MONTAGNA (fr. montagne; sp. montaña o sierra; ted. Gebirge; ingl. Mountain)
È la parola più generica per indicare i rilievi della superficie terrestre che raggiungono un'altezza considerevole; ma la distinzione fra questi e quelli di più modesta elevazione (colline, colli, poggi) non è affatto precisa: d'ordinario si pone fra 400 e 500 m. Tra 500 e 1500 o 2000 m. si parla di montagna media; quando si raggiungono altezze superiori a 2000 m. si parla, nei nostri paesi, di alta montagna; tuttavia la distinzione fra questa e la montagna media si basa soprattutto su caratteri differenziali morfologici, che determinano varietà di forme e di aspetti, e anche sulla comparsa di altri fenomeni (nevi perenni, ghiacciai).
Lo studio delle montagne fu per lungo tempo essenzialmente descrittivo (orografia); gl'inizî delle indagini scientifiche non risalgono a più di 60 anni fa. Tali indagini furono grandemente agevolate, specie nei paesi europei, dalla maggiore accessibilità delle zone montagnose per l'apertura di strade, rifugi, ecc., e dalla diffusione degli sport alpini, favorita, prima nelle Alpi, poi in altre aree montuose dalle numerossime associazioni e club alpini. Alcuni di essi (italiano, tedesco, francese) hanno acquistato grandi benemerenze per lo studio scientifico della montagna.
Le montagne, eccezion fatta per i vulcani, si trovano di solito ordinate in catene o associate in massicci, e, per l'origine sono collegate a processi tettonici (montagne a pieghe, montagne di faglia, ecc.) ovvero possono essere intagliate dai processi esogeni in una superficie originariamente pianeggiante; ma anche in questo caso è necessario sempre che intervenga un sollevamento il quale porti tale superficie a notevole altezza e dia vita ai processi erosivi. Azioni costruttive diverse dal vulcanismo creano solitamente rilievi di modesta altezza, ai quali non si applica il termine montagna (vento: dune; ghiacciai: morene). Ma per i tipi e la classificazione delle montagne v. la voce morfologia: Geologia, e per l'origine anche orogenesi.
Le montagne hanno una grande importanza nei riguardi climatici, sia perché agiscono come barriere rispetto ai venti e perciò delimitano spesso regioni a caratteri climatici diversi, sia perché, in conseguenza del fatto fondamentale che col crescere dell'altezza diminuisce la temperatura ed aumentano le precipitazioni, esse rappresentano isole in condizioni climatiche peculiari: si parla perciò di un clima di montagna, del quale peraltro si possono designare diversi tipi a seconda della latitudine, ecc. Al variare delle condizioni climatiche in ragione dell'altezza, corrisponde un succedersi di diverse zone altimetriche di vegetazione (e anche di fauna) diversa, come si osserva tipicamente in rilievi molto elevati delle regioni equatoriali, nei quali si trapassa, man mano che si sale, dalle formazioni vegetali proprie dei climi caldo-umidi alla base (foresta equatoriale) fino a formazioni di tipo glaciale nelle aree più elevate. In conseguenza di ciò assume grande importanza, in montagna, lo studio dei limiti altimetrici dei fenomeni fisici (precipitazioni; nevi perenni) e biologici (bosco e suoi tipi; altre associazioni vegetali; prati, ecc.), limiti che variano naturalmente alle diverse latitudini. Notevoli sono anche spesso, in montagna, forme di accantonamento di specie vegetali e animali, diffuse su più vaste aree nelle ultime fasi glaciali e ristrettesi nelle zone più elevate man mano che il clima diveniva più mite al basso.
Nei riguardi dell'uomo l'ambiente di montagna si fa sempre meno favorevole col crescere dell'altezza: anche le piante coltivate hanno infatti limiti altimetrici oltre i quali non vegetano, e inoltre col crescere dell'altezza diminuisce di regola lo spazio per la coltivazione. Esiste perciò un limite altimetrico dell'abitazione umana permanente, che naturalmente varia anch'esso col variare della latitudine; al disopra di esso vi sono di regola aree abitate o frequentate solo nei mesi estivi per l'utilizzazione dei pascoli montani (alpeggio) o di altre risorse; quivi si hanno allora abitazioni temporanee, con tipi e caratteri che hanno spesso grande interesse. Nelle Alpi le abitazioni permanenti sono assai rare oltre i 2000 m.; quote più elevate raggiungono a latitudini più basse. Ma più favorevoli all'uomo sono spesso gli altipiani elevati, che, ad es., nell'America andina furono anche sedi di civiltà assai sviluppate. Ivi, come pure nel Tibet, si hanno abitazioni permanenti a 4000 m. e anche oltre; ma si osserva che per lo più queste sedi così elevate sono connesse con lo sfruttamento del sottosuolo.
Nelle nostre montagne sono invece di regola fittamente popolate, talora fino al sovrapopolamento, le maggiori vallate che si addentrano profondamente nei rilievi, e le conche intermontane.
La montagna offre anche ostacoli alle comunicazioni; perciò spesso gli abitanti delle valli e delle conche montane sono rimasti segregati e isolati, conservando usi, costumi, caratteri arcaici; si hanno talora, anche nel campo umano, forme di accantonamento vere e proprie, ossia sopravvivenze di popolazioni un tempo più diffuse, rimaste fino a oggi solo in ambiente montano (Baschi, Albanesi, alcuni popoli caucasici). Per ragioni analoghe si sono potuti conservare indipendenti alcuni stati isolati in aree di montagna come l'Etiopia, il Nepal, l'Afghānistān.
La montagna ha anche forme d'industria caratteristiche: oltre a quelle minerarie, le industrie connesse col bosco e con l'allevamento e spesso svariate e tipiche industrie domestiche, che occupano la popolazione (soprattutto femminile) nei lunghi mesi dell'inverno. Per la grande industria moderna le montagne hanno acquistato importanza come fonti e serbatoi di energia idrica, onde bacini artificiali e centrali idroelettriche si creano oggi a grandi altezze e perfino taluni stabilimenti industriali si localizzano nel cuore dell'ambiente montano, ma per lo più sempre in fondo a valli o conche.
Tuttavia in molte delle montagne europee (e anche in talune extraeuropee) le regioni più elevate tendono per varie ragioni ad essere abbandonate dalla popolazione, che migra, sia temporaneamente (nei mesi invernali, d'inattività), sia anche permanentemente verso le zone più basse; questo fenomeno, indicato con l'espressione generica di spopolamento montano, assume talora, anche nelle Alpi, aspetti inquietanti, e viene oggi attentamente sorvegliato e studiato nelle sue causee nei possibili rimedî.
Il male di montagna.
I disturbi che insorgono in conseguenza dell'altitudine si verificano sia nell'aeronavigazione, sia nella salita in montagna; si aggiungono, in quest'ultimo caso, le influenze della fatica muscolare legate all'esercizio fisico intenso. Gli uomini e gli animali soggiacciono al male di montagna; a seconda dei luoghi e degl'individui, il limite inferiore di altitudine al quale i sintomi si manifestano oscilla fra 3 e 6 mila metri. I disturbi consistono in depressione delle forze, impossibilità a procedere nella salita, senso di fame d'aria al minimo sforzo, peso al capo, astenia psichica, tremore, scomparsa dell'appetito, nausea, vertigini, emorragie dal naso, dalle congiuntive, dal polmone, dall'intestino. I sintomi si esaltano durante la notte e al freddo, si attenuano se dominano le nebbie e i venti; possono aversi indipendentemente dall'affaticamento fisico, e scompaiono col venir meno della quota di altezza. La causa consiste essenzialmente nella deficienza dell'ossigeno atmosferico dipendente dall'altitudine; lo strapazzo fisico ha però notevole importanza. Ogni ripresa del cammino, anche di breve durata, costringe i sofferenti a nuove soste; questo carattere è analogo a quello dei disturbi intermittenti (dispragie) che si verificano a carico degli arti inferiori (claudicazione intermittente) e anche dei superiori, nei casi di alterato rifornimento di ossigeno per alterazioni dei vasi locali. Per il mal di montagna furono invocati anche altri fattori, oltre la deficienza di ossigeno, come le proprietà elettriche dell'atmosfera a grande altezza, l'alto grado d'ionizzazione, le qualità radioattive del suolo e anche cause psichiche. Il decorso del male di rado è grave; spesso ha luogo una sorta di acclimazione, con tendenza a dileguarsi di ogni malessere. Il trattamento preventivo consiste nell'allenamento graduale alle grandi altezze, che vanno raggiunte dapprima senza dispendio di forze, in seguito con un progressivo esercizio dell'attività fisica. Nei soggetti predisposti anche piccole oscillazioni barometriche sono sorgente di disturbi. È d'altronde nota l'influenza del clima montano sull'organismo anche per altezze assai minori di quelle cosiddette critiche per il mal di montagna propriamente detto, e sono note le provvidenze di cui l'organismo dispone per proteggersi dalla rarefazione dell'ossigeno: i fenomeni di questo adattamento climatico consistono nell'aumento dei globuli rossi e dell'emoglobina del sangue, nelle modificazioni circolatorie, del respiro e del ricambio. In ciò hanno importanza non solo l'altezza, ma anche le influenze della luce solare, delle correnti d'aria, della purezza e della secchezza dell'atmosfera. Individui molto predisposti possono avere per elevazioni anche modeste sul livello del mare, sintomi analoghi a quelli del mal di montagna, oppure disturbi, come insonnia, palpitazione di cuore e dolori al capo, nei quali non incorrono mai abitando in pianura. Non pochi infortunî alpinistici vanno riportati a insufficienza circolatoria subitanea dovuta all'altitudine e all'affaticamento, e potrebbero essere, almeno in parte, evitati, se si tenessero in maggior conto la variabile reattività individuale ai fattori climatici e la necessità di un allenamento graduale.