MONTE SANT'ANGELO
(Castrum Sancti Angeli, Ecclesia Sancti Angeli Montis Gargani nei docc. medievali)
Piccolo centro della Puglia (prov. Foggia), che sorge su uno sperone meridionale del promontorio del Gargano.L'origine e lo sviluppo di M. sono legati alle apparizioni dell'arcangelo Michele e alla presenza della grotta a lui dedicata. Al vescovo di Siponto Lorenzo, vissuto tra i secc. 5° e 6° (Cagiano de Azevedo, 1979; Campione, 1992) è legata, secondo quanto tramanda la Vita Laurentii, compilata nel sec. 11°, la consacrazione o la riconsacrazione della grotta micaelica, oltre alla costruzione di un complesso di edifici religiosi dedicati alla Vergine, a s. Giovanni e a s. Pietro, giunti nella loro veste medievale.La grotta era raggiungibile sia da N, attraverso la via litoranea Adriatica (che, giunta a Teanum Apulum e attraversato il Candelaro, si biforcava assumendo, per raggiungere M., il nome di via Sacra), sia da S, ovvero da Siponto, attraverso una serie di mulattiere (Alvisi, 1970; Calò Mariani, 1991, pp. 10, 13; Bertelli, 1995). Dalla seconda metà del sec. 7° la diocesi di Siponto, di cui il Gargano faceva parte, fu unita a quella di Benevento; la basilica di S. Michele Arcangelo divenne così il santuario nazionale dei Longobardi. Verso la fine del sec. 9° la regione garganica e Siponto tornarono in mano bizantina, fino a quando, agli inizi del sec. 11°, non comparvero nella regione i primi Normanni. Di notevole importanza per la vita di M. furono le figure dell'arcivescovo di Siponto Leone (1023-1050), il quale ottenne da papa Benedetto IX (m. nel 1055 ca.) l'autonomia della chiesa sipontina da quella beneventana, e del conte normanno Enrico Drengot, che nel 1098 diede facoltà di costruire nella cittadina un ospizio per forestieri e pellegrini, ricostruito nel corso del sec. 14° per volontà della regina Giovanna I d'Angiò (1343-1382; Kehr, 1962, p. 247).Una testimonianza preziosa circa le origini del santuario è costituita dal Liber de apparitione sancti Michaelis in monte Gargano, che contiene anche una dettagliata descrizione della grotta precedente alle ristrutturazioni di età longobarda. La cavità naturale originaria sarebbe stata quella in collegamento con il piccolo vano in cui ora è ubicato l'altare a blocco detto 'delle impronte'; accanto a questa, verso O, separata da un setto roccioso, era una seconda cavità, molto più grande della precedente. A tale struttura si accedeva da N attraverso l'arco di Pietro e Paolo (Otranto, 1980). Vari ambienti furono realizzati sia durante un momento più antico sia nella seconda metà del 7° secolo. Altri interventi dovettero avvenire fra la fine del sec. 7° e l'8°, tra i quali probabilmente l'abbattimento del setto roccioso tra le due cavità, nonché la realizzazione di una scala monumentale di accesso e di una struttura a tre navate, di cui la centrale è oggi identificabile con la galleria che ospita il Mus. della Basilica di S. Michele Arcangelo. Con questa fase di lavori andrebbero messe in relazione le numerose iscrizioni graffite relative al passaggio di pellegrini, rinvenute sia sul muro di facciata dell'ambiente a tre navate, fino a tempi recenti identificato come l'ingresso alla longa porticus di età longobarda (D'Angela, 1980; Carletti, 1990; Otranto, 1990), sia lungo i muri della scala di accesso alla grotta.Tra i secc. 11° e 17° il santuario fu sottoposto a grandiose opere di ristrutturazione: lavori di sbancamento riguardarono la zona occidentale; la gola maggiore fu in parte interrata e venne realizzata una nuova pavimentazione a un livello diverso; l'ingresso fu risistemato con il collocamento di un portale e la grotta subì un ulteriore e considerevole allargamento verso O. L'od. chiesa-grotta è dunque frutto di questi ultimi interventi, che, creando un nuovo piano di calpestìo, hanno nascosto l'impianto originario.Al sec. 11° vanno ascritti alcuni elementi relativi all'arredo scultoreo: l'ambone smembrato (Mus. della Basilica di S. Michele Arcangelo), alcuni frammenti decorativi e la cattedra vescovile nella grotta a fianco dell'altare principale. Quest'ultima è legata alla figura del vescovo Leone, come ricordano i versi incisi sullo schienale, nei quali viene proclamata la concattedralità delle sedi di Siponto e del Gargano. Molto si è discusso circa il periodo della sua esecuzione, ritenendola ora un falso eseguito nel sec. 12° ora autentica, tranne che per l'iscrizione, aggiunta forse alla metà del sec. 12° (Belli D'Elia, 1975); i due leoni alla base sono invece stati datati alla fine del Duecento, di derivazione campana (Belli D'Elia, 1975; Calò Mariani, 1991). Al 1041 vanno attribuiti il pulpito ora smembrato, di cui rimangono alcuni capitelli, un pilastrino ed elementi relativi a una trabeazione, decorati con motivi vegetali e arricchiti da un'iscrizione in cui compare il nome di Accetto (v.). Al 1076 sono databili le porte bronzee sistemate all'ingresso della chiesa, eseguite a Costantinopoli per Pantaleone della famiglia dei Mauroni di Amalfi, committente anche di altre porte (Amalfi, cattedrale; Roma, S. Paolo f.l.m.). Per lo stile e l'iconografia le scene sono avvicinabili alle espressioni della coeva produzione costantinopolitana dei secc. 10° e 11° (Bertelli, 1990b).Nel 1271 Carlo I d'Angiò (1263-1285) fece effettuare alcuni interventi relativi al miglioramento delle strade di accesso al santuario e all'accoglienza dei pellegrini. Nel 1274 fu innalzato, secondo parte della critica (Calò Mariani, 1992, p. LXV), il campanile ottagonale, opera del protomagister Giordano e del fratello Marando, come testimonia un'iscrizione murata sopra una porta; secondo altra parte della critica (Trotta, Renzulli, 1994), invece, i primi due piani furono voluti da Federico II. Ancora a età angioina vengono ricondotti i lavori che riguardarono la ristrutturazione della scalinata di accesso alla grotta, lungo il cui percorso sono collocati alcune sepolture monumentali e affreschi del Trecento, e la sistemazione di una grande navata, articolata in tre campate con volte a crociera, parallela all'imboccatura della grotta stessa (Calò Mariani, 1992, p. LXV). Nel 1395 Simeone, nativo di M., appose la sua firma sull'architrave sotto la lunetta all'ingresso della scalinata angioina. Si tratta di una composizione scultorea con la Vergine in trono con il Bambino tra i ss. Pietro e Paolo e la figura della committente.Altro monumento di fondazione altomedievale è la chiesa di S. Salvatore, nel rione Junno, che sorge a stretto contatto con le mura medievali della città; è a navata unica, divisa in due campate coperte da cupole della stessa altezza. L'edificio, per la sua icnografia derivata dalla chiesa di S. Ilario a Port'Aurea a Benevento e per la presenza di alcune iscrizioni e, soprattutto, di alcune mensole scolpite con motivi presenti nel mondo longobardo dell'Italia settentrionale, è stato ascritto alla fine del sec. 8° e messo in relazione, per il fatto di trovarsi a un livello rialzato rispetto al piano di campagna, con la presenza di un palazzo, probabilmente residenza di un comes (Falla Castelfranchi, 1979).Nelle immediate vicinanze della basilica di S. Michele Arcangelo è ubicato l'altro centro religioso composto dalle tre costruzioni di S. Pietro, S. Maria Maggiore e della c.d. tomba di Rotari. Della chiesa di S. Pietro, demolita nel 1894 e nel 1942 e ricostruita dal 1962 al 1972, rimane solo il catino absidale arricchito da undici nicchie.La chiesa di S. Maria Maggiore, ubicata accanto a S. Pietro, ha una facciata a due ordini, arricchita in basso da cinque arcate cieche su lesene, con losanghe che ospitano motivi vegetali strettamente legate a quelle di S. Maria di Siponto (Calò Mariani, 1992, p. XLVIII). Al centro è il portale, decorato con vegetali, protomi animali e simboli degli evangelisti, mentre la lunetta accoglie una Vergine con il Bambino, due angeli turibolari e due piccoli personaggi inginocchiati. Sul timpano è inserita una lastra con relativa iscrizione, da cui si apprende che il 10 giugno 1198, regnando Costanza e Federico II, un sacerdote di nome Benedetto dette inizio alla costruzione. L'interno è a tre navate su pilastri cruciformi; le coperture delle prime due campate sono state rifatte in età tarda, mentre la terza campata è coperta da cupola. A età federiciana vanno ricondotti i capitelli sui pilastri cruciformi, decorati con foglie, teste sputaracemi, draghi; nella zona presbiteriale è un capitello che reca le allegorie dei mesi. Nella sagrestia è custodita un'iscrizione che ricorda il canonico Luca garganico, che fece costruire l'altare nel 1225. L'interno lungo le pareti e sui pilastri conserva ancora brani affrescati, tra cui un'Annunciazione e una raffigurazione dell'arcangelo Michele di tradizione bizantina, databili verso la fine del sec. 13°, e altri pannelli ormai di ispirazione gotica.Nella c.d. tomba di Rotari, che si erge a fianco dell'abside di S. Pietro, sarebbe da riconoscere l'edificio dedicato a s. Giovanni ricordato nella Vita Laurentii. La costruzione è a pianta quadrata impostata su piloni angolari reggenti archi a sesto acuto, con abside orientata e una galleria su cui si apre un primo ordine di finestre. Su questa base si innesta un altro corpo quadrangolare di dimensioni minori con altre finestre; il tutto risulta conchiuso da un tamburo ottagonale coperto da una cupola. L'ingresso attuale, fuori centro, non è quello originale, che forse si doveva trovare sul lato meridionale, ove è ancora oggi un'apertura che mette in comunicazione l'edificio con la sagrestia di S. Maria Maggiore (Angelillis, 1969). La porta è sormontata da un architrave e da una formella rettangolare con scene relative alla Vita di Gesù. Nel monumento sono stati individuati momenti costruttivi diversi: un primo ante 1000, comprendente il solo piano terreno, coperto da cupola, con funzioni di battistero, e un secondo, degli inizi del sec. 12°, con la sopraelevazione a opera di Pagano e Rodelgrimo (Petrucci, 19763); o ancora una prima fase della prima metà del sec. 12° e una seconda degli inizi del 13° (Calò Mariani, 1978, p. 871).Ascrivibili a età medievale, nonostante le posteriori trasformazioni, sono le chiese di S. Antonio Abate e di S. Benedetto, nonché la chiesa e convento di S. Francesco. La prima, costruita tra la fine del sec. 12° e gli inizi del 13°, è a navata unica con volta a botte; nel portale scolpito si trovano precisi rimandi alle decorazioni vegetali del portale di S. Maria Maggiore (Calò Mariani, 1991, p. 55). La chiesa di S. Benedetto (già S. Giovanni Evangelista), esistente nel 1101, ubicata nei pressi delle mura, fu rifatta per volere della principessa angioina Agnese di Durazzo intorno al 1342, come attesta un'iscrizione sul portale, riccamente scolpito e di tipo goticizzante, che richiama esemplari abruzzesi e molisani. L'interno conserva di originario il coro quadrato con volta a crociera costolonata poggiante su quattro colonne i cui capitelli evocano ancora esperienze molisane (Lorusso, 1981). La costruzione della chiesa e convento di S. Francesco (1343-1352) è legata alla figura della regina Giovanna I d'Angiò. All'interno della chiesa, rifatta nel corso dei secoli, è conservato il sepolcro della regina (d'Arienzo, 1993).Sul lato occidentale dell'area su cui insiste l'abitato sorge il castello; una prima costruzione fortificata viene fatta risalire al vescovo di Benevento Orso, verso l'830-840. L'edificio oggi visibile è in parte di età aragonese, ma conserva nuclei precedenti: la torre dei Giganti, a pianta pentagonale irregolare, di età prenormanna (Azzarone, 1993; Fuzio, Simonetti, 1995, p. 263), e il circuito murario, ampliato in età normanna con l'aggiunta anche di torri angolari.Nei pressi dell'abitato, in posizione isolata, è ubicato il monastero di S. Maria di Pulsano, in stato di abbandono, legato alla figura di s. Giovanni da Matera, fondatore della Congregazione benedettina di Pulsano. All'opera dell'abate Gioele (1145-1177) risale quello che rimane dell'originaria costruzione e della decorazione scolpita. Attualmente la chiesa ha subìto un accorciamento dell'unica navata, con il conseguente arretramento della facciata, tompagnata in età imprecisata. Su questa chiusura sono stati risistemati gli elementi decorativi della facciata originaria (il portale e due finestre al piano superiore). Le decorazioni sulla facciata e le losanghe con motivi vegetali presenti sul portale d'ingresso dell'abbazia risalgono all'ultimo quarto del sec. 12° e mostrano stretti contatti stilistici sia con espressioni decorative della zona (S. Maria di Siponto) sia con altre di area abruzzese (Fossi, 1980; Milella Lovecchio, 1981).Nel Mus. della Basilica di S. Michele Arcangelo sono conservati pezzi scultorei di età paleocristiana, altomedievale e medievale provenienti dalla stessa basilica, dalla chiesa di S. Pietro e dalla vicina abbazia di S. Maria di Pulsano.Nel Mus. Devozionale sono conservate una raffigurazione in rame dorato a sbalzo di S. Michele, già datata al sec. 6°, che recenti studi preferiscono invece ascrivere alla metà dell'11°, in relazione con la presenza normanna (Bertelli, 1990a), e una croce in cristallo di rocca e filigrana dell'epoca di Federico II, uno dei pochi oggetti facenti parte del tesoro della basilica, andato disperso a causa delle numerose spoliazioni avvenute nel corso dei secoli (Angelillis, 1956, pp. 265-271). Nel salone delle conferenze sono stati collocati alcuni affreschi provenienti dalla basilica: il Custos Ecclesiae, personaggio in abiti monastici, recentemente identificato (D'Angela, 1994, p. 260) con s. Leone IX papa (1049-1054), e alcune specchiature in finto marmo di età altomedievale.
Bibl.:
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