MORGANTI
– Famiglia di pittori di Fano, documentati fra gli ultimi anni del XV e la seconda metà del XVI secolo.
Il capostipite, Bartolomeo, emerge per la prima volta nella documentazione d’archivio nel 1493, quando – ancora minorenne – compare in un atto notarile, mentre è del 1496 la prima testimonianza della sua attività pittorica in un documento che attesta il contratto di committenza di Malatesta Boccacci per alcuni dipinti (Boiani Tombari, 1974). In tali documenti il pittore risulta essere figlio di Matteo marescalco (appellativo derivante dall’esercizio dell’attività di maniscalco, documentata fin dal 1473, riportato come cognome Marescalco o Marescalchi nella storiografia successiva).
Tuttora irrisolta è la questione riguardante l’origine del cognome Morgante, citato per la prima volta in un documento del 1510. L. Servolini (1960), su basi puramente ipotetiche, ritiene che rapporti di parentela e di adozione o questioni di eredità, possano aver determinato la scelta di adottare tale appellativo. Più recentemente G.M. Claudi (2002) ha sostenuto che il cognome sia derivato da un pittore non meglio noto, ma neanche tale affermazione risulta suffragata da adeguati riscontri, così come priva di fondamenti storiografici è l’ipotesi di un apprendistato di Bartolomeo presso il pittore Norsino di Nicola da Norcia (Boiani Tombari, 1976).
Benché accuratamente documentate dalle fonti, non sono pervenute opere del pittore databili in epoca anteriore al 1527. Da un documento del 1504 si apprende che Bartolomeo ricevette la commissione per una tavola raffigurante i Ss. Paterniano, Agostino e Fortunato, angeli e il Salvatore, destinata alla chiesa di S. Paterniano a Fano; nel 1506 realizzò dipinti per un’altra chiesa fanese, S. Arcangelo (Dio Padre e angeli; l’Ascensione con gli apostoli; Storie di s. Benedetto); nel 1508 dipinse una tavola per l’altare maggiore della chiesa di S. Maria della Misericordia nel borgo di Cartoceto, nell’entroterra fanese; al 1510 vanno datati i dipinti, anch’essi perduti, per la cappella Biccardi nel duomo di Fano, e al 1515 la doratura di un ciborio nella stessa chiesa (Boiani Tombari, 1974; 1976).
Intensa, in questi primi anni di carriera, dovette essere l’attività di Bartolomeo anche come decoratore di stemmi e di arredi sacri, visto che la documentazione d’archivio ricorda numerosi suoi interventi pittorici nel palazzo dei Priori a Fano, tra il 1510 e il 1516 (stemmi di Giulio II e di Leone X, oltre che di vari duchi e cardinali: Montevecchi, 1984).
Stando alle risultanze d’archivio, intorno al 1520 il pittore dovette stabilirsi a Cartoceto, paese d’origine della moglie, Giovanna di Filippo Antonio Angelucci (Boiani Tombari, 1994). Allo stesso anno è datato un inventario dei beni del pittore da cui risulterebbe il nome di una sorella, Iacoba.
Perduti anche i dipinti documentati al 1523 per la chiesa di S. Maria del Soccorso a Cartoceto (una tela con il Transito, Assunzione e Incoronazione della Vergine; Montevecchi, 1984), la prima opera ascrivibile a Bartolomeo è la Madonna col Bambino e santi e la Concezione in un riquadro, destinata alla chiesa di S. Maria della Misericordia e commissionata dalla comunità locale in occasione della ricorrenza dell’Annunciazione del 1527 (ibid.). La critica è concorde nel rilevare in tale opera, situata attualmente nella chiesa di origine, criteri stilistico-formali piuttosto attardati, testimonianze di modelli raffaelleschi declinati in tono provinciale (Arcangeli, 2003; Montevecchi, 1981; 1984). Attribuita convincentemente a Bartolomeo è anche la Flagellazione della chiesa di S. Maria del Soccorso, databile allo stesso periodo, in cui una certa intensificazione drammatica, segno di evoluzione del linguaggio pittorico, coesiste con evidenti incongruità proporzionali e compositive (Arcangeli, 2003); Boiani Tombari (1976) propone di assegnare a Bartolomeo anche l’Immacolata Concezione presente nella stessa chiesa di Cartoceto, pur in assenza di ancoraggi cronologici.
In due atti notarili del 1525 e 1526 il pittore risulta come testimone ed è citato come «Morgante da Fano».
A un’epoca precedente al 1528 si fa comunemente risalire l’inizio della collaborazione di Bartolomeo col figlio Pompeo; dalla documentazione si evince che i due avevano lavorato congiuntamente agli affreschi absidali nella cattedrale di Pesaro (la Vergine col Bambino, s. Terenzio e il vescovo De Grassi) e al dipinto – firmato e datato 1528 – con la Vergine e i ss. Sebastiano e Rocco per la chiesa di S. Rocco a Pesaro, opere entrambe perdute (Servolini, 1960; Montevecchi, 1984).
Alcune novità sono riscontrabili nella cosiddetta Pala di S. Paterniano (oggi presso la chiesa di S. Paterniano a Fano), databile secondo Donnini (1977) agli anni Trenta, raffigurante la Madonna col Bambino e le ss. Caterina, Lucia, Agata e Agnese, in cui oltre agli squilibri qualitativi, ricorrenti nella grammatica stilistica del pittore, la critica ha ravvisato convergenze con le peculiarità cromatiche della pittura di maiolica (Arcangeli, 2003) e una certa propensione verso un minuzioso e prezioso descrittivismo (Montevecchi, 1984).
Sicuramente frutto di collaborazione fra Bartolomeo e il figlio Pompeo è la tavola (oggi conservata presso la Pinacoteca civica di Fano) con la Resurrezione di Lazzaro e s. Michele Arcangelo che abbatte il demonio; l’opera, destinata alla chiesa di S. Michele a Fano, fu commissionata nel 1532 dalla Compagnia di S. Michele che indisse un concorso per la sua realizzazione, e fu portata a termine nel 1534. Considerata il capolavoro del pittore, la tavola evidenzia indiscutibilmente come Bartolomeo, negli ultimi anni della sua carriera, abbia potuto allargare il suo orizzonte figurativo in termini stilistici e iconografici con l’assorbimento di suggestioni del manierismo emiliano (Montevecchi, 1984). Meno rilevante appare l’attività del pittore negli anni successivi, nei quali Bartolomeo viene ricordato quasi esclusivamente per l’attività di decoratore di arredi sacri e di scenografo. Nel 1536 fu sorteggiato fra gli eletti per sei mesi nella Santa Unione di Fano. Morì, probabilmente, poco dopo questa data; nell’atto di vendita di un orto, datato 2 marzo 1538, la moglie Giovanna risulta vedova e assieme al figlio Pompeo vengono citati anche i figli Giovanni Francesco, Pinzino e Belisario.
Pompeo, figlio di Bartolomeo, nacque, verosimilmente, nel primo decennio del secolo o poco oltre; intensificò la sua attività a partire dalla metà del quarto decennio, dopo gli esordi in collaborazione col padre; è del 1535 l’incarico da parte del Consiglio comunale di Jesi per l’esecuzione di un dipinto destinato al palazzo dei Priori, commissionato in precedenza, senza esito, a Lorenzo Lotto. Il dipinto, che avrebbe dovuto raffigurare il Crocifisso con i ss. Settimio, Floriano e Caterina, non è attualmente reperibile malgrado la segnalazione di Servolini (1960) e le importanti recenti acquisizioni d’archivio di Boiani Tombari (1994).
Stando a Vasari (1568) Taddeo Zuccari fu collocato dal padre ottaviano presso la bottega di Pompeo Morganti per un breve periodo di apprendistato, prima di allontanarsene deluso dalle capacità e «parimenti dai costumi» (p. 74) del pittore. L’episodio in ogni caso dimostra un certo grado di inserimento di Pompeo nei circuiti culturali dell’epoca, almeno a livello locale, come comprovato dalla copiosa documentazione e dalla ricchezza del catalogo e delle attribuzioni della critica. Risale al 1539 lo Sposalizio mistico di s. Caterina per la chiesa di S. Silvestro a orciano; nel 1543 il pittore firmò e datò la Resurrezione di Lazzaro in S. Francesco a Filottrano; nel 1545 eseguì la copia di una Madonna con Bambino, oggi nella chiesa di S. Maria delle Grazie a Pesaro, commissionatagli dalla comunità locale dopo la distruzione in un incendio dell’originale: in quegli anni Pompeo risulterebbe residente a Pesaro (Cleri, 2006); la tela con l’Apparizione della Vergine destinata al santuario di S. Maria delle Grazie di Montegridolfo, fu firmata e datata dal pittore nel 1548. In tutte queste opere e in altre a lui attribuibili con solide argomentazioni stilistiche (la Madonna con Bambino e santi presso la Pieve di S. Stefano a Candelara, la Madonna della Misericordia della chiesa del Rosario di Sirolo, l’Immacolata Concezione in S. Francesco a Corridonia: Montevecchi, 1984; Boiani Tombari, 1994), Pompeo oscilla fra la riproposizione del linguaggio pittorico paterno (Arcangeli, 2003) e la volontà, non sempre supportata da esiti qualitativamente convincenti, di elaborazione di modelli lotteschi e di Taddeo Zuccari (Montevecchi, 1981; Claudi, 2002).
Il pittore sposò nel 1532 Giovanna di Bartolomeo; dal matrimonio nacquero Beatrice, Michelangelo (documentato come pittore fra il 1571 e il 1572) e ottavio, attivo anch’egli come pittore nell’ultimo quarto del secolo e, secondo la documentazione, morto nel 1601 all’età di 46 anni (Boiani Tombari, 1994). Le ultime notizie d’archivio su Pompeo lo vedono presente nel 1555 fra i membri della Santa Unione di Fano, e già morto nel 1564, secondo il libro dei confratelli della Congregazione di S. Michele.
Di Giovan Francesco, figlio di Bartolomeo e fratello di Pompeo, si ignorano gli anni di nascita e di morte; è documentato tra il 1533 e il 1589, risulta attivo esclusivamente a Fano (Claudi, 2002; Boiani Tombari, 1994). Gli affreschi nel loggiato del palazzo del Podestà a Fano, eseguiti a partire dal 1566 e licenziati nel 1569, costituiscono la sua realizzazione più importante, ma ne rimangono solo alcune grottesche in stile raffaellesco nella volta a crociera della sala attualmente adibita a biglietteria del teatro della Fortuna. Giovan Francesco è inoltre l’autore di un disegno (perduto), commissionatogli il 28 novembre 1582, con una pianta panoramica della città di Fano, che servì da modello al pittore Antonio Danti per l’esecuzione ad affresco dello stesso soggetto nella galleria delle Carte geografiche in Vaticano. Secondo la documentazione d’archivio Giovan Francesco sposò Paola di Francesco Dionigi e da tale matrimonio nacque Clara (Boiani Tombari, 1994).
Fonti e Bibl.: L. Lanzi, Storia pittorica della Italia…, II, Firenze 1834, p. 35; G. Vasari, Le vite…( 1568), a cura di G. Milanesi, VII, Firenze 1881, pp. 73 s. (s.v. Taddeo Zuccari); G. Castellani, La chiesa di S. Michele in Fano e gli artisti che vi lavorarono, in Studia Picena, III (1927), pp. 147- 182; C. Selvelli, Antiche famiglie di pittori fanesi, Parma 1928, pp. 12-19; Id., Intorno a un dipinto fanese donato dalla Pinacoteca di Brera di Milano alla Malatestiana di Fano, in Atti e Memorie della R. Deputazione di storia patria per le Marche, VII (1954), pp. 21-35; L. Servolini, Le famiglie di pittori fanesi del ’500. M., Presutti, Milano 1960; G. Boiani Tombari, Documenti inediti su Bartolomeo di Matteo Marescalco capostipite della famiglia dei M. pittori fanesi, in Fano. Notiziario di informazione sui problemi cittadini, 1974, 5, pp. 103-116 (suppl.); Id., Altri documenti inediti sul pittore fanese Bartolomeo Morganti, ibid., 1976, 4, pp. 15-25 (suppl.); P. Mencarelli, Per una storia dell’arte fanese nel Cinquecento: il pittore Giuliano Presutti, ibid., pp. 43-69; P. Bellini, Cartoceto del contado di Fano, Urbino 1977, p. 58; G. Donnini, Per Bartolomeo M. da Fano, in Commentari, n.s., XXVIII (1977), pp. 291-296; Lorenzo Lotto nelle Marche. Il suo tempo, il suo influsso (catal., Ancona), a cura di P. Dal Poggetto - P. Zampetti, Firenze 1981, pp. 299 s., 382 s.; B. Montevecchi, ibid., pp. 256-263; F. Battistelli - D. Diotallevi, Il palazzo Malatestiano in Fano. Storia e raccolte d’arte, Fano 1982, pp. 25, 73, 84, 104, 107; Pittura a Fano 1480-1550 (catal.), Fano 1984, pp. 84 s. (con bibl.); B. Montevecchi, ibid., pp. 35-58; B. Cleri, Ottaviano Zuccari ed il «suo amicissimo e pittore ordinario» Pompeo M., in Notizie da Palazzo Albani, XIX (1990), 2, pp. 75-80; Id., Officina fanese. Aspetti della pittura marchigiana del Cinquecento, Cinisello Balsamo 1994, passim; G. Boiani Tombari, Committenza pubblica e privata nella Fano del Cinquecento, ibid., pp. 169-192; B. Cleri, Citazioni da Giovanni Santi e Pietro Perugino nella “Officina fanese” del Cinquecento, in Giovanni Santi. Atti del Convegno internazionale di studi, Urbino… 1995, a cura di R. Varese, Milano 1999, pp. 177-182; L. Arcangeli, La pittura del Cinquecento nelle Marche, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, Milano 2003, I, pp. 388, 409, II, p. 777; Dizionario biografico dei Marchigiani, a cura di G.M. Claudi - L. Catri, Ancona 2002, pp. 352 s.; B. Cleri, La politica culturale di Alessandro Sforza, signore di Pesaro in rapporto con Pio II, in Enea Silvio Piccolomini. Arte, storia e cultura nell’Europa di Pio II. Atti dei Convegni internazionali di studi 2003-2004, a cura di R. Di Paola - A. Antonutti - M. Gallo, Città del Vaticano 2006, p. 141; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexicon, XXV, p. 146.