CIMINI, MONTI (A. T., 24-25-26)
Con questo nome si designa fin dall'antichità classica (Cimīnus Mons) un gruppo di rilievi che si elevano nel Lazio settentrionale, a sud-est di Viterbo, e rappresentano un apparato vulcanico quaternario, estinto da tempo.
Il Monte Cimino fino a quasi tutto il sec. IV a. C. segnò il confine tra l'Etruria ormai sottomessa all'influenza romana e quella che era tuttora libera. Così quando le truppe del console Quinto Fabio Rulliano (poi detto Massimo) nel 310 a. C. superarono la selva, scendendo poi nelle ricche regioni dell'Etruria interna, segnarono una data rimasta celebre nella storia di Roma e che fu rievocata anche dal Carducci nell'ode: Alle fonti del Clitunno. Livio (IX, 36), accusato però dal Hülsen di retorica. parla dell'orrore di questa selva, anche più impervia di quanto, poco prima dei suoi tempi, erano le selve della Germania.
Il rilievo cimino si divide in due gruppi: a) il Monte Cimino vero e proprio, che è la vetta più elevata (1053 m.), e i monti che lo circondano: La Palanzana (con 3 cime, 802 m.), S. Valentino (714 m.), Montalto (770 m.), Motterone (con 3 cime; 781 m.), ecc.; b) il vulcano di Vico, che forma un anello continuo intorno al lago omonimo, culminando, a ovest, nella dorsale di M. Fogliano (963 m.), mentre a nord raggiunge gli 896 m. nel Poggio Nibbio; le sezioni orientali e meridionali sono le meno elevate, e all'angolo sud-est si ha la maggiore depressione in corrispondenza all'emissario del lago. Il vulcano andesitico del Cimino rappresenta, secondo le ricerche del Sabatini, il più antico apparato eruttivo, oggi in buona parte demolito, talché non vi si possono riconoscere con sicurezza recinti craterici; su di esso si sarebbe sovrapposto, in parte, il più recente vulcano di Vico, la cui cinta craterica è invece perfettamente conservata, nel sopra ricordato anello; internamente a questa si trova un cono ancor più recente, il Monte Venere, a tre cime (834 m.). Il lago riempiva un tempo tutto il cratere del vulcano di Vico, girando attorno al Monte Venere, e fu prosciugato nella parte settentrionale in seguito all'apertura dell'emissario (v. vico, lago di). I due apparati hanno emesso lave in misura limitata, mentre i materiali di esplosione (tufi) si sono diffusi larghissimamente, a oriente fino al Tevere, a ovest fino a breve distanza dal mare. Da entrambi i lati la platea tufacea è oggi profondamente incisa da fossi e torrenti, tributarî del Tevere, o affluenti direttamente al mare; nel fondo dei solchi di erosione vengono in luce i materiali sottostanti, ghiaie cementate o sciolte quaternarie, ghiaie sabbiose e argille polioceniche.
I Cimini sono ancora in parte notevole rivestiti da bei boschi, avanzi della celebre, fittissima Silva Ciminia degli antichi. Le pendici più basse sono messe a coltura, con prevalenza di uliveti (specie sul versante occidentale rivolto al mare) e di vigneti. L'interno del cratere di Vico, nell'area lasciata libera dalle acque del lago, è occupato da pascoli e disabitato. Invece i fianchi esterni del gruppo montuoso pullulano di centri abitati, alquanto simili ai Castelli Romani: Vetralla, Capranica, Ronciglione, Caprarola, Carbognano, Fabrica, Canepina, Vallerano, Vignanello, Soriano, S. Martino al Cimino, Bagnaia; e a nord-ovest, già alle radici del piano, Viterbo. Ancor più lontano dal centro dell'apparato vulcanico, su lembi della platea tufacea, limitati da solchi incassati e a pareti ripide scavate dai torrenti, spesso anzi alla confluenza di due fossi, si trovano altri centri, caratteristici per la loro posizione, che li fa rassomigliare a fortezze naturali. Così a occidente Bieda e Barbarano, a est Corchiano, Castel S. Elia, Civita Castellana e, presso il Tevere, la stessa Orte.
Bibl.: Per la Silva ciminia nell'antichità, vedi Hülsen, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III, col. 2554; H. Nissen, Ital. Landeskunde, II, Berlino 1902, p. 355. Sul gruppo dei vulcani cimini, v. V. Sabatini, I vulcani dell'Italia centrale, II: Vulcani Cimini, in Mem. descritt. della carta geologica d'Italia, XV, Roma 1912, con ricca bibliografia.