MOMENTO
. Termine matematico, e, più precisamente, meccanico, che corrisponde a una quantità, presentatasi, quanto meno implicitamente, fino dai tempi antichi (da Aristotele in poi), nel problema dell'equilibrio della leva, al fine di valutare la potenza motrice di questa macchina elementare. Nell'età moderna il concetto di momento ha assunto un senso preciso non soltanto in relazione ai pesi che intervenivano nel problema della leva, bensì anche per forze quali si vogliano e, più in generale, per ogni altro tipo di grandezze, che, al pari delle forze, siano di natura vettoriale (v. vettore), cioè siano dotate, oltre che di un'intensità o valore assoluto, di una direzione e di un verso.
1. Di una forza di intensità F, applicata in un punto P, si dice "momento rispetto a un qualsiasi punto O (preso come centro o polo)" il prodotto Fd dell'intensità della forza per la distanza d del centro O dalla linea di azione della forza. E in relazione al fatto che la forza è una grandezza vettoriale (nel qual senso la forza di intensità F si suol denotare con la corrispondente lettera neretta F) si è trovato opportuno dare un senso vettoriale anche al momento. Della forza F, applicata in P, si dice "momento (vettoriale) rispetto al centro o polo O" il vettore M, che avendo per valore assoluto il momento (scalare) Fd dianzi definito, ed essendo diretto perpendicolarmente a quel piano per O, che contiene la data forza applicata, ha precisamente quel verso, rispetto a cui appare destra (cioè contraria a quella delle lancette di un orologio) la rotazione intorno ad O, che porta - nel piano in parola e attraverso un angolo non maggiore di 180° - il segmento orientato OP a disporsi nella direzione e nel verso della forza F.
Secondo la nomenclatura della teoria dei vettori, il momento M non è altro che il prodotto vettoriale (o esterno) dei due vettori P − O e F, e si scrive
Se, rispetto a una terna cartesiana Oxyz, avente l'origine in O e supposta destra (v. coordinate), sono x, y, z le coordinate di P, mentre X, Y, Z denotano le componenti di F e Mx, My, Mz quelle di M, si ha
Il momento M′ della stessa forza F rispetto a un altro centro O′, diverso da O, si esprime per mezzo del momento M rispetto a O con la formula
onde si ha, indicando con x0, y0, z0 le coordinate di O′,
Si dimostra agevolmente che, considerata una qualsiasi retta orientata r, la componente secondo r del momento M della forza F rispetto a un punto della r non varia al variare di un tal punto sulla r; e questa componente si chiama "momento (assiale) della forza applicata F rispetto alla retta orientata r". Il suo valore è
dove h designa la distanza della r dal punto P di applicazione di F, mentre ϑ è l'angolo (minimo) della linea d'azione della F e della retta r (a prescindere dalla loro orientazione); e va adottato il segno + o −, secondo che alla r, personificata nel suo verso, il verso della forza F appare destro o sinistro.
2. Se, invece di una sola forza, si considera un sistema di più forze, F1, F2,. . ., Fn, rispettivamente applicate nei punti P1, P2,. . ., Pn, si dice "momento risultante del sistema, rispetto a un centro o polo O", la somma geometrica (o risultante) degli analoghi momenti delle singole forze.
Si ha, dunque, indicandolo con M,
Quando tutte le forze del sistema sono applicate a un medesimo punto, il momento risultante coincide col momento, rispetto allo stesso centro O, del risultante R = ΣF delle forze considerate (teorema del Varignon).
Applicando la (1) a ciascuna delle forze del sistema, si riconosce che se M è il loro momento risultante rispetto al centro O, l'analogo momento M′ rispetto a un altro centro O′ è dato da
dove R denota ancora il risultante del sistema. Di qui risulta che il momento risultante di un sistema di forze applicate non varia, se il centro di riferimento si sposta lungo una retta parallela al risultante; e addirittura si mantiene inalterato, comunque si faccia variare nello spazio il centro, se il risultante R del sistema è nullo, cioè se le forze date sono tali che, disponendole l'una di seguito all'altra, ciascuna nella sua direzione e nel suo verso, si ottenga un poligono chiuso. Perciò nel caso dei sistemi di quest'ultimo tipo il momento ha un significato assoluto (vale a dire indipendente dal centro o polo di riferimento).
Fra i sistemi a risultante nullo il più semplice è la cosiddetta coppia, costituita da due forze F e − F, fra loro opposte e rispettivamente applicate in due punti distinti P e Q. Il momento (risultante) della coppia ha per valore assoluto il prodotto dell'intensità comune F delle due forze per la distanza delle loro linee d'azione (braccio della coppia).
Per un sistema qualsiasi di forze applicate risulta indipendente dal centro di riferimento il prodotto dei valori assoluti del risultante R e del momento risultante M per il coseno dell'angolo compreso, cioè il cosiddetto prodotto scalare (o interno) R × M, il quale, ove si denotino, rispetto a una terna cartesiana, con X, Y, Z le componenti di R, con Mx, My, Mz quelle di M, è dato da
Perciò questa espressione si chiama il trinomio invariante del sistema di forze applicate considerato.
Se questo sistema non è a risultante nullo, il luogo dei punti dello spazio, rispetto a cui il momento risultante è, in valore assoluto, minimo, è una retta parallela al risultante, che si chiama asse centrale del sistema. Rispetto a tutti i punti di quest'asse il momento risultante è diretto secondo l'asse medesimo e, come risulta da un'osservazione già fatta, non varia dall'uno all'altro punto. Il momento minimo, ove si indichi con T il valore assoluto del trinomio invariante del sistema, ha il valore assoluto T/R.
3. Schematizzando per i sistemi di forze applicate l'equivalenza - in ordine ai loro effetti statici e anche dinamici - nell'ipotesi che essi siano applicati a sistemi materiali rigidi, si chiamano fra loro equivalenti due sistemi, che si possano dedurre l'uno dall'altro, applicando quante volte occorra le operazioni elementari dei due tipi seguenti: a) composizione o decomposizione di forze applicate a uno stesso punto; b) trasporto di una forza lungo la sua linea d'azione da un punto di applicazione a un altro. Orbene, si dimostra che affinché due sistemi di forze applicate siano equivalenti occorre e basta che essi abbiano uguali i risultanti e uguali i momenti risultanti rispetto a un centro (e quindi anche rispetto a ogni altro). Si riconosce poi che ogni sistema di forze applicate, di cui non sia nullo né il risultante né il momento risultante minimo, è equivalente a una forza e a una coppia (e se si prende come centro di riferimento un punto dell'asse centrale la coppia giace in un piano perpendicolare alla forza risultante); ogni sistema a risultante non nullo, di cui sia invece nullo il momento minimo (o, ciò che è lo stesso, il trinomio invariante) equivale a un'unica forza; ogni sistema a risultante nullo, di cui non sia nullo il momento (che in questo caso, come si è visto, non dipende dal centro) è equivalente a una sola coppia. Restano infine i sistemi, di cui sono simultaneamente nulli il risultante e il momento risultante, e che si dicono equilibrati.
4. Oltre che nel caso delle forze applicate propriamente dette o attive, il concetto di "momento" è di uso corrente anche in altri casi. Ne diamo due esempî.
a) Si consideri un sistema materiale, la cui configurazione geometrica si possa immaginare generata da un'area piana che, pur variando di forma e di grandezza, si muova in modo da descrivere con un suo punto interno P un certo arco di curva AB (direttrice o asse) e da mantenersi, in ogni sua posizione, normale a codesta curva. Si ha così la schematizzazione delle cosiddette verghe (v. fili e verghe), come pure di quei corpi (travi, colonne, pilastri), che si studiano nella teoria dell'elasticità e nella scienza delle costruzioni. Se un tale sistema materiale, sotto una data sollecitazione attiva, si mantiene in equilibrio, e se ne considera, ad es., quella porzione che risulta compresa fra la sua base in A e quella sezione σ, che si ottiene segandolo col piano normale alla direttrice AB in un suo generico punto P, su questa sezione σ si destano, sotto la data sollecitazione attiva, certe azioni (di tipo molecolare), dovute agli elementi materiali del sistema, che sono contigui a σ dalla parte dell'estremo B. Queste azioni, cui si dà il nome di sforzi, si schematizzano in forze di natura superficiale e dànno luogo a un certo risultante e a un certo momento risultante rispetto al punto P. Ora questo risultante degli sforzi e il corrispondente momento risultante s'immaginano decomposti, ciascuno, nel componente tangenziale alla direttrice AB e nel componente normale (giacente in σ). I due componenti così ottenuti per il risultante degli sforzi si chiamano rispettivamente sforzo normale e sforzo di taglio, mentre i due analoghi componenti del momento risultante si chiamano rispettivamente momento torcente e momento flettente.
b) Di un magnete elementare si dice momento magnetico il prodotto dell'intensità comune dei due poli per la loro distanza. Non è altro che il momento scalare della coppia, che agirebbe sul magnete, qualora fosse immerso in un campo magnetico uniforme d'intensità unitaria, le cui linee di forza fossero perpendicolari all'asse del magnete (congiungente dei due poli). E analogo significato ha il momento di una spira o di un solenoide percorsi da una corrente elettrica.
5. Va notato che nella geometria delle masse, mentre il concetto di momento statico si accorda con quello definito dianzi in generale, non altrettanto accade dei momenti d'inerzia e dei momenti di deviazione. Vedi in proposito la voce massa: Geometria delle masse.
E un significato anche più lontano dal concetto generale assume il vocabolo "momento" nella meccanica analitica e, più precisamente, nella dinamica dei sistemi olonomi. Di un sistema olonomo, riferito a coordinate lagrangiane q1, q2, . . ., qn e sottoposto a una sollecitazione conservativa, si chiamano momenti cinetici le derivate ∂L/∂ói, rispetto alle velocità lagrangiane ói (derivate delle qi rispetto al tempo), della funzione lagrangiana o potenziale cinetico L, che nei riguardi della sua dipendenza dagli argomenti ói, gode della particolarità di essere razionale intera di 2° grado. Questo nome è stato introdotto nell'uso dagl'Inglesi, in quanto essi chiamano "momento" la quantità di moto; e d'altra parte se a parametri lagrangiani si assumono le coordinate cartesiane dei punti del sistema le ∂L/∂żi, ∂L/∂ÿi, ∂L/δúi si riducono appunto alle componenti della quantità di moto dei singoli punti.
Filosofia. - Nel suo più comune significato "momento" (etimologicamente eguale a "movimento", perché parimenti derivato dal latino movere) indica quella frazione minima dell'accadere temporale, che s'immagina suo costituente elementarissimo, partecipe da un lato del movimento, che contribuisce a costituire, e dall'altro della quiete, che pur gli compete in quanto, elemento ultimo del divenire, esso non è in sé stesso a sua volta diveniente. Il concetto di "momento" reca quindi in sé la stessa antiteticità dialettica di quello di "istante". E da ciò deriva l'uso, più specificamente filosofico, che del termine di "momento" è stato fatto nella dialettica e specialmente in quella hegeliana, in cui "momento" è ogni singola fase o stadio genetico che possa idealmente fissarsi nell'eterno processo dell'universo. Ogni momento nasce dal superamento dialettico del momento precedente, ed è destinato a essere parimenti superato in quello successivo: così, per es., il momento del logo è superato in quello della natura e questo in quello dello spirito, e in seno al momento stesso dello spirito il momento della soggettività è superato in quello dell'oggettività e questo in quello dell'assolutezza.