Montone
Fiume di Romagna, che nasce nell'Alpe di S. Benedetto, e scende in direzione nord-est, formando qualche cascata a causa della morfologia della zona che traversa.
Bagna alcuni centri prima di sboccare in pianura; quindi bagna Forlì e traversa la pianura in gran parte canalizzato; nei pressi di Ravenna volge verso oriente e si unisce al fiume Ronco, con il quale dà origine ai Fiumi Uniti. Il corso del M. è mutato nel passar dei secoli, per deviazioni e canalizzazioni operate dall'uomo: il Nadiani c'informa di una canalizzazione del corso inferiore operata ai tempi di D.; una deviazione, un chilometro a sud di Ravenna, fu apportata nel 1743.
Ai tempi di D. il M. era il primo, tra i fiumi che nascono nell'Appennino tosco-emiliano e che volgono verso l'Adriatico, ad avere un corso proprio fino al mare, ove sfociava a sud del Po. Oggi, procedendo dal Po di Volano verso sud, s'incontrano, prima di quella dei Fiumi Uniti, le foci del Reno e del Lamone.
D. descrive con ampi particolari il corso del M. in If XVI 94 ss., ove paragona la cascata del Flegetonte dal settimo all'ottavo cerchio a quella dell'Acquacheta (ramo sorgentizio del M.) presso S. Benedetto dell'Alpe. Procedendo dal Monviso verso oriente, il M. è il primo, tra i fiumi che nascono dalla sinistra costa, cioè dal lato settentrionale dell'Appennino, ad avere un corso proprio fino al mare; si chiama Acquacheta nel primo tratto del suo corso, prima di scendere in pianura; rimbomba, cioè origina una cascata, sopra S. Benedetto dell'Alpe.
Alcuni studiosi hanno interpretato il Monte Viso come il monte dal quale avrebbe origine il Montone. Così il Pareto ha cercato un Monviso o Monteveso nell'Appennino; lo Zardo e, tra i commentatori moderni, il Del Lungo indicano in Fonte di Monte Visi l'origine del fiume; l'Ungarelli fa derivare una voce dialettale ‛ Mon-vi ' da un Monte Levane, Monte Avane nelle carte più antiche, dal quale avrebbe origine un ramo secondario dell'Acquacheta. Ma l'interpretazione più corretta ci sembra quella che identifica il Monte Viso con il monte dal quale si origina il Po; quest'interpretazione, che si ritrova in tutti i commentatori più antichi, è oggi comunemente accettata, anche sulla scorta di quanto afferma il Bassermann (Orme 181 ss.). Né ci sembra accettabile quanto dice il Revelli (Italia 117), e cioè che " il senso dei due primi versi è, nel testo a noi pervenuto, disperato "; certamente se al v. 95 si leggesse primo anziché prima, il lavoro d'interpretazione sarebbe più agevole, ma il senso generale della descrizione dantesca è chiaro anche senza apportare la variazione da prima a primo, proposta anche dal Nadiani, alla lezione dei codici.
Altra citazione del M. è in Eg III 15 " quaque nec arentes Aries fluvialis arenas ".
Bibl. - L.N. Pareto, Cenni geologici intorno alla D.C., in D. e il suo secolo, Firenze 1865, 565; P. Nadiani, Interpretazione dei versi di D. sul fiume M.; con altri due scritterelli del medesimo autore, Milano 1894 (rec. di F. Pellegrini, in " Bull. " II [1894-1895] 106-107); G. Ungarelli, L'Acquacheta, in " Natura ed Arte " VI (1896-1897) 908-912 (rec. di E.G. Parodi, in " Bull. " VI [1898-1899] 197-198); A. Zardo, Il Canto XVI dell'Inferno, Firenze 1900 (estr. da " Rassegna Nazionale " XXII [1900]; rec. di E.G. Parodi, in " Bull. " VIII [1900-1901] 99); P. Nadiani-E. Casorati, Ricordi danteschi nella valle del M., Argenta 1904 (rec. di F. Torraca, in " Bull. " XII [1905] 70-72); M. Casella, Questioni di geografia dantesca, in " Studi d. " XII (1927) 68; O. Baldacci, I recenti contributi di studio sulla geografia dantesca, in " Cultura e Scuola " 13-14 (1965) 221.