MORATORIA
. Secondo le disposizioni contenute negli articoli 819-829 del cod. comm. italiano, la moratoria rappresentava un temperamento introdotto per evitare lo svolgimento della procedura fallimentare quando la sentenza dichiarativa di fallimento era pronunciata su istanza dei creditori o d'ufficio, o al fine di evitare la dichiarazione stessa di fallimento. Si aveva, così, una moratoria fallimentare e una moratoria prefallimentare. Essa poteva caratterizzarsi come una dilazione che la legge, ricorrendo determinati presupposti, accordava al commerciante (persona singola o società commerciale) che versasse in momentaneo imbarazzo, per metterlo in grado di soddisfare i creditori. Dato lo spirito dell'istituto, le norme sulla moratoria non trovavano applicazione se non quando vi fosse ragionevole motivo di credere che essa potesse servire al soddisfacimento integrale della massa dei creditori: doveva, quindi, dimostrarsi un'eccedenza dell'attivo sul passivo nel momento in cui la moratoria era richiesta: eccedenza, la cui valutazione era rimessa al prudente arbitrio del giudice. Inoltre, poiché la moratoria era applicabile soltanto ai commercianti che avessero osservato le norme di legge regolanti l'attività commerciale, la domanda diretta ad ottenerla non poteva essere accolta quando fosse inoltrata da commercianti che non avessero presentato i libri di commercio e quando questi non fossero risultati regolarmente tenuti.
L'istituto della moratoria, non fece buona prova. La moratoria, che non dispensava il pubblico ministero dal promuovere l'azione penale come nel fallimento e ammetteva (art. 825 cod. comm.) come modo di soluzione il concordato, pure essendo controverso se l'accordo fosse possibile anche nella moratoria anteriore al fallimento, era in realtà un istituto ibrido, il quale nella pratica, più che una vera e propria moratoria, costituiva un concordato preventivo mal disciplinato.
La legge 24 maggio 1903, abolendo le disposizioni relative alla moratoria contenute nel codice di commercio, introdusse nel diritto positivo italiano l'istituto del concordato preventivo (v.). Circostanze contingenti indussero il legislatore a far rivivere l'istituto della moratoria prefallimentare (decr. legge 28 dicembre 1921, n. 1861; decr. legge 3 gennaio 1922, n. 1, convertiti in legge 25 marzo 1926, n. 560-874), limitatamente però alle società cooperative esercenti il credito e alle società anonime o in accomandita per azioni, il cui capitale negli ultimi bilanci approvati risultasse non inferiore ai cinque milioni, e in quanto le stesse potessero giustificare, con adeguate prove, che la loro cessazione dei pagamenti era conseguenza di avvenimenti straordinarî e impreveduti, oppure altrimenti scusabili, o che concorrevano ragioni evidenti di interesse della massa creditoria. Ciò per i dissesti verificatisi non oltre il 30 giugno 1923 (decr. legge 15 marzo 1923, n. 553, art. 1).
Bibl.: L. Bolaffio, La legge sul concordato preventivo e sulla procedura dei piccoli fallimenti, 2ª ed., Torino 1904; id., Appendice al vol. VIII del Commento al codice di commercio, Torino 1915; C. Vivante, Istituzioni di diritto commerciale, Milano 1926, p. 404 segg.