MONETA da Cremona
MONETA da Cremona (Moneta o Simoneta Cremonensis). – Nacque presumibilmente nell'ultimo quarto del XII secolo; si gnora il nome della sua famiglia. Nella Chronica di Antonino Pierozzi, arcivescovo di Firenze, e nella Bibliotheca di Antonio da Siena è attestata la variante «Simoneta».
Nulla si sa della sua formazione. Tiraboschi afferma che verso il 1218 M. era «in Bologna pubblico professore di filosofia». Dalle Vitae fratrum (1259-60) di Gerardo di Frachet si apprende che M., «in artibus legens in tota Lombardia famosus», decise di entrare nell’Ordine dei predicatori dopo aver ascoltato a Bologna un sermone di Reginaldo d’Orléans, il giorno della festa di S. Stefano (26 dicembre), emettendo proprio nelle mani di questo frate la professione religiosa. L'evento è da collocare fra il 1218 e il 1219, dal momento che la presenza di Reginaldo a Bologna è attestata dal 21 dic. 1218 alla fine di ottobre dell’anno successivo. Essendo però «multipliciter impeditus», M. ottenne dallo stesso Reginaldo di rimanere per un anno «in habitu seculari», condizione che gli permise di invitare molti alla predicazione del suo confratello e di attirare all’Ordine numerose vocazioni. Il domenicano Stefano di Salanhac nel trattato De quatuor, alla sezione «de viris illustribus in scriptis et in doctrinis» (fine anni Settanta del XIII secolo) narra di aver appreso dalla viva voce di M. che quest'ultimo aveva ceduto la sua cella e il suo abito religioso a Domenico di Caleruega agonizzante e che aveva assisitito al transito in S. Nicolò a Bologna il 6 ag. 1221.
Nel suo Chronicon maius (XIV secolo) Galvano Fiamma (cfr. Odetto) attribuisce a M. e a fra Rolando da Cremona la fondazione del convento di S. Gugliemo (1228), primo insediamento domenicano a Cremona, su richiesta del vescovo della città Omobono Medalberto. Nel 1233, su istanza delle autorità cittadine, sollecitate dal vescovo della città Guidotto da Correggio, M. fondò a Mantova accanto all’antica chiesa di S. Luca il convento domenicano, di cui fu il primo priore. In un atto del 4 luglio 1233 M. è menzionato con il vescovo Guidotto (Gardoni, pp. 147, 151). In un altro atto, rogato dal notaio Lanfranco da Brescia il 18 nov. 1240, M. compare tra i sottoscrittori insieme con fra Boninsegna Cerese (Mantova domenicana, p. 21). Intorno al 1243, M. è menzionato tra i dedicatari del Liber dispensationum di Giovanni di Dio con il titolo di «doctor theologiae» (Sarti - Fattorini, I, p. 431).
In questo torno di tempo, e comunque a partire dal 1241, si colloca la composizione della Summa contra catharos et valdenses, terminata con molta probabilità dopo il 1244, come si desume da due passi dell’opera stessa (cfr. le pp. 241, 402 dell'unica edizione dell'opera, curata dal domenicano T.A. Ricchini da Cremona, 1695-1779, uscita a Roma nel 1743, con il titolo Adversus catharos et valdenses). Si tratta di un vero e proprio manuale di teologia, frutto dell’attività didattica di M. nello Studio di S. Niccolò di Bologna, finalizzato alla confutazione delle dottrine ereticali e, quindi, preziosa fonte per la conoscenza dei movimenti cataro e valdese.
I manoscritti più antichi che ci hanno tramandato il testo (Kaeppeli, 1980, III, p. 138) sono il Reg. lat., 428 (secoli XIII-XIV) della Biblioteca apost. Vaticana e il VII B.36 della Biblioteca nazionale di Napoli (secolo XIV).
L’opera segue un metodo sinottico, mettendo a confronto per ogni argomento la dottrina della Chiesa cattolica con quella degli eretici. Il libro I, secondo la tradizione scolastica domenicana, tratta dell’unità e trinità di Dio, degli angeli e di Dio creatore; il libro II affronta nello specifico i problemi legati alla dottrina della creazione dell’anima e del corpo, temi cruciali nel dibattito con i catari e i valdesi; il libro III è dedicato a Cristo, all’anticristo, alla Vergine Maria e allo Spirito Santo; nel libro IV è esposta la dottrina sui sacramenti e sui fini ultimi (novissimi); infine, il libro V si occupa della Chiesa, della sua struttura e della sua morale ed è quello che maggiormente desta l’interesse degli studiosi dei movimenti cataro e valdese per le preziose notizie che l’autore fornisce, frutto della sua lunga attività di polemista. M. studiò a fondo i testi dei teologi eterodossi ed è proprio questa sua diretta conoscenza a rendere l’Adversus un’opera di indubbio valore per lo storico dell’eresia, come lo fu precedentemente per i controversisti e per gli inquisitori. Notevole è la competenza scritturistica di M. sottesa alla confutazione delle dottrine catare e valdesi, così come la sua preparazione filosofica nell’affrontare i temi dell’eternità del mondo e della creazione (libro V, cap. XI). Ingiustamente non tutti gli storici hanno apprezzato nel tempo l’Adversus quale fonte per lo studio dei movimenti dualisti, come per esempio Grundmann.
La scoperta nel 1946 da parte del domenicano Dondaine (1946, pp. 191 s.) della Professione di fede di Valdo (1180), così come del Liber antiheresis dello stesso autore, ha consentito di attribuire il giusto valore di fonte all’opera di Moneta. Hoécker ha accertato l’uso da parte di M. nella redazione dell’Adversus della Disputatio inter catholicum et paterinum hereticum del laico Giorgio (Einleitung, in Disputatio, pp. XXVI s.).
La presenza di M. a Bologna è attestata ancora a metà del secolo, quando insieme con altri frati compare come testimone in un contratto di soccida, in difesa del proprietario, accusato di usura (Sarti - Fattorini, II, p. 243). Un «quidam fr. Moneta lector ord. Pred.» presso lo Studio bolognese è menzionato il 31 maggio 1258, ma si nutrono dubbi sull’identificazione con M. di questo frate.
Tradizionalmente, è attribuito a M. il ruolo di «inquisitor» desumendolo dalla sua approfondita conoscenza delle dottrine eterodosse, frutto della sua intensa attività di predicatore controversista, ma senza alcuna prova documentaria. Si deve, infine, ad Alberti (pp. 184 s.) la notizia per la quale M. sarebbe stato colpito per lungo tempo da cecità «propter assiduitatem studii, et frequentes lachrymas, quas devotione amplissima emittere consueverat», così come avvenne a Didimo il Cieco.
Ignoriamo il luogo e la data della sua morte.
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