MONTENEGRO (localmente Crna Gora "montagna nera"; A. T., 77-78)
Regione storica compresa attualmente nel regno della Iugoslavia. Il nome, d'origine veneta, traduce quello locale ed è stato assunto in tutte le lingue occidentali. Pare dovuto all'aspetto che assumono, lungamente restando in ombra, i declivî del M. Lovćen, visti da oriente e da nord, cioè da quelle che sono le plaghe originarie del paese.
Limiti ed estensione. - Non corrispondendo a quello di un territorio fisicamente ben definito, tale nome è andato riferito ad estensione variante nel tempo.
In origine corrispondeva al cosiddetto principato della Zeta (a N. e a E. del Lovćen) e si è esteso con le varie fortune di esso dal sec. XIV in poi. Le prime frontiere esattamente definite non risalgono oltre il 1858, a conclusione delle discussioni seguite alla guerra di Crimea. Il Montenegro comprendeva allora quasi soltanto il bacino della Zeta e della Morača, circa un 6000 kmq. Dopo la nuova guerra e l'effimero trattato di S. Stefano, il principato veniva esteso, in seguito alle burrascose vicende che si protrassero dal 1878 al 1880, a N., sino al Tara, all'E. e infine al S., dove con una lingua di territorio si affacciava all'Adriatico con i centri costieri di Antivari e Dulcigno (Ulcinj). In tale estensione, valutata 9840 kmq., il Montenegro rimase per un trentennio. In conseguenza delle guerre balcaniche del 1912-13 il territorio si accresceva a NE. e a E. di una striscia anche sulle due rive del Lago di Scutari, raggiungendo circa 14.180 kmq. con 435.000 ab. Ma ben presto la guerra mondiale sommergeva il piccolo stato, e, dopo cinque anni il suo territorio, riportato all'incirca nei limiti del 1912, costituiva una delle provincie del regno S.C.S. Nel 1929 anche questa sua ultima larva d'individualità veniva distrutta.
Il banato della Zeta, pur conservando il capoluogo nell'antica capitale Cettigne, straordinariamente eccentrica, si stende a comprendere la metà orientale dell'Erzegovina, il litorale raguseo con le isole di Curzola e Meleda, il circondario bosniaco di Foča, gran parte dell'antico Sangiaccato dì Novi Pazar e la metà settentrionale del paese di Kosovo, in tutto 32.322 kmq.
Struttura e rilievo. - Il nucleo originario della regione è costituito dalla Katunska Nahija, la plaga pastorale inospite che si annida sulle pendici NE. del Lovćen.
Nel Montenegro in senso largo, si possono all'incirca distinguere tre principali zone morfologiche: l'altipiano calcareo occidentale, le montagne scistose orientali e il litorale.
La prima costituisce la Crnagora propriamente detta: il ripiano è frammentato e si appoggia al Lovćen (1759 m. s. m.) che ne forma un limite naturale verso O. In un grossolano quadrato che ha gli angoli alla confluenza Tara-Piva e all'ansa de" a Tara presso Mojkovac a N., l'estremità a NO. del Lago di Scutari e all'ansa della Trebinjčica presso Trebinje a S., la prevalenza delle alte superficie calcaree pianeggianti determina un ambiente ben caratterizzato in seno alla complessità delle Dinaridi. Entro queste superficie l'idrografia carsica ha cesellato un complicatissimo intrico di cocuzzoli, creste, dirupi, alveoli e ha affondato numerosi bacini e conche chiuse (come quelle di Grahovo e Cettigne), arricchite dalla preziosa terra rossa al fondo.
Al N. tuttavia i fiumi hanno pure scavato valli a cañones, come qualche massa si leva eccezionalmente pronunciata, e anzitutto il Durmitor, che a 2534 m. s. m. costituisce la seconda vetta del territorio iugoslavo.
In questo nodo orografico possiamo dire venga a congiungersi col Montenegro occidentale quello orientale, i cosiddetti Brda (montagne), formati da creste, dorsali e cime abrupte, coperti di foresta ovunque il calcare disgregato ha lasciato apparire in luce lo scheletro di arenarie e di scisti.
In questo insieme, di una media altitudine sui 1000-1200 m. s. m., si levano alcune vette particolarmente notevoli, come lo Skulsen vrh (2296 m.) e il Kom (2466 m.).
Le due zone sono separate dalla depressione della Zeta e della Morača, col bacino carsico di Nikšić al N., le sole zone pianeggianti e parzialmente alluvionate del paese.
La terza zona, la litoranea, è separata dal resto del Montenegro particolarmente dal Lago di Scutari, antico golfo adriatico, ed è occupata da una catena calcarea costiera, culminante a 1593 m. sul mare (Rumija), che ha contribuito all'isolamento dell'interno paese antico.
Con i trattati del 1912 il Montenegro si era esteso a NE. sui ripiani dell'ex-sangiaccato occupandovi anche l'ampia conca di Pljevlja; al SE. aveva incorporato la sezione orientale delle Alpi Albanesi (Koprivnik, 2313 m.) e al di là di queste la conca di Peć e buona parte della Metohija sino a Giacova inclusa.
Idrografia. - L'idrografia del Montenegro si deve dire eminentemente carsica, col rapido smaltimento delle acque piovane attraverso estese superficie fessurate e con tutta la tipica casistica di corsi parzialmente subaerei e parzialmente sotterranei, inghiottitoi, caverne, risorgive, ecc.
Numerosissimi i laghi o stagni che occupano, in parte più o meno ampia, il fondo di quasi tutti i bacini chiusi, grandi o piccoli. Ma degni di qualche nota, oltre il Lago di Scutari, sono soltanto gli stagni di Gornje Blato, di Plavsko Blato. Reticoli idrografici d'un certo sviluppo s'incontrano soltanto fra i massicci del N. e dell'E., dove si riuniscono in alcuni notevoli corsi d'acqua (con regime torrentizio) che scendono alla volta della Sava: il Lim, il Piva, il Tara, confluenti poi a formare la Drina. Al Lago di Scutari tributa la Morača, con i suoi affluenti Cijevna da sinistra e Zeta (da destra), notevole fiume di risorgiva carsica che ha un suo primo tratto di corso nel polje di Nikšić. Emissario del lago è la Boiana, che nell'ultimo tratto servì di confine fra Montenegro e Turchia, ora fra Iugoslavia e Albania.
Clima e vegetazione. - Il litorale del Montenegro (Antivari, Dulcigno) gode delle condizioni comuni al versante dalmatico: clima mediterraneo, mite, mediocremente piovoso, atto alla vite, all'ulivo e agli agrumi.
All'interno le temperature vanno rapidamente diminuendo verso nord-est e verso l'alto con escursioni molto accentuate specialmente entro le maggiori conche.
La piovosità, molto abbondante sul declivio a mare della zona litoranea e dei più alti massicci, è notevole sul ripiano carsico occidentale, diminuisce di molto verso E. e verso N. Forte è l'innevamento al disopra dei 600-700 metri sul mare.
Le precipitazioni prevalgono complessivamente nel principio della primavera e nell'autunno inoltrato con minimi estivi molto pronunciati. Riportiamo alcuni dati di località tipiche:
Alla varietà e frammentarietà delle forme corrisponde un'accentuata varietà e frammentarietà del mantello vegetale.
Questo era probabilmente in antico assai più vistoso, ed è stato impoverito da largo e inconsulto sfruttamento, dagl'incendî e dalle guerre secolari. Si può dire che tutte le formazioni europee si succedano, anche a scarsa distanza, frammiste, nel piccolo territorio: dalla macchia tipicamente mediterranea del litorale e dai canneti melmosi sulle rive del Lago di Scutari e in qualche stagno interno, alle boscaglie di querce, alle faggete, ai boschi di pini, alle abetaie dell'alto NE., ai prati che coronano i dossi e i declivî meno scabri, ai pascoli più poveri delle dorsali e dei ripiani carsici. Prescindendo dall'orlo costiero, si può dire che una linea da SE. a NO., all'incirca lungo i limiti dei bacini della Morača e della Zeta a destra, divida il Montenegro in una zona di vegetazione mediterranea contrassegnata dalla prevalenza dei querceti (in basso) e del frassino (sui pianalti e nelle conche di NO.) e in una zona interna di vegetazione centro-europea, in cui prevalgono pascoli poveri in alto, faggete e abetaie sui fianchi delle valli.
Popolazione. - Seguire lo sviluppo della popolazione attraverso il tempo con qualche esattezza di dati non è possibile, neppure per l'ultimo secolo, sia per i continui successivi spostamenti dei confini, sia per la deficienza e la discordanza dei materiali informativi. Nel 1882 la popolazione del Montenegro era valutata dallo Schwarz in 160.000 ab., mentre il dato corrente era di 230.000. Nel 1900 le autorità del principato ne valutavano la popolazione in 311.564 individui (di cui 293.527 ortodossi, 12.493 musulmani e 5544 cattolici). Alla vigilia delle guerre balcaniche veniva dichiarata una cifra di 285.000. La diminuzione era spiegata con la forte emigrazione, che nel primo dodicennio del secolo XX aveva sottratto in media almeno 5000 individui annualmente, sottrazione solo in parte compensata dalla forte natalità. Il settennio di guerre seguito ha pure concorso a deprimere la popolazione, che, al primo censimento regolare, condotto in questo paese dalle autorità serbe nel 1921, risultò di appena 199.857 abitanti.
Le stesse autorità assumevano per il 1910 un dato di 238.423 abitanti nei limiti del medesimo territorio censito, stabilendo così una diminuzione di oltre il 16%, la massima fra tutte quelle delle provincie S.C.S. (vecchia Serbia 13,6%).
La grandissima maggioranza era ed è di Montenegrini, parlanti serbo-croato e professanti l'ortodossia, oggi nella chiesa nazionale serba. Stando al censimento 1921 i Serbi (Montenegrini) erano oltre il 90%, gli Albanesi l'8% e i rimanenti Sloveni, Italiani, Tedeschi, altri Slavi, zingari, ecc. Probabilmente la cifra degli Albanesi era inferiore al vero e superiore quella dei Serbo-Montenegrini, come appare anche solo considerando che musulmani si dichiararono l'11,5% degli abitanti e cattolici il 4%.
La popolazione vive tipicamente aggruppata in piccoli villaggi, sia per ragioni di ambiente naturale sia per ragioni storiche facilmente comprensibili. Buona parte di essa pratica il nomadismo transumante.
I centri più notevoli sono Podgorica, con più di 10.000 ab. e Nikšić, con poco meno. Il capoluogo, Cettigne, era rapidamente cresciuto dai 3200 ab. nel 1900 a oltre 5000 nel 1912 e 8982 nel 1931, ma non ha mai esercitato funzioni di agglomeramento demografico-economico vero e proprio.
I centri costieri di Antivari (Bar) e Dulcigno (Ulcinj) contano circa 5000 abitanti.
Condizioni economiche. - Povero e ingrato il suolo, in cui su tanta estensione rapidamente si disperdono le piogge torrenziali, difficilmente irrigabile quindi o riducibile a coltura salvo che al fondo dei bacini e delle conche carsiche e nella breve piana della Zeta.
Il cereale più diffuso è il mais in tutta la Crnagora propria e nelle vallate e conche delle altre zone. Nelle terre alte del NE. prevale l'orzo. Intorno al Lago di Scutari e nella valle della Zeta si diffonde abbastanza ricca la coltura della vite e quella del tabacco.
Diffuso dappertutto l'allevamento ovino e caprino, quasi ovunque con la pratica della transumanza, particolarmente intensa fra le conche basse e le terre alte del NE. Risorse ancora notevoli presentano le foreste del NE., tuttavia malamente sfruttabili per deficienza di comunicazioni. Qualche risorsa carbonifera appare nella valle della Rijeka e intorno a Dulcigno; minerali di ferro forse sfruttabili intorno a Podgorica.
L'industria si riduce alla fabbricazione di lanerie grossolane e di qualche prodotto tipico tradizionale (lavori in cuoio e pelli, tappeti). A Podgorica esiste una manifattura di tabacchi.
Il Montenegro esportava dai piccoli porti di Pristanj (Antivari) e Dulcigno legnami, pesci salati, pelli gregge. Il traffico, che aveva luogo massimamente con la costa fronteggiante italiana, è ridotto dopo la guerra mondiale quasi soltanto ad esigui scambî con l'interno iugoslavo e col più prossimo litorale dalmata.
Le comunicazioni, malgrado gli sforzi del regno di Nicola e quelli recenti del regime iugoslavo, sono tuttora piuttosto deficienti. Di linee ferroviarie non v'è che una a scartamento ridotto da Antivari a Virpazar, sul Lago di Scutari: questo è percorso da piccoli battelli. Delle vie ordinarie la principale rimonta da Dulcigno e Antivari a Virpazar indi a Rijeka e Cettigne, poi volge a Danilovgrad, risale la Zeta, passa nella conca di Niksić e di qui a nord. L'accesso a Cettigne dal mare è tuttavia più breve da Cattaro, per la pittoresca via che sale la parete del Lovćen. Una terza via importante sale dalle Bocche di Cattaro a Grahovo, confluendo poi con largo giro a Nikšić.
Nodo delle strade del Montenegro orientale è Podgorica, cui va una diramazione dell'Antivari-Cettigne da Rijeka e donde si dipartono strade al Lago di Scutari, a Danilovgrad e a Kolašin lungo la Zeta e la Morača, e da Kolašin a Peć.
Servizî regolari automobilistici congiungono oggi tutti questi centri principali.
Bibl.: A. Schwarz, Montenegro, Lipsia 1883; K. Hassert, Reise durch Montenero, Vienna 1893, e numerosi articoli su riviste, fra i quali Die Landschaftsformen von M., in Petermann's Mitteilungen, 1894, fasc. 2; Die räumliche Entwicklung Montenegros, ibid., 1910, fasc. 2, ecc.; A. Baldacci, Crnagora, Memorie di un botanico, Bologna 1897; id., Nel Montenegro sud-orientale, in Boll. R. Soc. geogr. ital., 1902, fasc. II-III; id., Nel paese dei Cem, ibid., 1903, fasc. VI, VIII, X, XI, 1904, fascicoli II, III, IV; S. Cvijić, Morphologische und glaziale Studien auf Bosnien, der Herz. und M., Vienna 1900 e 1901; Vinassa de Regny, La géol. du M., ecc., in Comptes rendus du IXe Congrés Géol. Int. (v. anche Boll. Soc. geolog. italiana, 1902); N. Krebs e F. Baum, Die Kriegsschauplätze auf der Balkanhalbinsel, Lipsia 1916; J. Dedijer, La transhumance dans les pays dynariques, in Annales de géogr., 1916; K. Kayser, Westmontenegro, Stoccarda 1931.
Le migliori carte topografiche del territorio montenegrino, e le più facilmente accessibili, sono tuttora quelle dell'I. R. Istituto geografico militare di Vienna: quelle al 75.000 della monarchia e dei territorî occupati (la quale si estende all'interno Montenegro nei limiti anteriori al 1912) e quella al 200.000 dell'Europa centrale.
Storia.
Piena di contrasti è nel Medioevo la terra nella quale, più tardi, si formò il principato di Montenegro. Risparmiata nel sec. VII dalle invasioni avaro-slave, vi permase forte l'elemento latino. Centro politico ne era la città di Doclea (alla confluenza della Zeta nella Morača) da cui ebbe anche nome tutta la regione. Oscurissima ne è la storia dal sec. VII al X. Dobbiamo immaginarla nel nesso dell'impero bizantino, con popolazione in prevalenza latina, circondata e premuta ai lati da popolazioni slave e albanesi, e aperta verso il mare a influenze italiane. L'avanzare slavo da oriente determina nell'alto Medioevo la decadenza e l'abbandono di Doclea. Col cadere della città muta anche il nome della regione che dal sec. XII incomincia a chiamarsi Zeta, dal nome del fiume che l'attraversa. Appena sul finire del sec. X riusciamo a cogliere i primi segni del formarsi d'un organismo politico: il principato di Doclea, con centro a Scutari, durato sino al 1215.
Per quanto questo organismo possa essere considerato il primo germe da cui più tardi si sviluppò il regno di Serbia, l'impronta politica ne è prevalentemente latina e occidentale. In continuo contatto con gli stati adriatici, normanno, svevo, angioino e veneziano, esso ne subisce continuamente e fortemente l'influenza. V'è anzi un momento (1208) in cui riconosce la sovranità di Venezia. Occidentali e latine ne sono anche tutte le manifestazioni culturali e i prodotti letterarî: la leggenda del santo principe Vladimiro (morto nel 1016) e la cronaca del prete Diocleate (1160-1180). D'istituzione romana, seppure scismatica, è l'arcivescovato di Antivari, eretto nel 1089 dall'antipapa Clemente III.
A partire invece dal 1215, quando Scutari viene presa dal re di Serbia Stefano, primo coronato, la Zeta soggiace alla sovranità e all'influenza orientale serba, che si fa sentire specialmente nel campo religioso. Ma difficile ne è per i Serbi il governo e impossibile l'assorbimento. Durante tutto il sec. XIII e la prima metà del XIV continui impeti di rivolta attraversano la regione, sì che quando, dopo la morte di Stefano Dušan il Forte (1355), il regno di Serbia comincia a disgregarsi, la Zeta quasi automaticamente riprende a vivere di vita politica propria. Già nel 1360 ne troviamo al governo i Balsa, signori d'origine latina, che a poco a poco estendono i loro dominî sin quasi a Cattaro e a Valona. Ma, quasi contemporaraneamente alla loro ascesa, v'è una potente ripresa della politica veneziana, ed entra in giuoco il formidabile fattore politico della espansione turca. Il cozzo di queste due forze finisce con lo stritolare lo stato dei Balsa. Venezia se ne avvantaggia ottenendo nel 1396 dal Balsa Giorgio Stratimirović, che più non poteva difenderlo dagli assalti turchi, il territorio da Scutari al mare. I Balsa si estinguono nel 1421 e sul terreno rimangono a contendere Veneziani e Turchi. Il consenso delle popolazioni è per Venezia, che durante quasi tutto il sec. XV tiene vittoriosamente il campo.
È verso la metà del sec. XV che, come aderente di Venezia, si afferma e si fa luce la dinastia dei Crnojević (Neri) dal nome dei quali la Zeta superiore (l'inferiore era caduta in mano dei Turchi) prende il nuovo e definitivo nome di Crnagora (Montenegro). Con loro incomincia anche la storia del Montenegro vera e propria. Nel 1452 la repubblica di Venezia, investendo dell'ufficio di capitano e duca della Zeta superiore Stefano Crnoiević, ne scrive la prima pagina. Stefano, con l'aiuto e la collaborazione della repubblica, consegue contro i Turchi e gli Slavi loro vassalli continui successi. Alla sua morte (1465) è non solo fortemente rialzato il prestigio di Venezia nel vicino Oriente, ma sono ormai anche delineate la fisionomia politica e la missione storica del Montenegro: saldo organismo statale autonomo che, sotto l'alto patronato di Venezia, quando tutto intorno è schiavitù e islamismo, si esalta combattendo per l'indipendenza e il cristianesimo. L'isolamento e la primordialità degli ordinamenti, non che essere cause di debolezza, ne costituiscono la forza. A Stefano succede Giovanni Crnojević (1466-1490) al quale toccò di sostenere gli urti più tremendi: vittorioso nel 1473, per cui gli fu conferito il patriziato di Venezia, dovette, nel 1479, dopo l'epica ma sfortunata difesa veneziana di Scutari, abbandonare la sua terra e riparare a Venezia. Ma nel 1481 vi ritorna e, se pur in proporzioni minori, ricostituisce lo stato: in luogo di Žabljak, abbandonata, pone la sua residenza a Cettigne, dove fonda nel 1484 il monastero della Natività della Vergine, sede sua e del vladika (metropolita). Dal 1490 al 1496 è al governo Giorgio, figlio di Giovanni. Nel 1496 un suo atto d'improntitudine per poco non riaccende la guerra fra il Turco e la repubblica, per cui questa lo richiama a Venezia e ve lo trattiene conferendo il governo del Montenegro a suo fratello Stefano (1496-1499). La guerra deprecata scoppia però ugualmente. Nel 1499 i Turchi irrompono nel basso Montenegro, prendono Cettigne, imprigionano e depongono Stefano. I Crnojević, tra i quali avevano incominciato a serpeggiare dissensi familiari, si disperdono tra Venezia e Costantinopoli. Il ramo veneziano si estingue nel 1636. Di quelli passati a Costantinopoli è ricordato Scanderbeg Crnojević, che, come sangiacco turco, governò il Montenegro dal 1514 al 1528.
La conquista turca non piega però gli animi della popolazione, né disgrega completamente quell'unità politica che specialmente nel sec. XV s'era andata formando. I Turchi, vittoriosi, occupano e possono mantenersi soltanto nella parte bassa del Montenegro. Le popolazioni, rotte a ogni disagio, praticissime della montagna, insofferenti del giogo turco, si ritraggono nelle zone montuose e particolarmente nella impervia e inaccessibile regione dei Brda (montagne) dove, proibendo ai Turchi ogni accesso e ogni esercizio di dominio, si mantengono, a prezzo di continui sacrifici di sangue, pienamente indipendenti. Per quasi due secoli i Montenegrini vivono pressoché tagliati fuori della storia, organizzati patriarcalmente in pleme (tribù) a capo delle quali stanno dei vojvode (comandanti), riconoscendo soltanto la dipendenza spirituale dal vladika di Cettigne. La riscossa della cristianità contro i Turchi li fa rientrare nella storia, anche questa volta a lato di Venezia. Nel 1684 Austria, Polonia, Venezia e la Santa Sede stringono la Lega Santa. Le tribù del Montenegro insorgono e proclamano la sovranità di Venezia. Le truppe della repubblica entrano nel 1688 a Cettigne. La guerra però finisce senza che Venezia riesca, nel trattato di Carlovitz (1699), a far si che le aspirazioni montenegrine siano soddisfatte. Spetta ai vladika della casa Petrović-Niegoš il merito di averle in pieno realizzate.
Prima dei Petrovič la dignità di vladika non era ereditaria né comportava esercizio di potere politico. Con Danilo, eletto nel 1700, non senza una base storica e giuridica, questa dignità assume l'una e l'altra caratteristica. Da lui s'inizia la forma di governo teocratica, perfettamente consentanea con le tradizioni storiche del Montenegro e con lo spirito della sua gente, che sin dai tempi di Giovanni Crnojević era abituata a vedere nel monastero della Natività della Vergine di Cettigne la sede dove, in regime di libertà, veniva esercitato l'uno e l'altro potere. Sotto Danilo la tradizionale politica antiturca assume forme ancora più nette e intransigenti. Al 1709 risale, se pure da alcuni contestato, il Vespro montenegrino che libera il paese da ogni elemento turcofilo. Nel 1711, accogliendo l'invito di Pietro il Grande di Russia, allora in guerra con i Turchi, Danilo prende le armi. Ma dopo l'insuccesso russo al Prut, si scatenano contro i Montenegrini due gravi spedizioni punitive turche (1712-1714). Il vladika è costretto a riparare in territorio veneziano. Si reca in Russia per ottenere protezione e risarcimenti, ma torna con soli 10 mila rubli, qualche promessa e molte belle parole. Tuttavia è da questi contatti che ha inizio nella vita e nella politica montenegrina quell'atteggiamento di russofilia che nei secoli seguenti ne costituirà una delle note più caratteristiche. Nel 1717-18, sempre contro i Turchi, Danilo è alleato di Venezia che, ancora una volta, afferma una specie d'altissimo protettorato sul Montenegro inviando a lato del viadika un governatore con funzioni civili e militari.
Danilo muore nel 1735 e gli succede, per elezione, il nipote Sava. Il suo lunghissimo governo (1735-82) è caratterizzato dal contrasto tra la tendenza politica russofila e la venetofila. Sava rimane fondamentalmente fedele a Venezia, ma, di natura docile e pia, tutto dedito alla religione, non riesce a far valere sé stesso né la sua politica. Avviene così che del governo s'impadronisca un suo parente, il vladika Basilio (1752-1766), intrigante, ambizioso e simulatore che sa molto bene sfruttare le diffuse simpatie che la popolazione aveva per la Russia. Morto Basilio, sempre vivente Sava, compare sulla scena della storia montenegrina un'enigmatica figura di avventuriero, noto sotto il nome di Šćepan Mali (Stefano il Piccolo), che, spacciandosi per lo zar Pietro III di Russia e continuando le direttive politiche di Basilio, riesce, pur con l'avversione della Russia e di Venezia, a dominare nel Montenegro sino al 1773. Anche dopo la scomparsa di Šćepan Mali, Sava non può riprendere le redini del governo, esercitato dai governatori, membri della famiglia Radonić, i quali, continuando quasi i governatori veneziani, avevano fatto di questo ufficio una prerogativa ereditaria della loro famiglia.
Tutto diverso da Sava è il forte temperamento politico di Pietro I (1782-1830). Egli comincia con l'affermare nell'interno il potere del vladika di fronte ai governatori e all'esterno affronta, e nella sanguinosa battaglia di Krusa (1796) sconfigge e toglie di mezzo, il pascià scutarino Maḥmüd Bushātī, nemicissimo del Montenegro.
Dal 1797 al 1814 tutti i suoi sforzi sono concentrati ad ottenere le Bocche di Cattaro, che dopo la caduta della Repubblica di Venezia erano rimaste senza sovrano. Per ottenerle il vladiha si batte valorosamente a lato della Russia contro i Francesi, specialmente nelle guerre della V e VI coalizione, ma nulla può conseguire, ché il Congresso di Vienna nel 1815 le assegna all'Austria. A Pietro I si deve la prima codificazione del diritto montenegrino, avvenuta nel 1798 con la promulgazione dello Zakonik.
A Pietro I succede Pietro II (1830-51), più comunemente noto sotto il nome di Vladika Rade. Pochi e di poca importanza gli avvenimenti politici del suo governo. Ma vivissimo e illuminato fu il suo lavoro di riorganizzazione e, quasi, di civilizzazione interna. Istituì il senato e la guardia; e organizzò i primi uffici e dopo avere, con qualche resistenza, introdotte delle lievi imposte, fece che si compilassero i primi bilanci dello stato; aprì le prime scuole ed eresse una tipografia; costituì il konak (residenza del vladika); chiamò dotti di fuori a visitare e a dimorare nel Montenegro, e inviò Montenegrini ad educarsi all'estero; amantissimo degli studî, e specialmente della poesia, li promosse in ogni modo. Nel ventennio del suo governo il Montenegro mutò co: npletamente volto e da organismo semipatriarcale che era assunse forme d'uno stato vero e proprio.
Danilo II, succedendo allo zio Pietro II nel 1851, si spogliò della dignità episcopale e assunse il titolo di principe (gospodar, veramente: "dominus"); si recò a Pietroburgo dove fu riconosciuto nella sua nuova qualità e ottenne larga promessa d'appoggio. Tornato in patria, mosse contro i Turchi, i quali reagirono energicamente mettendolo in posizione assai critica. L'Austria, temendo che la Russia volesse suscitare nuove complicazioni nei Balcani, intervenne presso la Sublime Porta e la indusse a sospendere le ostilità e a fare qualche concessione a Danilo. Nel 1858 i Montenegrini, sostenuti dalla Francia, ripresero le armi e accamparono nuove pretese territoriali contro i Turchi, che batterono a Grahovo: la Francia e la Russia s'interposero a Costantinopoli in loro favore e il sultano dovette accedere alle loro richieste.
Il 13 ag. 1860 Danilo II fu assassinato per vendetta prlvata. Gli succedette il nipote Nicola, il quale nel 1862 difese di nuovo il paese contro un tentativo d'invasione turca. Ristabilita la pace, iniziò una trasformazione dell'esercito e istituì le prime scuole secondarie avvalendosi di sovvenzioni finanziarie fattegli dalla Russia. Nel 1869 trattenne il suo popolo dall'appoggiare la rivolta dei Krivošije contro l'Austria; ma quando nel 1875 la Bosnia e l'Erzegovina insorsero contro i Turchi, s'intese col principe Milano di Serbia per appoggiare la rivolta: riuscì ad occupare Nikšić nell'interno e a raggiungere il mare ad Antivari, ma nel novembre dovette concludere un armistizio e rimettersi alla decisione delle grandi potenze.
Il trattato di Santo Stefano (3 marzo 1878) riconobbe l'indipendenza del Montenegro, a cui attribuì tutto il territorio compreso fra la Drina, la Lim e le Alpi dell'Albania settentrionale fino al Lago di Scutari. Il trattato di Berlino (13 luglio 1878) confermò il riconoscimento dell'indipendenza, ma ridusse considerevolmente gl'ingrandimenti territoriali. A est la sua frontiera, anziché la Lim, seguì la Tara fino a Mojkovac continuando poi sul monte Mokra e a sud comprese ancora Plava e Gusinje. Il trattato di Berlino stabilì inoltre (art. 29) che Antivarì e il resto della costa montenegrina non potessero essere fortificati; che il porto di Antivari e tutte le acque del principato, al quale non si concedeva la costruzione d'una flotta militare, fossero preclusi alle navi da guerra di qualsiasi stato, all'infuori dell'Austria-Ungheria, la quale veniva incaricata di esercitarvi la polizia marittima e sanitaria.
La popolazione albanese musulmana di Plava e di Gusinje oppose tuttavia così accanita resistenza che il Montenegro non poté mai prenderne possesso: con decisione ulteriore delle grandi potenze (18 aprile 1880) quelle due città furono quindi lasciate alla Turchia, e al Montenegro fu invece attribuito Dulcigno; ma anche a ciò la popolazione locale si oppose e non cedette se non in seguito a una dimostrazione navale d'una flotta internazionale.
Dopo d'allora il Montenegro rimase in pace per trent'anni.
Il principe Nicola assunse nel 1900 il titolo di altezza reale e il 28 agosto 1910 quello di re. Per mezzo del matrimonio delle sue figlie, si assicurò larghe aderenze in varie corti d'Europa: la principessa Zorka sposò nel 1883 il principe Pietro Karagjorgjević, che divenne poi re di Serbia; la principessa Milica sposò nel 1889 il granduca Pietro Nikolaevič di Russia; la principessa Elena sposò nel 1896 Vittorio Emanuele di Savoia, principe di Napoli, poi re d'Italia; la principessa Anastasia, già maritata al duca di Leuchtenberg, sposò nel 1907 il granduca Nicola Nikolaevič di Russia. Lo zar Alessandro III chiamò il principe Nicola il suo solo e fidato amico; ma in realtà questi seppe abilmente mantenere contatti anche col sultano e con Vienna. Al principio del secolo XX cominciò nel Montenegro una notevole penetrazione economica italiana: un sindacato italiano, trasformatosi poi in Compagnia d'Antivari, ottenne dapprima la concessione del monopolio dei tabacchi e in seguito quelle della costruzione e dell'esercizio del porto d'Antivari e della ferrovia da Antivari a Virpazar e della navigazione sul Lago di Scutari.
Nel 1905 Nicola emanò una costituzione che comprendeva anche un'assemblea legislativa; ma, in realtà, il suo potere personale rimase sempre assai considerevole.
Finché la dinastia degli Obrenović, ossequiente ai dettami di Vienna, rimase sul trono di Belgrado, il principe Nicola fu considerato come il campione della causa nazionale serba: egli sperò anche che la sua famiglia potesse succedere agli Obrenović, qualora re Alessandro fosse morto senza eredi. Ma dopo l'assassinio di quest'ultimo e il ritorno dei Karagjorgjević in Serbia (1903), si delineò fra Cettigne e Belgrado, nonostante la stretta parentela delle due case regnanti, una rivalità piuttosto viva, la quale culminò nel 1908 nel famoso processo delle bombe. Tuttavia al momento dell'annessione della Bosnia-Erzegovina il Montenegro partecipò, seppure con maggiore prudenza e accortezza, all'agitazione austrofoba che aveva il suo centro in Serbia. Più fortunato di questa, ottenne poi, specialmente per l'iniziativa del ministro degli Affari esteri italiano Tittoni, l'abolizione dell'art. 29 del trattato di Berlino, cioè delle disposizioni che limitavano, a favore dell'Austria-Ungheria, la sua sovranità sulle sue coste e sulle sue acque territoriali.
Al principio del 1912 il Montenegro partecipò, insieme con la Serbia, con la Bulgaria e con la Grecia, all'alleanza balcanica e nell'ottobre 1912 esso fu il primo a dichiarare la guerra alla Turchia, iniziando le guerre balcaniche (v. balcaniche, guerre). Nel 1913 si impadronì di Scutari e si rifiutò di sgombrarla alle intimazioni delle grandi potenze, le quali ve lo costrinsero poi mediante una dimostrazione navale. Con la pace di Bucarest (10 agosto 1913), la Serbia e il Montenegro si spartirono il sangiaccato di Novi Pazar e vennero quindi a contatto immediato. Ciò contribuì ad aumentare la rivalità fra loro a tutto scapito del secondo, il quale, molto più piccolo e più povero, era fatalmente destinato a soccombere. Fin dall'inizio della guerra mondiale il re Nicola fece, apparentemente, causa comune con la Serbia contro l'Austria-Ungheria: ma il suo atteggiamento non fu mai completamente chiaro. Al momento dell'avanzata degl'Imperi centrali nella Penisola Balcanica, l'esercito montenegrino non oppose sul Lovćen che una debole resistenza.
Nicola lasciò il paese insieme col principe Danilo e, dopo avere rapidamente attraversato l'Italia, andò a stabilirsi in Francia. Suo figlio Mirko si arrese agli Austro-Ungarici (25 gennaio 1916) e morì in un sanatorio austriaco nel 1918.
Il 12 novembre 1918 l'assemblea nazionale di Podgorica proclamò la deposizione della dinastia dei Petrović e l'unione del Montenegro alla Serbia. Tale unione non fu riconosciuta dal re Nicola e le principali potenze, nel fissare col trattato di Sèvres (10 agosto 1920) le frontiere del nuovo stato serbo-croato-sloveno, lasciarono la questione aperta. Dopo la morte del re Nicola (1° marzo 1921) il principe Danilo rinunziò ai suoi diritti eventuali in favore del principe Michele, figlio primogenito del fratello Mirko. Ma la conferenza degli ambasciatori riconobbe l'unione del Montenegro al regno dei Serbi, Croati e Sloveni, con la sua decisione del 13 luglio 1922.
Bibl.: G. Chiudina, Storia del Montenero (Crnagora) da' tempi antichi fino a' nostri, Spalato 1882; F. Miklosich, Die serbischen Dynasten Crnojević, Vienna 1886; Il Montenegro da relazioni dei Provveditori Veneti (1687-1735), Roma 1896; C. A. Levi, Venezia e il Montenegro, Venezia 1896; E. Barbarich, Pagine di storia militare veneto-montenegrina, estr. da Rivista militare italiana, Roma 1896; G. Geluich, La Zedda e la dinastia dei Balsidi, Spalato 1899; P. Sticotti, Die römische Stadt Doclea in Montenegro, Vienna 1913 (Schriften der Balkankommission, VI); L. v. Thallóczy, Illirisch-albanische Forschungen, voll. 2, Monaco 1916; P. Chotch, Bibliografia del Montenegro, Roma 1925; F. Šišić, Letopis popa Dukljanina (La cronaca del prete Diocleate), Belgrado 1928. Assai ricca è la bibl. serba sul Montenegro, ma va adoperata con cautela data la tendenza degli storici serbi a svalutare gli elementi che costituirono del Montenegro uno stato indipendente. Ricorderemo tuttavia: Gj. Popović, Istorija Crne Gore (Storia del Montenegro), Belgrado 1896.