morso
L'uso del sostantivo è strettamente legato a quello di ‛ mordere ': ambedue i vocaboli ricorrono solo nella Commedia, con l'unica eccezione, per il verbo, di Rime CXVI 75; due volte (Pg XXXIII 61-63; Pd XXVI 51-55) m. replica ‛ mordere ' pur senza dar vita alla figura etimologica; strette analogie tra nome e verbo si hanno anche negli usi figurati dei due termini.
M. ha valore proprio solo in Pg XXXIII 63 Per morder quella, cioè per aver mangiato il frutto proibito, Adamo bramò per più di cinquemila anni nel Limbo la venuta di Cristo, che 'l morso in sé punio; la dottrina secondo la quale Cristo aveva soddisfatto al peccato di Adamo in se punitionem patiens (Mn II XII 3) è ripresa anche in altri punti della Commedia; in particolare si vedano Pd VI 92-93 e, per la consonanza lessicale con il passo ora esaminato, VII 42 La pena... che la croce porse / s'a la natura assunta si misura, / nulla già mai sì giustamente morse.
In senso estensivo, con il valore di " graffio lacerante ", in If XXIX 79 ciascun menava spesso il morso / de l'unghie sopra sé.
Negli altri tre esempi ricorre in traslati, cui corrispondono pari usi metaforici di ‛ mordere ' (v.): gli accidiosi che gridano esempi del loro vizio punito, danno a l'accidïa di morso (Pg XVIII 132), cioè la biasimano, la condannano (analogamente, in If XXXI 1 mi morse vale " mi rimproverò "); per Virgilio, anche un picciol fallo è amaro morso (Pg III 9), è motivo di pentimento e di mortificazione (e così If XI 52 ogne coscïenza è morsa, " prova rimorso " [ma per altre interpretazioni, v. MORDERE]); infine, rispondendo a s. Giovanni, che gli aveva chiesto con quanti denti questo amor ti morde (Pd XXVI 51), D. afferma che " gli stimoli " a praticare la virtù della carità sono stati per lui quei morsi / che posson far lo cor volgere a Dio (v. 55).