MONGOLIA (XXIII, p. 667; A. T. 97-98)
S'intende oggi, con tal nome, la Mongolia Esterna, cioè la parte occidentale del vastissimo territorio abitato dai Mongoli, costituitasi in una repubblica, sotto il completo predominio russo. Il governo sovietico però, di fronte all'impopolarità di certe riforme nettamente comuniste, manifestatasi alla riunione generale del Hural, tenutasi nel 1934, con carattere di Costituente, ha rinunciato alla loro applicazione. Invece si è imposto in modo assoluto nel campo militare, cosicché oggi ufficiali russi inquadrano i varî contingenti, dirigono e sorvegliano la fabbricazione delle armi e delle munizioni, gli aerodromi, le linee aeree, le comunicazioni radio, e presidiano le frontiere. A sanzionare tale situazione è stato firmato, nel marzo 1935, ad Ulan Bator (ex Urga, la capitale) un protocollo di reciproca assistenza (sul tipo di quello nippo-mancese), che consacra una vera e propria alleanza militare. Il patto, entrato subito in vigore, ha la durata di dieci anni. Protestò la Cina, che ha sulla regione la sovranità nominale, riconosciutale d'altronde dalla stessa U.R.S.S. nel 1924: ma, naturalmente, senz'alcun risultato. Una rete di strade in corso di costruzione punta dalla frontiera russa verso la repubblica alleata, congiunta già col territorio siberiano da una regolare linea aerea e da un servizio di navigazione sul Jenissei. Sono pure progettati parecchi collegamenti ferroviarî che penetrerebbero in Mongolia da varie parti: la popolazione vi è però contraria. Essa aborre dai contatti esterni; vuol chiuse le frontiere agli stranieri; non ammette rappresentanze estere. Poche notizie riescono a filtrare al di fuori. Quindi nulla o poco si sa di preciso su quello che succede.
Nella lotta d'influenza che le due grandi potenze, Giappone ed U.R.S.S., svolgono nel settore mongolo, la Mongolia Esterna ha una parte di decisiva importanza. Le sue frontiere difatti contengono la porta attraverso la quale il comunismo potrebbe rovesciarsi verso il sud; di lì pure le armate di Mosca, appoggiate ad altre colonne provenienti dal Turkestan, hanno la possibilità di minacciare alle spalle o sui fianchi i Nippo-Mancesi. Di più il Giappone ha preclusa la probabilità, con una Mongolia ostile, di paralizzare, al sud del Baikal, la transiberiana, che è oggi ancora la sola via d'accesso dagli Urali alla Siberia Orientale. La regione ha quindi assunto la funzione di territorio a grande frizione, già esercitata dalla Manciuria al principio del secolo.
In ben diversa situazione si trova la Mongolia Interna, che si è disgregata in varie parti. Una di esse è stata incorporata dal Manchu kwo, che ne ha fatto una provincia autonoma, detta Hsing-an (v. manciuria, App.). Un'altra parte si è organizzata a regime autonomo sotto il principe Teh, col nome di "Consiglio politico autonomo della M.I.", riconosciuto da Nanchino, ma nello stesso tempo ben veduto da Tōkyō. Difatti nel conflitto cino-giapponese di oggi quelle popolazioni si battono col Giappone. Un'altra organizzazione si è formata nel Sui-yüan e fa capo al "Consiglio per l'autonomia degli stendardi e delle leghe mongole". Non è possibile precisare la consistenza e l'estensione di tali organismi, poiché si tratta di tribù nomadi, di un immenso territorio e di elementi e di dati difficilmente fissabili. Il prossimo assetto che verrà dato al paese, dipende dall'esito dell'attuale conflitto cino-giapponese.
Il movimento d'indipendenza comune e della riunione delle due Mongolie non ha dato risultati positivi. Nella Mongolia Interna le influenze cinesi, determinatesi con le relazioni economiche (e con gli allacciamenti ferroviarî) ora sostituite da quelle nippo-mancesi, nonché l'avversione dei principi, timorosi di un completo assorbimento della loro autorità, lo hanno paralizzato.