Mongolia
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(XXIII, p. 667; App. I, p. 872; II, ii, p. 344; III, ii, p. 152; IV, ii, p. 500; V, iii, p. 538)
Popolazione e condizioni economiche
di Guido Barbina
La capitale, Ulan Bator (627.300 ab. nel 1997), è collocata in una municipalità autonoma rispetto alle 21 province in cui, dal 1994, è suddiviso il territorio. La popolazione (2.579.000 ab. nel 1998, secondo una stima) appartiene in maggioranza all'etnia halk, la cui lingua (mongolo khalkha) è quella ufficiale dello Stato; nelle province sud-occidentali si parlano anche lingue kazake. La religione, il buddhismo lamaista, fortemente osteggiata fino agli anni Ottanta, è di nuovo molto praticata. Nel 1997 un lungo periodo di siccità ha compromesso quasi del tutto l'attività tradizionale del pascolo seminomade rendendo ulteriormente aride le steppe e allontanando da questo genere di vita buona parte dei pastori.
L'economia del paese ha compiuto qualche progresso a partire dal 1994, dopo i bruschi rivolgimenti che hanno accompagnato la liberalizzazione economica. La crescita del PIL ha toccato i valori del 2,4% nel 1996, del 3,3% nel 1997 e del 3,5% nel 1998.
L'allevamento, fondamento della cultura e delle tradizioni della popolazione, è oggi in crisi, sia per la sua modesta redditività, sia per l'inaridimento delle steppe sopra ricordato. Con l'aiuto dell'assistenza tecnica straniera e di aziende pilota si cerca oggi di riportare quest'attività fondamentale a forme più moderne e razionali e di migliorare nello stesso tempo la produzione agricola.
Le risorse minerarie più importanti sono la lignite (6.950.000 t nel 1994), la fluorite, il rame (430.000 t di concentrati nel 1996) e il molibdeno. La bilancia commerciale è cronicamente passiva e il paese, il cui territorio è scarsamente fornito di infrastrutture, riceve continua assistenza dall'estero: gli scambi continuano a orientarsi soprattutto verso la Cina e la Federazione Russa. Tuttavia il difficile passaggio da un'economia socialista a un'economia di mercato, senza gli aiuti che fino al 1991 arrivavano in misura massiccia dall'Unione Sovietica, rende quanto mai incerta la situazione economica e sociale interna.
bibliografia
Mongolia, Dossier documentaire Cidic-Asie, Paris 1995-96; J. Anderson, G. Korsun, P. Murrell, The effects of government decentralization during transition: evidence from enterprise-state relations in Mongolia, in Post-Soviet geography and economics, 1997, 4, pp. 230-46; The Economist Intelligence Unit, Mongolia. Country Profile 1997-98, London 1997.
Storia
di Martina Teodoli
Il disgelo avviato nella seconda metà degli anni Ottanta nelle relazioni fra Pechino e Mosca ebbe ripercussioni sulla posizione internazionale della M., legata all'URSS fin dalla sua nascita, nel 1924. Il graduale ritiro, fra il 1987 e il 1992, delle truppe sovietiche stanziate in M. favorì una progressiva normalizzazione dei rapporti fra quest'ultima e la Cina, mentre, sul piano interno, si registrò anche in M. un processo di cauta liberalizzazione politica ed economica. Tale apertura portò a una riconsiderazione della storia nazionale e a una rivalutazione della figura di Genghiz Khān, oltre che a una maggiore apertura verso la tradizione buddhista. Tuttavia, anche dopo l'abolizione del ruolo di guida del Partito rivoluzionario del popolo mongolo e l'introduzione di un sistema parlamentare e multipartitico, come previsto dalla nuova Costituzione del gennaio 1992, il Partito rivoluzionario mantenne di fatto l'egemonia politica.
Le elezioni politiche del giugno 1992 attribuirono al Partito rivoluzionario, avvantaggiato dalla divisione dei collegi e dal sistema elettorale maggioritario, 70 dei 76 seggi del nuovo Parlamento monocamerale, nonostante la buona affermazione delle opposizioni, che avevano ottenuto il 40% dei suffragi a fronte del 57% andato al Partito rivoluzionario.
La rivendicazione delle opposizioni di una più radicale riforma politica ed economica fu fatta propria anche dal capo dello Stato P. Ocirbat, che entrò ripetutamente in contrasto, nei mesi successivi, con l'esecutivo guidato da P. Jasray, membro del Partito rivoluzionario, già vicepresidente del Consiglio dei ministri negli ultimi anni Ottanta. Forte della popolarità ottenuta nella battaglia per la democratizzazione del sistema politico e sostenuto dalle forze di opposizione, nelle prime elezioni presidenziali dirette (svoltesi nel giugno 1993) Ocirbat sconfisse il candidato del Partito rivoluzionario, aggiudicandosi il 57,8% dei voti. Coalizzatesi nell'Alleanza democratica, le principali forze di opposizione (il Partito nazionaldemocratico e il Partito socialdemocratico) vinsero infine le elezioni politiche del giugno 1996 (in quell'occasione il numero dei collegi passò da 26 a 76) e, con il 46,7% dei suffragi, si aggiudicarono 50 seggi a fronte dei 26 ottenuti dal Partito rivoluzionario con il 40,5% dei voti.
Il nuovo governo dell'Alleanza democratica, guidato da M. Enhsayhan, avviò un ampio e radicale programma di riforma dell'economia, comprendente drastici tagli alla spesa pubblica, l'abolizione quasi totale dei dazi doganali e il varo, nel 1997, di un esteso piano di privatizzazioni. Alla liberalizzazione dei prezzi dell'energia fecero seguito una forte crescita dell'inflazione e un complessivo peggioramento delle condizioni di vita della popolazione, già deterioratesi in seguito alla crisi economica che aveva colpito il paese fin dal 1989. Il malcontento diffusosi nei confronti della politica economica del governo favorì, nelle elezioni presidenziali del maggio 1997, il candidato del Partito rivoluzionario, N. Bagabandi, che vinse con il 60,8% dei voti, mentre Ocirbat, sostenuto dall'Alleanza democratica, otteneva il 29,8% dei voti.
Nell'aprile 1998, in seguito alle dimissioni di M. Enhsayhan, venne nominato primo ministro T. Elbegdory, presidente del Partito nazionaldemocratico, il quale fu a sua volta costretto, a luglio, a lasciare l'incarico. Nei mesi successivi i reiterati veti posti dal presidente della Repubblica nei confronti dei candidati premier proposti dalla maggioranza generarono una paralisi politica superata solo nel dicembre 1998, quando il presidente accettò finalmente la candidatura di J. Narantsatsralt. Nel luglio 1999 Narantsatsralt si dimise e fu sostituito in agosto da R. Amarjargal, ministro degli Esteri dall'aprile al dicembre 1998.
Sul piano internazionale, la forte dipendenza economica da Mosca spinse la M., anche dopo lo scioglimento dell'URSS, a una politica di alleanza con la Federazione Russa, e nel gennaio 1993 i due paesi firmarono un trattato ventennale di amicizia e cooperazione. Nell'aprile 1994 un analogo trattato venne stipulato con Pechino. Inoltre, la M. si adoperò per un'intensificazione delle proprie relazioni internazionali, in particolare nei confronti di Giappone e Stati Uniti, entrambi membri del Gruppo di assistenza alla Mongolia (comprendente anche la Federazione Russa e la Cina, oltre a organismi finanziari come la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e la Banca asiatica per lo sviluppo), impegnatosi fin dai primi anni Novanta nell'erogazione di aiuti finanziari al paese.
bibliografia
A. Sanders, Mongolia. Striking a balance, in The world today, 1994, 6, pp. 104-05; Poverty and the transition to a market economy in Mongolia, ed. K. Griffin, Basingstoke 1995; Mongolia in transition, ed. O. Bruun, O. Odgard, Richmond 1996.