MONTEOLIVETO Maggiore
Abbazia situata in provincia di Siena presso Buonconvento, su un'altura dominante le crete senesi. Adombrata di fitti e secolari cipressi, coronata d'ulivi, appare di lontano la chiesa col campanile gotico e una lunga linea di fabbricato massiccio, irregolare, a più file di finestre alte e strette, alternate a loggette con colonne. Monteoliveto è abbazia nullius, immediatamente soggetta alla S. Sede. Si regge singulari iure, a norma del diritto canonico (Can. 319, g. 2), in virtù della costituzione di Clemente XIII del 18 gennaio 1765.
Fu fondata nel 1319 nella valle dell'Ombrone in territorio allora aretino, in un possedimento della famiglia Tolomei chiamato Accona, per opera di Giovanni (Bernardo) di Mino Tolomei, di Ambrogio di Nino Piccolomini e di Patrizio di Francesco Patrizi, di Siena. La fondazione fu approvata dal vescovo di Arezzo, Guido Tarlati dei Pietramala, e l'istituzione monastica, professante la regola di S. Benedetto, fu confermata da Clemente VI il 21 gennaio 1344.
Il monastero costituito fin dall'origine capo e centro di altri che sorsero numerosi in varie città d'Italia, fu chiamato Monteoliveto Maggiore per distinguerlo dagli omonimi di Firenze, di San Gimignano e di Napoli, sorti dopo e soggetti a questo. Fu ed è residenza abituale dell'abate generale dell'ordine benedettino di Monteoliveto e del suo consiglio. Da lui e da questa abbazia, nei tempi di maggior vita dell'ordine, dipendevano un centinaio di monasteri con oltre millecinquecento monaci. Pio II, che nel settembre 1462 visitò Monteoliveto, ne ha lasciato una breve ma chiara descrizione nei suoi Commentarî.
Fa da ingresso al sacro recinto una prospettiva di palazzotto medievale con torre merlata recentemente ricostruita e, sull'arco della porta, una grande terracotta con la Vergine patrona dei monaci, terracotta che, come quella dell'andito interno raffigurante S. Benedetto, appartiene a un seguace di Andrea della Robbia. Un largo viale conduce al convento e tutt'intorno appaiono piccole cappelle fra le quali quella di Santa Francesca Romana, del Beato Bernardo e di Santa Scolastica ch'è la più antica di tutte.
La chiesa principale non è più quella che i fondatori elevarono parvissima; costruita invece attorno al 1417, ci presenta oggi disaccordo di linee perché rimaneggiata nel periodo barocco, quando le fu aggiunta l'abside poligonale e vennero chiuse le finestre ogivali per le brutte aperture quadrangolari. Rimangono il campanile gotico e l'elegante portale con l'arco di scarico sovrastante l'arcata a tutto sesto. L'interno ha forma di croce ed è mirabile soprattutto per i suoi stalli, opera di tarsia, intaglio e commettitura di fra Giovanni da Verona olivetano. La cappella laterale del Crocifisso ha discrete pitture di Raffaello Vanni. Dall'antico capitolo, con Madonna marmorea della bottega di Mino da Fiesole, si entra nel chiostro grande i cui affreschi formano uno dei cicli più considerevoli della pittura italiana del '500. Fu chiamato a dipingerlo nel 1497 Luca Signorelli, e nel 1505 Giov. Ant. Bazzi da Vercelli. Sono episodî della vita di S. Benedetto (molto ineguali per valore estetico anche se dello stesso autore) e fra i 9 affreschi del Signorelli e i 26 del Sodoma ce n'è uno mediocrissimo e stonante del Riccio. Il Signorelli esprime in essi la vita con gagliarda visione della forza, con salda struttura delle figure, dandoci l'immediata impressione del movimento e dell'azione. Il Sodoma si ammira invece per la chiarezza pacata dell'insieme, la bellezza, l'eleganza pittorica delle forme, la luminosa ampiezza degli ambienti e dei paesaggi. Sulle pareti dell'arcata di passaggio dal capitolo al chiostro, altri due affreschi del Sodoma: Gesù legato alla colonna e Gesù sotto la croce.
Una scala che dal chiostro mediano sale al primo piano, ha nella parete la mal ridotta Incoronazione della Vergine, sempre del Sodoma. La porta d'accesso alla grande biblioteca (a tre navate con colonne) è finissima opera a intarsio di fra Giovanni da Verona. Esiste un terzo piccolo chiostro, a pilastri ottagonali e a un solo piano, forse architettonicamente il più suggestivo, che serve di passaggio all'infermeria.
V. anche: abbazia, I, tav. V; benedettini, VI, tav. CLIV; giovanni da verona, XVII, p. 265, fig.; italia, XIX, pagina 992, fig.
Bibl.: S. Lancellotto, Historiae Olivetanae libri duo, Venezia 1623; G. Perini, Lettera sopra l'archicenobio di Monte Oliveto Maggiore, Firenze 1878; G. Thomas, l'abbaye de Monte-Olivet Majeur, Firenze 1881; Antonii Bargensis Chronicon Montis Oliveti, ed. P. Lugano, Firenze 1901; P. Lugano, Origine e primordi dell'ordine di Montoliveto, Siena 1903; L. Perego, Guida illustrata di Monteoliveto Maggiore, Siena 1903; P. Lugano, l'Italia benedettina, Roma 1929, pp. 519-593 (con bibliografia).