MORTE
(XXIII, p. 878).
Statistica della mortalità (p. 893).
Successivamente al 1932 la mortalità generale è scesa in Italia a quozienti più bassi che in passato, con tendenza alla stazionarietà: nel 1933, morti 574.113, cioè 13,7‰ ab.; 1934, morti 563.339 cioè 13,3‰; 1935, morti 593.953, cioè 13,9‰; 1936, morti 589.636, cioè 13,7‰.
Nei confronti con gli altri stati considerati nel secondo prospetto della voce, il quoziente di mortalità generale della popolazione italiana conserva ancora una posizione intermedia; si è, difatti, avuto nel 1935: Giappone, 16,8 morti ‰ ab.; Francia, 15,7‰ ab.; Italia, 13,9‰ ab.; Svezia 11,7‰ ab.; Inghilterra e Galles 11,7‰ ab.; Germania, 11,8‰ ab.; Norvegia, 10,2‰ ab.; Nuova Zelanda, 7,9‰ ab.
Alla settima tabella della voce, può essere sostituita la seguente, che relativamente all'Italia fornisce, per il 1936, la distribuzione delle morti per causa, secondo la nomenclatura adottata dal 1924 al 1930:
Si osservi dal 1920 e 1930 al 1936 la diminuzione nella proporzione delle morti provenienti dalla tubercolosi in tutte le sue forme, e l'aumento di quella delle morti dovute a tumori maligni: aumento che, peraltro, potrebbe essere soltanto apparente e dipendere da una più accurata diagnosi di questi mali.
L'ottava tabella della voce può essere sostituita da quella più recente (L. Galvani) che riportiamo a p. 876.
Per il significato dei simboli qx, lx, dx, e???x si veda, XXIII, p. 895. Confrontando questa tavola con quella che si era già data (1921-22) si conclude, pur tenendo conto di qualche diversità nel modo di costruirle, che la mortalità in Italia è notevolmente diminuita nel decennio 1921-1931 per tutte le età.
In base alla mortalità osservata nell'indicato triennio 1930-32 sono anche state calcolate da 25 anni in poi le tavole di mortalità per la popolazione del regno distinta secondo lo stato civile; per le età sottosegnate si sono trovate le seguenti:
Risulta, anche da questi pochi dati, che fra le varie condizioni di stato civile, quella matrimoniale è sempre la più favorevole e quella di celibato è da 35 anni in poi la più sfavorevole alla conservazione della vita: questo vantaggio presentato dai coniugati è in parte dovuto all'azione selettiva del matrimonio e in parte al loro tenore di vita, più regolare che nelle altre condizioni di stato civile.
Bibl.: Oltre alle pubblicazioni periodiche dell'Istituto centrale di statistica: si vedano: L. Galvani, Tavole di mortalità della popolazione italiana 1930-32, in Annali di Statistica, serie VII, I, Roma 1937; L. Livi, Sulla maggiore altezza del rischio di morte che si verifica fin verso il 35° anno di età pei vedovi e le vedove, ibid.; A. Del Chiaro, Sulla mortalità infant. nel primo anno di vita.