MONADE
. Termine corrispondente al greco μονάς "unità". Fu usato per la prima volta in senso tecnico dai pitagorici, che nelle μονάδες ϑέσιν ἔχουσαι ("unità aventi posizione", cioè unità elementari del reale, occupanti un certo spazio) videro i primi elementi, matematici, dell'universo. Sotto l'influsso pitagorico, Platone chiamò μονάδες anche le idee, ma solo per designare il loro carattere d'indipendenti unità. Nel Rinascimento, il termine tornò in uso, e con significato più prossimo a quello suo originario: per Giordano Bruno la monas è il minimum, che si deve ammettere come componente ultimo della realtà: monas rationaliter in numeris, essentialiter in omnibus. Ma importanza massima il concetto di monade acquista nella filosofia del Leibniz, che nella sua fondamentale concezione metafisico-gnoseologica si presenta appunto come una "monadologia". La monade leibniziana è, sì, come sostanza semplice, il costituente ultimo del reale, ma non nel senso della mera estensione. Essa è infatti, anzitutto, centro di consapevolezza, e centro assolutamente autonomo, perché tutto ciò ch'ella sa di sé e delle altre monadi, costituenti con essa l'universo, non deriva da un influsso della realtà esterna su di essa, ma da uno sviluppo interiore della sua coscienza. Ciascuna monade "non ha finestre", essendo centro di una sfera invalicabile di consapevolezza, che si accresce solo traendo alla luce della coscienza gl'infiniti tesori della sua conoscenza inconscia. La realtà e l'esperienza di ogni monade, d'altronde, quadra con la realtà e con l'esperienza di ogni altra monade, in quanto lo sviluppo interiore di ciascuna è determinato dall'"armonia prestabilita", opera di Dio "monade delle monadi". La concezione monadologica permette così al Leibniz di ovviare al contrasto fra le due sostanze cartesiane, estesa e pensante, mercé una più profonda rielaborazione dell'idea occasionalistica.
Bibl.: Per la storia postleibniziana (in realtà priva di speciale importanza) del concetto di monade, v. R. Eisler, Wörterbuch der philos. Begriffe, II, 4ª ed., Berlino 1929, p. 169-172.