MONTE ADRANONE
Località del territorio agrigentino, posta a Ν del moderno abitato di Sambuca di Sicilia nella Valle del Belice, al confine tra il territorio provinciale di Trapani e di Palermo.
La città antica sorgeva in posizione dominante su un'altura di circa 1.000 m s.l.m.; la sua storia si svolse in un particolare contesto derivante dal contatto tra l'area sicana ellenizzata e l'area elimo-punica, con una decisa preminenza della componente punica a partire dagli inizî del IV sec. a.C., ovvia conseguenza del consolidarsi del predominio cartaginese nella Sicilia occidentale dalla caduta di Selinunte alla morte di Dionisio I.
L'identificazione del sito con l’Adranon citata da Diodoro (XXIII, 4, 2) in relazione a vicende della prima guerra punica (Holm, 1901), sembra oggi ricevere sostegno dai dati archeologici emersi dagli scavi sistematici. Le ricerche hanno sinora dimostrato una generale e violenta distruzione della città intorno alla metà del III sec. a.C., e ciò in accordo con i dati delle fonti: infatti, se il citato passo di Diodoro, riferito al 262 a.C., fa cenno a un infruttuoso assedio da parte dei Romani dei due centri di Adranon e di Makella, sappiamo d'altra parte che, dopo l'occupazione romana di Segesta spontaneamente arresasi, quasi tutte le città della Sicilia centro-occidentale furono sottomesse e nel 260 anche la dura resistenza di Makella venne battuta (Pol., 1, 39). È assai probabile che nello stesso anno anche Adranon venisse presa e distrutta. In ogni caso è da ritenere che la città non abbia potuto sostenere la resistenza dopo la caduta di Selinunte, nella cui sfera territoriale ebbe tradizionalmente a gravitare e a seguirne le sorti: i dati archeologici confermano tali ipotesi e pongono intorno al 250 a.C. il termine di datazione per la distruzione di Adranon, con sporadiche presenze - forse di guarnigioni di controllo - nel corso della seconda guerra punica.
I primi scavi regolari risalgono al 1968 e da allora annuali campagne hanno portato alla luce la necropoli, la poderosa cinta muraria e vasti settori della città e dell'area suburbana.
La città sorgeva su un terrazzo ondulato dalla configurazione grossolanamente triangolare culminante a NE con l'area sacra dell'acropoli, protetta alle spalle dal ripido costone roccioso, e digradava a terrazzi verso SO in direzione della profonda insellatura che distingue le due colline su cui si sviluppa l'intero abitato e che forse coincideva con un asse stradale fondamentale della città stessa. Il perimetro della città, di c.a 5 km, è, per un tratto del lato orientale, definito dallo strapiombo roccioso, mentre per il resto è costituito da un'imponente cinta muraria costruita in blocchi di pietra marnosa locale e conservata in alcuni tratti per 6 m di altezza. L'impianto originario delle fortificazioni si pone verso la fine del VI sec. a.C., con l'aggiunta di torrioni e contrafforti in relazione alla ricostruzione punica della città nel IV sec. a.C. Agli inizî del III sec. è da riportare invece un ulteriore rafforzamento del sistema difensivo con la costruzione di un propugnacolo avanzato a protezione dell'ingresso meridionale della città, che dovette servire all'estrema difesa della città stessa nel corso della prima guerra punica. Un altro accesso è stato individuato sul lato N.
In area esterna alla città, a E del muro a propugnacolo avanzato, si trova un interessante complesso monumentale extraurbano di impianto precedente al baluardo esterno sopra descritto, che rivela una complessa e articolata stratigrafia archeologica ed edilizia così riassumibile: in un'area già occupata da capanne a pianta curvilinea, di cui restano avanzi affioranti nei livelli più tardi, sorse già nel V sec. a.C. un quartiere extraurbano di abitazioni orientate E-O, quartiere che agli inizî del IV sec. si accrebbe e si potenziò con la costruzione di un sacello e di un complesso di ambienti di servizio a esso pertinenti. Intorno alla metà del IV sec. la zona subì una radicale trasformazione con la costruzione di un imponente edificio relativo a un complesso artigianale a pianta rettangolare, con grande cortile al centro, che si sovrappone alle abitazioni del V-IV sec., rispettando tuttavia l'area del santuario. Quest'ultimo è delimitato da un témenos di forma trapezoidale che circoscrive l'area di pertinenza di un sacello rettangolare bipartito con ingresso sul lato lungo.
Sia all'interno del sacello che tra l'acciottolato del témenos si sono rinvenute numerose deposizioni votive e alcune favisse. Tra le ultime deposizioni collocate sulla panchina interna, è una notevole testa di Demetra con pòlos, in pietra tenera, opera locale che ibridamente interpreta modelli greci e punico-ellenistici. Da una favissa terragna nell'area del témenos provengono invece numerose terrecotte votive, tra cui busti di divinità dal volto giovanile attribuiti a Persefone. Si è pertanto riconosciuto in questo sacello extraurbano un santuario dedicato al duplice culto di Demetra e di Persefone, con le relative implicazioni connesse alla fecondità (della terra e della famiglia) da un lato e all'oltretomba e al culto dei morti dall'altro: culti cui ben rispondeva, del resto, la stessa ubicazione del santuario extraurbano, in area prospiciente la piana a fondo valle ma anche nelle immediate vicinanze della necropoli.
Dell'area interna della città le strutture sinora messe in luce, sia sull'acropoli che nei terrazzi sottostanti, sembrano riferirsi preminentemente alla facies punica che si manifesta, oltre che nell'assoluta prevalenza dei tipi monetali siculo-punici, nell'assetto urbanistico-edilizio imposto alla città ricostruita agli inizî del IV sec. sulle macerie del precedente impianto urbano. Il nuovo assetto si riassume nella doppia cinta muraria articolata nel vasto circuito sopra accennato e nell'anello interno che circoscrive l'acropoli, o meglio «l'alto luogo» con il suo tempio (esempio notevolissimo di architettura sacra punica); abitazioni con magazzini, botteghe e cisterne, e un secondo santuario erano situate sul terrazzo mediano (terrazzo II) della città.
Il complesso monumentale del terrazzo II è caratterizzato dalla presenza di un santuario punico, riconoscibile nel grande edificio a pianta rettangolare (21 x 8 m), orientato con gli angoli da NE a SO e impostato su un taglio seminterrato nel banco marnoso. Si compone di due vani: un ambiente coperto a NE, caratterizzato da vaschette rituali intercomunicanti e un ampio recinto ipetrale a SO con due betili accostati alla parete lunga di fronte agli ingressi.
Alle spalle dell'edificio, scavata nella marna, si trova una grandiosa cisterna rettangolare, con fila di pilastri lungo l'asse maggiore (14,6 x 6,50 m); essa doveva servire contemporaneamente alle esigenze rituali del santuario e come riserva idrica dell'abitato.
Tra quota 890 e quota 900 si estende l'area monumentale del terrazzo I, sotto l'acropoli.
Adattandosi alla morfologia della collina, si distribuiscono blocchi di edifici funzionalmente articolati con spazi a destinazione pubblica (edifici sacri, thòlos, botteghe) e privata (abitazioni, cisterne, ecc.).
All'acropoli si accedeva attraverso la porta che si apre nella relativa cinta muraria, delimitata da due torrette quadrangolari. Una rampa rocciosa conduce al piazzale sommitale: «l'alto luogo» su cui sorgeva il grandioso tempio punico, i cui resti consentono di riconoscerne le essenziali caratteristiche architettoniche. Si tratta di un grande edificio a pianta rettangolare allungata (31 x 10 m), orientato con gli angoli in senso E-O secondo la tradizione dell'architettura sacra fenicio-punica. La pianta originaria - distinguibile nel settore centrale dell'edificio (26,50 x 10 m) - è composta da tre vani successivi che non risultano però tra loro comunicanti. L'accesso era dal lato lungo S, con tre ampie soglie che immettono rispettivamente nei tre ambienti suddetti: lo spazio più significativo del tempio è costituito dal grande recinto centrale a cielo aperto (lungo 15 m) sul cui asse maggiore, al centro, in corrispondenza dell'ingresso, sono due basi quadrate in arenaria su piattaforme lastricate, che rivelano in superficie le tracce circolari di appoggio di pilastri rituali cilindrici o conici. Il recinto centrale era fiancheggiato da due ambienti coperti: bipartito quello di NO, a unica cella quello a SE.
Quest'ultimo doveva assolvere un particolare ruolo cultuale (sancta sanctorum, naòs), come si deduce dalle caratteristiche di rilevante imponenza monumentale conferita al suo prospetto, che i dati a disposizione (elementi architettonici crollati in sito) fanno supporre caratterizzate da un singolare intreccio di elementi greci e punici (cornici a gola egizia).
La pianta originaria del tempio venne in un secondo momento modificata dalle seguenti aggiunte: un altro ambiente in prolungamento all'estremità NO, esso pure bipartito; un lungo portico su tutta la fronte SO, con ante a L e fila di colonne lignee di cui restano le basi quadrate in pietra; una piattaforma sopraelevata - forse per un altare - appoggiata all'esterno del lato SE.
Connessa alle funzioni cultuali del tempio, forse fin dalla sua fase originaria (prima metà del IV sec. a.C.) è la grande cisterna rettangolare (8 x 5 m) disposta quasi parallelamente all'edificio e con questo connessa mediante un complesso sistema di canaletti. Due pilastrini, lungo l'asse maggiore, dovevano sostenere la copertura.
La necropoli della città si estendeva in un'area, relativamente limitata, a S e a SO della città, con uno sviluppo che si è rivelato più che in estensione,in stratificazioni sovrapposte con frequente riuso e riadattamento delle tombe più antiche.
Di tale necropoli, nei due ampî settori messi in luce, gli scavi hanno rilevato l'esistenza di tombe tipologicamente e cronologicamente distinguibili in tombe a camera ipogea (per la maggior parte riferibile al VI-V sec. a.C.), tombe a cassa con pareti costruite in blocchetti di marna, e infine semplici sepolture terragne, spesso stratigraficamente sovrapposte alle tombe più antiche (databili nel IV e nella prima metà del III sec. a.C.). Tra le tombe a camera si distingue la tomba monumentale - già nota alla fine del secolo scorso e localmente detta Tomba della Regina - risalente al VI-V sec. a.C.: di grande rilievo dal punto di vista struttivo, essa è certamente tra le più interessanti tombe a camera della Sicilia. È costruita in conci squadrati di tufo che definiscono una camera ipogea (2,20 x 1,50 m) con copertura a falsa volta e apertura preceduta da un breve dròmos con accesso a pozzetto. Di particolare rilievo è anche la grande tomba ipogea (T3), a pianta rettangolare (3 x 2,30 m; alt. 1,50 m) con pareti in conci di tufo intonacati, doppia camera sepolcrale, ciascuna con ingresso a S: anche questa tomba era preceduta da un breve dròmos con accesso a pozzetto. All'interno si rinvennero due vasi cinerari, uno dei quali è la splendida hydrìa attica a figure rosse, con scena nuziale di significato funerario, esposta al Museo Archeologico di Agrigento insieme al resto del corredo, in cui fanno spicco la padella bronzea con manico configurato a kouros e la brocchetta in bronzo di produzione etrusca.
Le recenti campagne di scavo (1985-1988) hanno ulteriormente arricchito le conoscenze sulla necropoli di M. A. rivelando un'articolata sequenza di sepolture, sia a cameretta ipogea che a cassa in pietrame con e senza sarcofagi litici o fittili e, soprattutto, una particolare ricchezza di corredi costituiti da significativi esemplari di ceramica attica, da vasi di produzione indigena e da suppellettili di bronzo.
Bibl.: E. De Miro, Monte Adranone, antico centro di età greca, in Kokalos, XIII, 1967, p. 180 ss.; E. De Miro, G. Fiorentini, Monte Adranone, ibid., XVIII-XIX, 1972-1973, pp. 241-244; iid., Relazione sull'attività della Soprintendenza alle antichità di Agrigento (1972-1976), ibid., XXII-XXIII, 1976-1977, p. 451 ss.; G. Fiorentini, Sacelli greci di Gela e Monte Adranone, in Cronache. Atti della I riunione di studio della Scuola Archeologica di Catania, Siracusa 1976, p. 105 ss.; ead., Santuari punici a Monte Adranone di Sambuca di Sicilia, in Φίλιας χάριν. Miscellanea di studi classici in onore di E. Manni, Roma 1980, p. 907 ss.; ead., Ricerche archeologiche nella Sicilia centro-meridionale, in Kokalos, XXVI-XXVII, 1980-1981, pp. 581-582; ead., Monte Adranone nell'età tra i due Dionisi, ibid., XXVIII-XXIX, 1982-1983, p. 180 ss.