mormorare
Ricorre solo nella Commedia, con i significati che gli sono tuttora propri.
Indica il rumore attenuato e continuo, proprio delle acque correnti, in Pd XX 19 udir mi parve un mormorar di fiume / che scende chiaro giù di pietra in pietra. Per quanto sia possibile reperire anche fonti bibliche (Ezech. 43, 2 " vox erat ei quasi vox aquarum multarum "; Apoc. 1, 15; 14, 2), per la sua struttura lessicale l'immagine è di schietta derivazione classica: Aen. XI 296-297 " ceu saxa morantur / cum rapidos amnis, fit clauso gurgite murmur "; e si veda anche Georg. I 109-110.
Per analogia è riferito al rombo prodotto da una fiamma scossa dal vento: If XXVI 86 Lo maggior corno de la fiamma antica / cominciò a crollarsi mormorando, / pur come quella cui vento affatica. A indicare il suono confuso emesso dalle anime dei consiglieri frodolenti prima che questi riescano a sincronizzare il moto della lingua con quello della fiamma entro cui sono chiusi, D. usa anche mugghiò (XXVII 7) ed ebbe rugghiato (XXVII 58); i tre verbi non sono usati come sinonimi, sia pure in senso figurato, ma descrivono tre momenti successivi del fenomeno: come il sussurro delle acque si fa a tratti più sensibile, così la voce dei dannati, prima di articolarsi in parole umane, da mormorio s'incupisce in muggito e nel rombo del fuoco che rugge.
Più frequentemente significa " parlare sommessamente, a bassa voce " o anche, quando è transitivo, " ripetere a fior di labbra "; così in Pg XXXII 37 Io senti' mormorare a tutti " Adamo ", X 101 e XXIV 37 (ripreso, nella forma dell'infinito sostantivato, al v. 47). Estensivamente detto dei colombi che tubano: Pd XXV 21 il colombo si pone / presso al compagno... / girando e mormorando.
Simile al suono di una cetra o di una zampogna è il mormorar (Pd XX 26: ancora un infinito sostantivato) dell'aquila formata dagli spiriti giusti; anche in questo caso il verbo, che riprende la similitudine del v. 19, indica un sussurro modulato che si determina in voce umana.