morsello [plur. morselli e morse']
Voce equivalente al francese morsel, " boccone ", la quale ricorre cinque volte nel Fiore, quasi sempre nell'espressione ‛ buon m. ', " buon boccone ", " vivanda prelibata ". La prima è nel discorso di Amico, il quale consiglia, per cattivarsi l'affetto della donna, di somministrarle dei buoni bocconi: di buon morse' tuttor la mi notrica, / e dàlle tuttavia la miglior parte (LXII 3).
Il passo non ha corrispondenza nel Roman de la Rose, ma in esso potrebbe ben esservi il riflesso della simmetrica arte della Vecchia, là dov'essa insegna alla donna come comportarsi a tavola: vi si consiglia tra l'altro di non mostrarsi troppo ingorda di cibo, evitando d'ingerire bocconi troppo grandi, e avendo cura di servire prima il suo amico (qui morsel ricorre più volte: cfr. i vv. 13412, 13414, 13426). Gli altri esempi del Fiore sono tutti nel discorso di Falsembiante, dove lo stilema ‛ buon m. ' segna la continuità di una linea tematica: il motivo della gola, che è uno dei vizi principali di Falsembiante: Ver'è, ma, per ch'i' faccia il viso tristo, / i' son di buon morse' dentro farsito (CIV 14); Di buon morselli i' sì m'empio la pancia (CV 1); ma s'alla villa buon morsel s'arresta, / e' pur convien per forza ch'i' n'assaggi (CXXI 7); Da ch'e' ci avrà di ta' morse' serviti, / no gli bisogna di far gran disdetti (CXXV 12). Vi è amplificato uno spunto del Roman de la Rose: " Veire veir, mais j'emple ma pance / De trés bons morseaus e de vins " (v. 11235; cfr. Cv 1).
L'espressione ‛ buon m. ' ricorda il mal boccone della tenzone con Forese (Rime LXXV 7), che ne rappresenta come il rovesciamento etico. Il tema della gola riapparirà infatti, con rinnovato vigore, nella tenzone.
Si rilevi il prevalere della forma ‛ morse' ' (morselli solo in CV 1), con riduzione tipica del fiorentino parlato. La parola non è ignota nei testi del '200 e '300.