LEOPARDI, Monaldo
Al conte Monaldo Leopardi, nato a Recanati il 16 agosto 1776, morto nella stessa città il 30 aprile 1847, ha nociuto presso i posteri l'essere padre di Giacomo, sia perché la gloria del figlio ha impedito alla sua, incomparabilmente più modesta, di splendere di luce propria, sia perché gli si è fatta da molti l'accusa d'essere stato, con i suoi sistemi educativi e poi per antagonismo d'idee e per invidia, la causa prima dell'infelicità del poeta. L'accusa è ora riconosciuta in parte esageratissima; in parte priva affatto di fondamento. Monaldo fu un padre affettuoso; ma, rimasto orfano nella prima infanzia e presto investito dell'amministrazione dei suoi beni, commise, in questa materia, ogni sorta d'imprudenze, cosicché fu costretto, nel 1802, a cederne la gestione alla moglie, Adelaide Antici, sposata nel 1797, ché riuscì a testaurare il patrimonio. Così egli visse il resto della vita in uno stato di minorità larvata, dedito agli studî e preoccupato dei problemi della città e dello stato, alla cui soluzione non ebbe però mai il conforto di portare un contributo d'azione. Politicamente, era, nel suo tempo, un sopravvissuto: difensore fervido, come diceva, del trono e dell'altare, portato a diffidare dei governi elettivi, senza accorgersi ch'era tra questi anche il pontificio; attaccatissimo alle autonomie comunali e ai diritti storici della sua Recanati; nemico delle riforme e fin del progresso scientifico (s'augurava che la terra tornasse all'immobilità e dignità che le erano riconosciute prima di Galileo!), e tuttavia acuto e spregiudicato cultore di critica storica, come dimostra la sua polemica contro la datazione generalmente accettata della traslazione miracolosa della Santa Casa di Loreto. Tra i suoi scritti sono specialmente famosi i Dialoghetti sulle materie correnti nell'anno 1831, ch'ebbero in pochi mesi sei edizioni italiane e furono tradotti in più lingue, commento vivace, in senso reazionario, della situazione politica di cui i moti del '31 avevano dimostrato l'instabilità. Importante anche, per le interferenze con la vita del figlio, l'Autobiografia; accanto alla quale vanno ricordati alcuni scritti di storia recanatese e marchigiana (Notizie della zecca recanatese, 1822; Serie dei Vescovi di Recanati, 1828; Serie dei rettori della Marca anconetana, 1824), e i voluminosi Annali recanatesi, ai quali lavorò per quasi trent'anni, fino al termine della vita, e che lasciò manoscritti. Con i Dialoghetti e con le Prediche al popolo liberale recitate da don Musoduro (1832) si ricollega la sua attività di giornalista, consistita nella redazione della Voce della ragione, da lui tenuta, con l'aiuto della figlia Paolina, per un triennio (1832-1835), finché il periodico fu sospeso dalla Curia, alla quale il L., suo zelantissimo sostenitore ma troppo avvezzo a ragionare con la sua testa, non sapeva rendersi accetto.
Bibl.: Autobiografia di M. L., a cura di A. Avoli, Roma 1883; C. Antona-Traversi, I genitori di G. L., Recanati 1887-91, voll. 2; G. Piergili, Notizia della vita e degli scritti del conte M. L., Firenze 1899; R. Ferrajoli, M. L., Recanati 1923; F. Moroncini, M. L. politico, ivi 1931; id., M. L. e Carlo Antici, ivi 1932. V. anche A. Gambaro, in Levana, 1927, VI, pp. 441-55.