all’annessione del paese alla Romania. Il forte nazionalismo e le correnti unioniste vicine a quest’ultimo suscitarono tuttavia le reazioni dei separatisti di Transnistria, territorio a forte componente russa, che sfociarono in una vera e propria guerra civile (marzo-luglio 1992). A seguito della sconfitta moldava, la Transnistria è divenuta un’entità di fatto indipendente, guidata da un governo autonomo.
La questione della Transnistria condiziona profondamente i rapporti diplomatici con la Russia. Sebbene la Moldavia faccia parte della Comunità degli stati indipendenti (Cis), infatti, le sue relazioni con Mosca sono generalmente tese, visto il coinvolgimento russo nella guerra del 1992 e la sostanziale tutela esercitata sul territorio de facto controllato dal governo della Transnistria. La Russia dispone inoltre di rilevanti leve economiche nei confronti di Chişinău, dal momento che è un suo imprescindibile partner commerciale ed energetico.
Di pari importanza per la Moldavia sono le relazioni con la Romania. I rapporti tra i due vicini sono cordiali, ma in Moldavia vi sono estreme tensioni tra gli annessionisti, favorevoli all’unificazione con la Romania, e gli indipendentisti. Nel novembre 2010, a seguito della firma di un accordo per la gestione condivisa delle frontiere comuni, il Partito comunista (Pcrm) ha accusato l’Alleanza per l’integrazione europea (Aie), attualmente al governo, di puntare all’unificazione dei due paesi. L’Aie si è giustificata sostenendo che la stipula di un accordo frontaliero è un requisito fondamentale perché la Moldavia possa essere ammessa nell’area di Schengen.
Sul fronte interno, la Moldavia ha risentito costantemente del peso che il Pcrm ha continuato a esercitare sulla vita politica del paese. Il Partito agrario, al potere tra il 1992 e il 1997, era controllato da ex comunisti convertitisi a posizioni liberiste, e dal 1998 lo stesso Pcrm divenne il primo partito moldavo – sebbene per i primi tre anni una grande coalizione anticomunista ritardò l’insediamento al governo del Pcrm, avvenuto solo nel 2001 e durato sino al 2009. Una volta al potere, il Pcrm è andato lentamente moderando le sue posizioni, e oggi non pone più eccessiva enfasi sul ritorno alla nazionalizzazione e collettivizzazione dell’economia, dimostrandosi anzi favorevole a un eventuale ingresso nell’Unione Europea. Sebbene il Pcrm resti il primo partito del paese, dalle elezioni anticipate di luglio 2009 al Partito comunista è subentrata al governo la grande coalizione dell’Aie.
Nel 2000 un’importante riforma costituzionale ha modificato la forma di governo del paese, mutandola da un sistema presidenziale in uno parlamentare. Oggi il Parlamento ha 101 membri, in carica per quattro anni, e il presidente è eletto ogni quattro anni dal Parlamento durante la prima seduta dopo le elezioni. L’elezione del presidente richiede una maggioranza parlamentare qualificata e ciò ha determinato una grave impasse istituzionale: è infatti il presidente a dover nominare il primo ministro e, dunque, il mancato raggiungimento della soglia per la sua elezione impedisce al primo ministro di essere nominato, pur godendo del consenso di una maggioranza assoluta dell’assemblea. Diventa dunque fondamentale creare maggioranze più ampie rispetto a quelle che sono solitamente sufficienti per governare nei sistemi democratici, e in loro assenza si generano pericolose crisi istituzionali. Proprio una di queste crisi ha impedito l’elezione di un nuovo presidente sin dalla metà del 2009, costringendo prima Vladimir Voronin (leader del Pcrm) e poi il presidente del Parlamento Marian Lupu a ricoprire la carica di presidente ad interim.
La Transnistria è una regione della Moldavia che dal 1992 ha una propria statualità di fatto, non riconosciuta dalla comunità internazionale. Il territorio, delimitato a occidente dal fiume Nistro e a oriente dall’Ucraina, dispone infatti di un governo e di un Parlamento separati da quello di Chi¸sin˘au, così come di una propria moneta, una banca centrale e dogane autonome.
La Transnistria occupa circa un decimo del territorio della Moldavia odierna e ospita circa 555.000 abitanti (una Moldavia unita conterebbe dunque più di 4 milioni di persone). Rispetto alle regioni moldave controllate dal governo centrale, la popolazione della Transnistria è fortemente urbanizzata (il 70% dei suoi abitanti vive in città), e una maggioranza relativa di persone parla l’ucraino come prima lingua.
Etnicamente, il 32% delle persone che vivono sul suo territorio è moldavo, il 30% russo e il 29% ucraino. L’economia della Transnistria è sorretta dall’industria pesante: il 60% delle sue esportazioni e quasi un terzo dei redditi del paese provengono da uno dei suoi complessi siderurgici, l’Impianto metallurgico moldavo.
Nel periodo sovietico precedente al 1940, la Transnistria faceva parte della Rss di Ucraina con il nome di Repubblica di Moldavia, e godeva di una forte autonomia. Dal 1940, in seguito all’occupazione sovietica della Moldavia romena, la costituzione di una Rss di Moldavia riunì sotto un’unica giurisdizione i due territori, che tuttavia restarono fortemente dissimili da un punto di vista etnico. Dal censo del 1989 risulta infatti che, diversamente dal resto della Moldavia, dove i Moldavi erano già preponderanti, in quel periodo la Transnistria era già abitata da una maggioranza (54%) di Russi e Ucraini, e solo da un 40% di Moldavi. Le ragioni di questo squilibrio demografico sono da ricercarsi soprattutto nella presenza in Transnistria degli stabilimenti industriali sovietici, dove le autorità comuniste inviavano prevalentemente lavoratori originari di altre regioni dell’Urss.
Fin dal 1991 le forze della Transnistria, che aveva dichiarato la propria indipendenza l’anno precedente, si erano scontrate con la polizia moldava. Nel 1992, tuttavia, le ostilità si trasformarono rapidamente in una guerra aperta. Nel corso del conflitto, la 14a Armata Sovietica di stanza a Tiraspol, composta da circa 14.000 soldati e coadiuvata da quasi 5000 volontari russi e ucraini, protesse la Transnistria fino al definitivo ritiro dell’esercito moldavo. Mosca non agì sotto copertura: il vice presidente russo Alesandr Ruckoj incoraggiò infatti apertamente i separatisti, e lo stesso fece il governo ucraino.
L’accordo di cessate il fuoco, firmato da Russia e Moldavia al termine delle ostilità, prevedeva lo schieramento di un contingente di forze di peacekeeping lungo il fiume Nistro (per una fascia di 255 km di lunghezza, e 12-20 km di larghezza). Oggi queste forze sono composte da 403 soldati moldavi, 411 della Transnistria e 385 russi, mentre un contingente di circa 1000 soldati russi resta anche sul territorio della Transnistria, sebbene l’accordo gli imporrebbe di smobilitare. Proprio la Russia resta ancora oggi l’attore determinante per una possibile risoluzione del conflitto, viste le notevoli leve politiche ed economiche che potrebbe esercitare su entrambi i contendenti.
La Moldavia è, per numero di abitanti, tra i più piccoli paesi emersi dalla dissoluzione sovietica, ma è anche, tra di essi, il paese con la più alta densità abitativa. È anche un paese rurale, con quasi tre abitanti su cinque che ancora vivono nelle campagne. Dall’indipendenza ad oggi, la popolazione della Moldavia è decresciuta di quasi il 10% a causa dell’alto tasso di emigrazione, diretto prevalentemente verso i paesi dell’Europa occidentale. L’emigrazione, assieme alla crisi economica che ha fatto seguito all’indipendenza, negli ultimi dieci anni ha provocato un calo nel numero dei ragazzi iscritti alle scuole secondarie di quasi un terzo.
Dal punto di vista etnico, nel territorio controllato dal governo centrale i Moldavi sono il 78% della popolazione, gli Ucraini l’8% e i Russi il 6%. Il russo è parlato come prima lingua dall’11% della popolazione, ma è conosciuto dalla maggioranza degli abitanti della Moldavia ed è spesso utilizzato come lingua franca (il Parlamento moldavo lo definisce ‘linguaggio di comunicazione interetnico’). La ‘russificazione’ forzata del periodo sovietico ha tuttavia provocato gravi dissapori tra Russi e Moldavi.
La Moldavia ha una delle economie più piccole tra i paesi europei e tra gli stati post-sovietici, tanto in termini assoluti che di pil pro capite. Due dei più grandi ostacoli allo sviluppo della sua economia sono costituiti dal fatto che il paese non ha accesso al mare e che sul suo territorio non si trovano grandi depositi minerari. Negli anni successivi all’indipendenza il paese sfiorò il collasso economico: la brusca interruzione dei legami commerciali dell’era sovietica e delle tariffe preferenziali sull’energia proveniente da Mosca si sommò infatti alla perdita del controllo diretto sulla Transnistria, il cui territorio ospitava la maggior parte dell’industria pesante moldava. Per quest’ultimo motivo, oggi la Moldavia è fortemente dipendente anche dalle esportazioni di prodotti agricoli.
Nonostante il lungo predominio del Partito comunista, questo si è discostato da una politica di statalizzazioni e collettivizzazioni, puntando al contrario a stabilizzare le condizioni macroeconomiche del paese. Dal 2003 al 2008 l’economia moldava ha infatti registrato una crescita sostenuta (oltre il 6% del pil all’anno) e, alla recessione del 2009 (−6,5%), ha risposto con una netta ripresa nel 2010 (+5,7%). Anche la posizione fiscale della Moldavia è rientrata da un deficit del 10% su pil nel 1996 fino al pareggio di bilancio del 2003. La posizione fiscale del paese è stata sostenuta negli ultimi anni anche da un forte aumento delle rimesse dall’estero, che nel 2007 sfioravano un valore equivalente a un terzo del pil, e nel 2009 ammontavano a più del 20%. Tuttavia proprio il flusso delle rimesse, affiancato agli alti prezzi energetici, ha sostenuto un’inflazione annuale costantemente superiore al 10%.
Le importazioni di prodotti energetici pesano negativamente anche sulla bilancia commerciale, nettamente in passivo. La Moldavia è infatti costretta a importare il 97% dell’energia che consuma, cioè praticamente tutto il gas naturale (2,5 Gmc/anno) e tutto il petrolio (19.000 barili al giorno). Tutto il gas importato e buona parte del petrolio provengono dalla Russia, e dal 2008 il prezzo del gas, non più sussidiato da Mosca, è raddoppiato. La forte dipendenza energetica dalla Russia espone d’altra parte la Moldavia a significative pressioni da parte del gigante statale dell’energia russo, Gazprom. Proprio Gazprom ha infatti adito la Corte d’arbitrato commerciale internazionale alla Camera di commercio di Mosca, pretendendo che Moldovagaz, la compagnia energetica statale moldava, pagasse anche il debito accumulato dalla Transnistria per quanto concerne gli approvvigionamenti energetici. Moldovagaz sostiene invece che l’86% di questa somma sia da addebitare interamente al governo della Transnistria.
La Costituzione della Moldavia sancisce la neutralità permanente del paese, ovvero il divieto di partecipare ad alleanze militari. Per questo motivo, Chişinău non partecipa al Trattato di sicurezza collettiva stipulato tra i membri della Cis e non è un membro della Nato, nonostante cooperi con quest’ultima attraverso il programma Partnership for Peace. Le forze di difesa moldave si basano ad ogni modo sul principio dell’autosufficienza da potenziali partner esteri.
La più recente dottrina di sicurezza nazionale, approvata dal Parlamento nel 2008, elenca gli obiettivi primari della politica di sicurezza e di difesa moldava, ponendo inevitabilmente al primo posto la risoluzione del conflitto in Transnistria. La Moldavia mira, in questa prospettiva, alla restaurazione dell’integrità nazionale e al ritiro delle forze straniere dal territorio separatista – facendo esplicito riferimento al contingente russo. In secondo luogo, in un riferimento diretto alla Federazione Russa si cita la necessità da parte di Chişinău di difendersi da possibili minacce di coercizione internazionale attraverso leve economiche, militari o energetiche. Sul versante delle prospettive della sicurezza moldava si cita, infine, da una parte la necessità di una maggiore cooperazione e integrazione con l’Unione Europea e l’Alleanza atlantica e, dall’altra, l’impellenza di una riforma del settore militare.
Lo stato dell’esercito moldavo è infatti oggi gravemente compromesso. A causa della scarsa attenzione dedicatagli dal sistema politico e della mancanza di fondi, più di un quinto degli ufficiali inferiori ha lasciato l’esercito dopo il 2005. La Dottrina di riforma militare, adottata nel 2004, dovrebbe aver dato l’avvio alla ristrutturazione e alla modernizzazione dell’esercito, da completare entro il 2014. Un primo obiettivo è quello di giungere a una razionalizzazione dei dipartimenti dedicati all’esercito, riducendoli a due dai cinque attuali. Un secondo proposito è quello di disporre di forze armate interamente professionali, abolendo la leva obbligatoria. Infine, di fondamentale importanza sarebbero l’ammodernamento dell’arsenale militare e l’armonizzazione dell’organizzazione delle forze moldave a quella degli altri paesi dell’Europa occidentale, in modo da assicurare all’esercito la possibilità di effettuare operazioni congiunte.