MONGOLIA.
– Demografia e geografia economica. Storia
Demografia e geografia economica di Michele Castelnovi. – Stato interno dell’Asia centrale. La M. è uno degli Stati più estesi al mondo, ma con una bassissima densità, a causa di condizioni ambientali fortemente avverse. Ciononostante, in questi ultimi anni si è registrato un aumento della popolazione, da due milioni di abitanti nel 1987, a 2.881.415 ab. nel 2014, secondo una stima UNDESA (United Nations Department of Economic and Social Affairs). Tale risultato è stato ottenuto con un forte sostegno alla natalità (circa un terzo degli abitanti ha meno di 15 anni e circa il 60% ne ha meno di 30), con l’aumento dell’assistenza sanitaria e con l’afflusso di immigrati di etnia mongola dall’ex Unione Sovietiva. Dal punto di vista etnico, la popolazione appartiene al 95% ai vari gruppi di etnia mongola, tra i quali spiccano i khalkha, che sono più che triplicati, da 639.141 nel 1956 a 2.168.141 nel 2010 (quasi il 75% dell’intera popolazione). Solo nell’estremo Occidente è ufficialmente tutelata una comunità kazaka, oramai ridotta a poco più del 4% dopo una forte emigrazione verso il vicino Kazakistan; le altre minoranze, esigue per numero, non godono di alcun riconoscimento legale. Minoranze di etnia mongola si trovano nei Paesi circostanti, ma soprattutto in Cina (nella provincia speciale della Mongolia Interna, più di 4 milioni, ma anche nelle province di Liaoning, Jilin, Heilongjiang e Xinjiang) e nelle aree più vicine al confine del Kazakistan e della Federazione russa (soprattutto nella Repubblica autonoma dei Buriati e in quella dei Calmucchi): in totale si stima che vivano al di fuori della M. più di 6 milioni di mongoli.
Ancora oggi gran parte della popolazione vive in maniera molto povera nelle zone rurali lontano dalle grandi città, tra le quali la maggiore è la capitale, Ulan Bator (dalla quale irraggiano tutte le infrastrutture logistiche), con più di 1,3 milioni di abitanti nel suo distretto. Non sempre il nomadismo è stato abbandonato per scelta, giacché l’afflusso maggiore si è avuto in corrispondenza delle drammatica carestia nei primi anni del millennio. Nella capitale la presenza di un proletariato privo di competenze e di attitudine alla vita urbana appare, quindi, particolarmente grave. La grande disponibilità di spazi potrebbe consentire lo sviluppo di manifatture industriali in grado di elaborare le materie prime, in primo luogo la lana cachemire (con il 25% della produzione mondiale), che per il momento, in gran parte, sono assorbite dall’esportazione, principalmente verso la Cina. Gli investimenti governativi a favore del consolidamento dell’industrializzazione e i bisogni di una popolazione in continua crescita hanno reso prioritario stipulare accordi per la fornitura di energia: l’interlocutore principale è stato il leader russo Vladimir Putin, con un trattato stipulato nel 2000 e confermato nel 2009. Tuttavia le esportazioni della M. dipendono ancora quasi esclusivamente dalla Cina. La posizione geopolitica della M. riflette la difficoltà di mantenere il giusto equilibrio tra i due colossi nello scacchiere internazionale.
Storia di Samuele Dominioni. – Nel novembre del 2007 il primo ministro Miyegombyn Enkhbold si dimise a seguito del cambio di leadership nel Mongolian people’s revolutionary party (MPRP); il nuovo presidente del partito Sanjagiin Bayar assunse dunque l’incarico di premier della Mongolia. Nel giugno del 2008 si tennero le nuove elezioni legislative: la competizione elettorale – in un quadro stabilizzatosi sulla contrapposizione politica tra MPRP e Democratic Party (DP) – vide la vittoria del MPRP, che si aggiudicò 45 seggi a fronte dei 27 conquistati dai Democratici, e Bayar fu confermato come primo ministro. Il voto fu duramente contestato dalle forze di opposizione che denunciarono brogli elettorali; il DP non accettò il risultato e i partiti minori organizzarono proteste che sfociarono in tumulti e violenze. Il presidente Nambaryn Enkhbayar dichiarò allora quattro giorni di stato di emergenza nel Paese.
L’anno successivo si tennero le elezioni presidenziali: Tsakhiagiin Elbegdorj, candidato del DP e già primo ministro nel 1998 e nel 2004-06, conquistò quasi il 52% dei voti e vinse contro il presidente uscente e candidato del MPRP Enkhbayar, che si fermò al 48% e riconobbe la sconfitta. Subito dopo l’elezione alla presidenza di Elbegdorj, particolarmente apprezzato in Occidente per le sue idee democratiche e liberali, il Senato degli Stati Uniti votò una risoluzione per esprimere il suo pieno sostegno alla democrazia e allo sviluppo economico della M., evidenziando in particolare l’importanza del pacifico passaggio di potere da Enkhbayar al nuovo capo dello Stato. Tra le politiche presidenziali degne di nota spiccò l’iniziativa personale di Elbegdorj per l’abolizione della pena capitale in Mongolia. Nel gennaio 2010, il capo dello Stato annunciò una moratoria sulla pena di morte e fece ricorso alla prerogativa presidenziale della grazia, commutando le condanne a morte in pene detentive. Nel 2012, la M. ratificò il Secondo protocollo facoltativo al Patto internazionale sui diritti civili e politici, volto ad abolire la pena di morte, diventando così un Paese di fatto abolizionista.
Nelle successive elezioni legislative di giugno 2012, il DP conquistò la maggioranza dei seggi, mentre nel 2013 Elbegdorj fu confermato alla presidenza della Repubblica. Nel novembre 2014, dopo mesi critici per il governo e le dimissioni di alcuni ministri, il premier Norovyn Altankhuyag (DP) fu sfiduciato dal Parlamento. Accanto alle accuse di corruzione che avevano colpito uomini a lui vicini, su Altankhuyag pesò l’incapacità di dare risposte ai problemi del rallentamento della crescita economica e del crollo degli investimenti stranieri nel Paese. L’incarico di premier fu affidato a Chimediin Saikhanbileg, che assunse la guida di un esecutivo di grande coalizione formato da esponenti del DP e da rappresentanti del Mongolian people’s party (MPP) e della coalizione Justice.