MORVA (lat. scient. malleus; fr. morve, farcin; sp. muermo; ted. Rotzkrankheit; ingl. glanders)
Malattia infettiva e contagiosa, in modo speciale dei solipedi (ma anche di altri animali e dell'uomo), a decorso ordinariamente cronico, e anatomicamente caratterizzata dalla formazione di tubercoli e noduli nei parenchimi e da noduli e ulceri sulla pelle e sulle mucose. La morva è sostenuta dal B. mallei.
È conosciuta fino dai tempi di Aristotele; nel IV sec. d. C., Apsirto di Bitinia e poco dopo Vegezio ne rilevarono la trasmissibilità, che solo verso la metà del secolo scorso fu messa in dubbio soprattutto da H. Bouley e E. Renault; J. Ratyer e P. Leblanch con prove inoppugnabili rimisero in onore il suo carattere contagioso. V. Babes e J. Rozsahegyi (1881), separatamente, rinvennero nel pus di ulceri morvose un bacillo che al microscopio credettero d'identificare per quello della morva; però l'esatta dimostrazione delle caratteristiche microscopiche e colturali del B. mallei, venne data nel 1882 da C. Bouchard, A. Charrin e L. Captain in Francia e da H. Löffler e W. Schütz in Germania. Le ricerche successive furono in buona parte dirette ai metodi di diagnosi e di vaccinazione. La preparazione della malleina, da parte di I. Helman e L. Kalting (1890), ha risolto uno dei problemi capitali di lotta contro l'infezione. Anche la siero-agglutinazione (J. Mac Fadyean, F. Jensen, W. Schütz e H. Miessner, I. Schnürer) e la deviazione del complemento (E. Valenti, W. Schütz e F. Schubert, H. Miessner e H. Trapp, W. Pfeiler, G. Finzi) furono applicate alla diagnosi della morva. I maggiori contributi alla patogenesi e al meccanismo d'infezione furono portati da E. Nocard, W. Schütz, F. Riegler, F. Hutyra, A. Bonome. G. Finzi ed E. Bertetti, con ricerche originali, hanno risolto in gran parte il problema terapeutico. Le limitate ricerche al riguardo sono da riferirsi al pericolo per l'uomo e alla necessità di laboratorî per evitare contagi umani.
La morva era in passato largamente diffusa; a mano a mano, però, che vennero adottate misure energiche di profilassi, le condizioni sanitarie nei varî paesi andarono gradatamente migliorando. Solo durante la guerra mondiale si ebbe una recrudescenza dell'infezione. In Italia attualmente non vengono denunciate ogni anno che poche decine di casi. La Sardegna è considerata indenne.
Caratteri del B. mallei. - È piccolo, lungo da 2-5 micron, diritto o incurvato, immobile, asporulato, si tinge coi comuni colori, non prende il Gram, cresce sugli ordinarî terreni, anche se di reazione acida. Su patata forma delle colonie di color fulvo, che più tardi assumono una tinta bruno-cioccolato. È patogeno obbligato; nell'ambiente esterno viene rapidamente ucciso, specie per l'azione dell'essiccamento e della luce.
Infezione naturale e patogenesi. - Sono specialmente recettivi all'infezione naturale gli equini; eccezionalmente anche l'uomo e i felini. Sono recettivi verso l'infezione sperimentale la cavia, il gatto, il giovane cane, i topi delle chiaviche, e i topi campagnoli, il cammello, l'arvicola. Eccezionalmente anche la capra e la pecora. L'infezione naturale insorge per opera dei secreti ed escreti bacilliferi di equini ammalati. Sono specialmente contaminanti il secreto nasale nella rinite morvosa e l'essudato delle ulceri cutanee. Possono contenere bacilli: la saliva, per opera dei secreti delle vie respiratorie; le feci per lesioni intestinali morvose o perché i bacilli provenienti dalle vie aeree vengono deglutiti con la saliva sfuggendo all'azione dei succhi gastrici; le urine, per localizzazioni specifiche nel rene. D'ordinario la morva è portata in una scuderia da cavalli infetti; sono particolarmente pericolosi i luoghi di pubblico stallaggio nel cui interno, generalmente buio e umido, il bacillo può conservarsi discretamente a lungo (15-30 giorni). Nel cavallo e nei carnivori l'infezione quasi sempre insorge per ingestione di virus con i cibi e le bevande contaminate. L'organizzarsi dell'infezione è favorita dalla presenza di soluzioni di continuo (comunque non necessarie) sulla mucosa dell'apparecchio gastro-intestinale. Molto più di rado l'infezione avviene attraverso le vie respiratorie per opera di goccioline virulente eliminate coi colpi di tosse da equini affetti da broncopolmonite morvosa. Le soluzioni di continuo della cute, della mucosa orofaringea e nasale, congiuntivale, vaginale, possono rappresentare altrettante porte d'ingresso al B. mallei, per quanto non comuni e di scarso valore pratico.
L'esame anatomo-patologico di equini abbattuti pochi giorni dopo la somministrazione di virus per via digerente lascia aperto il campo alla questione se il reperto costante della localizzazione polmonare sia da considerarsi primitivo o secondario a localizzazioni in altri organi; infatti, senza che possano essere invocati difetti di tecnica sperimentale, le lesioni specifiche dell'intestino e dei ganglî linfatici corrispondenti, in alcuni casi mancano completamente, in altri sono bene manifeste. Per questo alcuni autori (W. Schütz, H. Miessner, H. Trapp) pensano che le lesioni polmonari siano secondarie a quelle dei ganglî meseraici, mentre altri (J. MacFadyean, A. Bonome, F. Riegler) considerano la localizzazione polmonare alla stregua di un processo primitivo.
Le vie respiratorie considerate quali porte d'ingresso dell'infezione morvosa hanno un'importanza pratica trascurabile perché l'aria espirata tranquillamente da cavalli colpiti da forme morvose polmonari è spoglia di bacilli; quando bacilli morvosi, eliminati con i colpi di tosse di equini infetti, si trovano in sospensione nell'aria umida delle scuderie, difficilmente possono attecchire nelle vie respiratorie profonde, come l'esperimento rigoroso ha dimostrato. Anche la rinite morvosa può essere di origine intestinale; i bacilli penetrati attraverso i follicoli linfatici dell'intestino, raggiungono per via linfogena o ematogena i tessuti e organi maggiormente predisposti, specialmente il tessuto polmonare, la mucosa nasale, i ganglî linfatici, i vasi linfatici della cute e del connettivo sottocutaneo. La mucosa nasale però è più del polmone esposta all'infezione aerogena; eccezionalmente bacilli trasportati con l'essudato bronchiale, possono organizzare un'infezione secondaria sulla mucosa delle cavità nasali.
Sintomi. - Il periodo d'incubazione nell'infezione naturale è relativamente lungo, da alcune settimane a qualche mese. Nella malattia sperimentale, invece, secondo la virulenza del ceppo, secondo la dose e la via d'inoculazione, varia da 2-4-12 giorni. Nel cavallo la morva decorre di solito in forma cronica, in determinate circostanze può acutizzarsi e sotto tale forma evolve mortalmente in poco tempo.
La morva cronica può rivestire il carattere di tre forme cliniche: polmonare, nasale, cutanea, che possono esprimersi distintamente, tramutarsi l'una nell'altra o anche associarsi.
Morva polmonare. - Si sviluppa in modo lento e subdolo, talché possono trascorrere anche parecchi mesi e anni (morva occulta), avanti che i primi sintomi richiamino l'attenzione. Assume il carattere di una bronchite o di una broncopolmonite che dal lato clinico non rivestono nulla di speciale. Queste manifestazioni possono accompagnarsi con tumefazione, spesso unilaterale, dei ganglî intermascellari, e con localizzazioni nasali e cutanee.
Morva nasale. - Spesso è unilaterale; si manifesta con scolo nasale dapprima sieroso, poi mucoso, purulento, oleoso, spesso striato di sangue. La mucosa nasale in principio soltanto iperemica, si mostra poi infiammata, e, se il processo non è molto recente, cosparsa di noduli rosso-grigi, della grandezza di una lenticchia, che tosto si tramutano in ulceri a margini sinuosi, con pareti a picco, con fondo di aspetto lardaceo, con tendenza a estendersi sì da confluire fra loro. Tali lesioni risiedono di preferenza sul setto nasale e sull'estremità inferiore dei cornetti nasali. La possibile guarigione delle ulceri conduce alla formazione di cicatrici biancastre, raggiate, prominenti o piane. Il ganglio sottomascellare corrispondente alla cavità nasale lesa è sempre sede di un processo infiammatorio. Quanto più il processo data da tempo, tanto più il ganglio è duro, insensibile, aderente, per fatti di periadenite, al tavolato osseo o alla cute o a entrambi. Assai di rado si può avere fusione purulenta del tessuto ganglionare. La rinite è spesso associata a congiuntivite catarrale.
Morva cutanea. - È caratterizzata dalla formazione di noduli nello spessore della cute o nel connettivo sottocutaneo (con sede di preferenza agli arti, alle facce laterali del torace, alla superficie inferiore dell'addome), grossi come una nocciola i primi, come una noce i secondi. Queste formazioni sono insensibili e inizialmente dure; più tardi si rammolliscono, si ulcerano, con fuoruscita di materiale purulento, vischioso. L'ulcera, crateriforme, con granulazioni grigio-rossastre, facilmente sanguinanti e torpide, tende a estendersi in profondità e in superficie, talvolta però può cicatrizzare. I vasi linfatici che decorrono nei pressi dei noduli e delle ulceri, s'ingrossano a guisa di cordoni rilevati sulla superficie della cute e con decorso centripeto rispetto alle lesioni nodulari e ulcerative. Su questi cordoni linfatici si possono sviluppare nuovi noduli e ulceri. Il connettivo sottocutaneo limitrofo si fa sede di un'infiltrazione edematosa, per cui gli arti specialmente possono assumere dimensioni considerevoli (elefantiasi malleosa), sì da ostacolare i movimenti. I ganglî linfatici regionali si tumefanno.
Come forme cliniche molto rare, s'incontrano localizzazioni ossee, articolari, meningee, testicolari. L'infezione dà turbe di ordine generale; deperimento organico, diminuzione della resistenza al lavoro nonostante le conservate funzioni digerenti, pallore delle mucose, sbalzi termici a carattere intermittente, più manifesti nei cavalli sfruttati al lavoro, edemi da stasi, ecc. La morva a decorso acuto evolve coi caratteri generali di un'infezione acuta setticemica, e con le localizzazioni rilevabili nella forma cronica.
Lesioni anatomo-patologiche. - Nel polmone si notano piccoli noduli simili a tubercoli e focolai di broncopolmonite. I noduli morvosi sparsi nel parenchima polmonare possono essere in notevole numero, a diverso stadio di sviluppo, delle dimensioni di un pisello e più. Per l'irritazione diretta del bacillo e delle sue tossine, le cellule fisse del tessuto polmonare entrano in proliferazione, e vengono così a costituire il nodulo; a questo primo stadio esso è di colore grigiastro (nodulo grigio). Nel suo sviluppo successivo si mostra circondato da un alone iperemico per fatti infiammatorî circoscritti. La porzione centrale del nodulo va incontro a un processo di disfacimento assumendo un aspetto caseoso, mentre la parte periferica si fa di un colore grigio vitreo, per avere assunto l'iniziale processo infiammatorio locale decorso cronico (noduli traslucidi). I noduli morvosi possono anche calcificare. Formazioni nodulari di natura morvosa si possono ancora incontrare nel fegato, nella milza, nei testicoli, nei reni, nei muscoli. La broncopolmonite morvosa è caratterizzata da focolai atelettasici rosso-bruni dapprima, giallastri poi, per fusione purulenta; sono circondati da una zona sede di processo infiammatorio con raccolta di essudato di aspetto gelatinoso del tessuto interstiziale. In altri casi la localizzazione polmonare evolve sotto forma di polmonite catarrale purulenta, che si trasforma poi in polmonite indurativa.
Decorso. - Nell'asino e nel mulo assume carattere acuto rapidamente mortale, nel cavallo può durare anche parecchi anni; sono però abbastanza frequenti le esacerbazioni acute del processo, specie nei soggetti affaticati dal lavoro, o insufficientemente nutriti. La morte avviene di solito sotto l'azione di questi attacchi acuti, più di rado per lento e graduale esaurimento.
La morva, comunque, quando riveste la forma occulta, è in qualche raro caso anche suscettibile di guarigione spontanea, come lo dimostrano le ripetute malleinizzazioni negative e i reperti anatomopatologici.
Diagnosi. - La diagnosi clinica offre spesso serie difficoltà, specie nelle localizzazioni polmonari. Soltanto nelle forme progredite, e in special modo quando le manifestazioni che ne formano la caratteristica più saliente si presentano associate, il diagnostico può essere avanzato con relativa facilità.
Per la diagnosi differenziale si devono prendere in considerazione: 1. Il catarro nasale cronico, in cui lo scolo nasale è bilaterale; sulla mucosa nasale mancano noduli; le ulceri sono di piccole dimensioni, a margini regolari, guariscono con opportuno trattamento. I ganglî sottomascellari, se intumiditi, sono spostabili. 2. Il catarro cronico dei seni frontali, che è caratterizzato da scolo nasale intenso, spesso unilaterale e da reazione ganglionare; la mucosa nasale non presenta le lesioni proprie della morva, e i ganglî non sono aderenti, la diagnosi può essere confermata dalla percussione e dalla trapanazione dei seni. 3. L'adenite equina con andamento subacuto, nella quale la tumefazione ganglionare s'istituisce, senza suppurazione, a decorso inoltrato. Queste forme di adenite evolvono sempre in modo più acuto della morva, senza le lesioni nasali caratteristiche di questa malattia; il materiale estratto dal ganglio contiene solo streptococchi. Il farcino criptococcico o linfangite epizootica e la linfangite ulcerosa si differenziano in quanto nel primo le ulceri cutanee sono coperte da granulazioni piatte, i ganglî linfatici regionali sono ingrossati, ma elastici, il connettivo sottocutaneo s'ispessisce, si sclerotizza; nella seconda le ulceri cutanee hanno i margini coperti da granulazioni e manca interessamento ganglionare; inoltre, specie per il primo, le ricerche sperimentali portano a una sicura differenziazione con la morva.
Sul cadavere, soprattutto i noduli parassitarî con sede polmonare possono simulare lesioni morvose. Sono sostenuti da nematodi, da distomi, da echinococchi; all'inizio sono uniformemente grigi, si fanno, in seguito, giallicci o giallobruni. Hanno la caratteristica di essere allo stesso grado di sviluppo, di calcificare e di essere circondati da una capsula da cui si enucleano facilmente. I ganglî prossimiori non sono interessati. L'esame istologico può dissipare ogni dubbio. La peribronchite nodosa multipla, la peribronchite diffusa e polmonite interstiziale cronica, la polmonite dei giovani cavalli, la tubercolosi polmonare, i noduli embolici e piemici, possono presentare sul cadavere difficoltà diagnostiche differenziali. Le indagini microscopiche, istologiche, colturali e biologiche, possono in ogni caso togliere qualunque incertezza.
Diagnosi sperimentale. - I reperti clinici possono essere meglio vagliati ricorrendo alle ricerche sperimentali. Nella pratica assume la massima importanza la cosiddetta reazione della malleina.
Reazione della malleina. - Il bacillo morvoso crea nell'organismo infetto uno speciale stato di sensibilità verso le tossine da esso elaborate. Tale sensibilità è utilizzata a scopo diagnostico manifestandosi con particolari forme di reazione, variabili a seconda della via d'inoculazione dell'antigene. Tale antigene (malleina), viene ricavato con speciale tecnica da colture del B. mallei. Dal 1930 G. Finzi ha preparato una nuova malleina (anamalleina) molto più attiva della malleina bruta, di preparazione molto semplice e quindi meno pericolosa. Dagli studî di G. Finzi risulta che il cavallo morvoso reagisce alla malleina per un duplice ordine di fattori: per la presenza nei suoi mezzi umorali di anticorpi antimorvosi capaci di disintegrare la molecola malleinica, mettendone in libertà i principî tossici atti a provocare le manifestazioni reattive e per una speciale sensibilità propria dello stato morvoso. Si possono seguire varî procedimenti di malleinizzazione:
Prova sottocutanea o classica. - Inoculando nel connettivo sottocutaneo a un cavallo morvoso una piccola dose di malleina (3 cc. di malleina diluita a 1/10), si determina un'elevazione della temperatura, iniziantesi dalla 4ª all'8ª ora dopo l'iniezione e protraentesi per un tempo variabile da 12 a 48 ore (reazione termica). L'ipertermia può essere continua o a doppio fastigio ed è generalmente accompagnata da tutte le altre manifestazioni proprie del processo febbrile: tremori muscolari, anoressia, abbattimento, ecc. (reazione generale). Nel punto d'inoculazione insorge una tumefazione avente i caratteri del processo infiammatorio (reazione locale).
Prova oftalmica (oftalmo-reazione, reazione congiuntivale). - Consiste nell'istillazione nel sacco congiuntivale di qualche goccia di malleina non diluita (malleina bruta). Nei soggetti morvosi si determina in 12ª ora una congiuntivite con formazione di essudato purulento, che si raccoglie, in special modo, all'angolo nasale dell'occhio.
Prova intrapalpebrale (intrapalpebro-reazione). - Consiste nell'inoculazione di malleina come per la prova classica, nel sottocutaneo della palpebra inferiore o superiore. Questo metodo riunisce, anzi esalta, i vantaggi dei due precedenti (e perciò è molto diffuso nella pratica), perché determina oltre che la reazione termica e quella generale, una reazione locale meglio rilevabile che nelle altre parti del corpo e caratterizzata da un intenso edema infiammatorio della palpebra e da una pronunciata congiuntivite purulenta.
Prova intradermo-palpebrale (intradermo-palpebro-reazione). - La malleina, bruta o diluita, viene inoculata nel derma di una delle due palpebre. Si ottiene reazione analoga a quella del precedente metodo.
Prova cutanea (cuti- o dermo-reazione, reazione intradermica). - La malleina bruta viene messa in contatto con la cute previamente scarificata. È un metodo non pratico e dà risultati infidi.
Le prove della malleina si sono dimostrate di un valore scientifico indiscutibile. Per la loro sicurezza, maggiormente dimostrata per le prove intrapalpebrale e classica, per la loro semplice esecuzione, hanno trovato un'estesa applicazione pratica. Le prove sottocutanee però, influiscono sulle successive prove sierologiche e in certe circostanze possono attivare processi morvosi latenti o aggravare quelli già attivi. La prova della malleina si può ripetere in serie, a distanza di pochi giorni, senza bisogno di aumentare la dose di malleina.
La diagnosi della morva può trovare fondamento in altri metodi sperimentali:
La dimostrazione microscopica e colturale del B. mallei, si può ottenere specialmente dal materiale ricavato da lesioni morvose chiuse della cute, del connettivo sottocutaneo, da ulceri recenti, dai ganglî linfatici sottomascellari. L'esito di questi esami ha valore assoluto solo quando riesce positivo. L'inoculazione negli animali di esperimento con materiale ricavato come nei precedenti esami, conduce spesse volte a risultati soddisfacenti. Si prestano bene allo scopo: il cavallo e l'asino in special modo (ammalando d'infezione acuta), inoculati per frizione sulla mucosa nasale o per via sottocutanea; la cavia maschio, che, inoculata in peritoneo manifesta una vaginalite testicolare (fenomeno di Strauss); il giovane cane, che, inoculato per scarificazione sulla cute della nuca, generalmente presenta, in caso di reperto positivo, lo sviluppo di un'ulcera con tendenza alla guarigione, in cui sono isolabili i bacilli morvosi. Anche il gatto, il topo campagnolo, le arvicole, possono essere usati allo stesso fine. Anche con tale procedimento però l'esito negativo non consente di escludere la morva e, d'altra parte, varî altri germi possono nella cavia causare lesioni analoghe a quelle morvose.
Delle reazioni sierologiche la prova agglutinante o la deviazione del complemento sono quelle che hanno trovato maggior campo di applicazione. L'agglutinazione però denuncia una percentuale di soggetti morvosi di parecchio inferiore alla realtà, ed essendo il siero di cavalli sani ricco di agglutinine non specifiche, la reazione viene considerata positiva solo quando è superiore a una diluizione di 1:1000, 1:1500. Essa presenta il vantaggio di essere molto precoce (4-5 giorni dopo l'avvenuta infezione) e di svelare quindi le infezioni recenti. La deviazione del complemento è di una superiorità manifesta di fronte alla precedente reazione, specie se fatta col metodo Finzi (alessina emolitica anticavallo, globuli rossi lavati del cavallo sospetto); eccezionalmente la fissazione del complemento manca in qualche caso di morva cronica o può manifestarsi con siero di cavallo normale.
Immunizzazione e terapia. - L'immunizzazione preventiva, a parte i risultati molto discordi raggiunti, non ha valore pratico, in quanto l'infezione morvosa non lascia immunità postuma e i cavalli guariti possono rinfettarsi. I varî esperimenti di cura, per le disposizioni di polizia sanitaria in vigore in tutti i paesi, hanno avuto sola mira scientifica. I primi tentativi di cura con acido fenico, rimontano al 1880 (L. Brusasco). Ma tanto l'acido fenico, quanto i preparati iodici, arsenicali, arsenico-mercuriali, salvo qualche risultato favorevole, non sempre chiaramente attribuibile all'azione del medicamento, non hanno corrisposto. La cura specifica con la malleina nelle forme di morva occulta è affermata efficace da E. Nocard, H. Vallée, F. Helman, H. A. Johne, ecc.; questa affermazione ha avuto però varie contestazioni (J. MacFadyean, P. Oreste, ecc.). G. Finzi e E. Bertetti nel 1916 riprendono con vedute originali e con vastità di mezzi, lo studio della terapia della morva, e vengono alla conclusione che le forme polmonari, non febbrili, non in evoluzione, possono essere vinte con la tossinoterapia; che la vaccinoterapia e la tossinovaccinoterapia, per fattori varî, costituiscono metodi di cura poco pratici, pur tuttavia capaci di risultati sicuri; che la sieroterapia e specialmente la sierotossinoterapia rispondono in modo sicuro anche nelle forme di morva in evoluzione. La profilassi è legata alle disposizioni di polizia sanitaria, pressoché comuni in tutti i paesi, miranti all'abbattimento degli equini infetti e alla distruzione del virus da essi diffuso (art. 1-7-60 e 61 del regolamento italiano di polizia sanitaria).
La morva nell'uomo. - La possibilità del contagio della morva dagli animali all'uomo e la controprova sperimentale dell'inoculazione dei solipedi col materiale morvoso d'origine umana, furono la dimostrazione definitiva del carattere contagioso di questa malattia. L'adozione di severe norme profilattiche (v. sopra) ha reso i contagi umani sempre più rari. È una delle infezioni da laboratorio assai temute, che ha mietuto più vittime negl'istituti batteriologici. Altrimenti le persone facilmente contagiate sono quelle a contatto con gli animali recettivi, particolarmente con gli equini (garzoni di stalla, veterinarî, ecc.); pertanto nel contagio umano prevale di gran lunga il numero dei maschi su quello delle femmine.
La trasmissione della morva all'uomo sano dall'uomo infetto sembra assai rara. Comunque, anche nell'uomo la morva può avere decorso acuto e cronico; il primo rapidamente mortale, e anche il secondo, quantunque siano riferiti esempî di guarigione, è in genere di prognosi infausta. E ciò perché finora non è attuabile una terapia specifica che vinca definitivamente l'infezione e la cura sintomatica chirurgica e medica in generale concede risultati puramente transitorî. È più faeile il trapasso della forma cronica in quella acuta rapidamente mortale che non l'attenuarsi in lesioni croniche dei fatti acuti.
Nella forma acuta, quando la malattia è trasmessa per inoculazione cutanea, si manifesta localmente tumefazione con linfoangioite e linfoadenite nel territorio linfatico corrispondente; insorgono malessere, cefalea, febbre; la tumefazione si ulcera, l'ulcerazione è molle, lardacea, di cattivo aspetto. Quando l'ingresso del germe avvenne per via diversa da quella cutanea, l'infezione insorge con febbre e fenomeni generali, dopo qualche giorno compare un'eruzione caratterizzata da tumefazioni nodulari che si trasformano in pustole che si vuotano di pus fetido lasciando un'ulcera a margini rilevati e a fondo grigiastro; dalla mucosa nasale infetta scola un essudato sanioso fetido, l'infezione si dissemina in localizzazioni multiple (trachea, polmoni, ecc.), il quadro morboso si fa sempre più grave e si chiude con la morte in terza o quarta settimana. Nella forma cronica che può durare mesi, si possono riscontrare nelle più svariate sedi e in varie fasi di sviluppo lesioni nodulari o ulcerose, talune anche cicatrizzate; rimuovendo dalle fosse nasali il pus e le croste si possono vedere superficie ossee con erosioni e perforazioni. Per la diagnosi e la terapia v. sopra.
Bibl.: Ch. Bouchard, A. Charrin, H. Captain, Note sur la culture du microbe de la morve et sur sa trasmission, in Comptes rendus Ac. des Sciences, 1882; H. Löffler e W. Schütz, Über den Bacillus des Rotzes, in Deutsche medic. Wochenschrift 1882; E. Nocard, Sur la phatogénie de la morve, ecc., in Recueil de Méd. Vét., 1894; J. MacFadyean, Preliminary note of the serodiagnosis of glander, in The Journal of comp. Pathol. and Therap., 1896; W. Schütz, Zur Lehre vom Rotze, in Archiv für wissenschaftliche und praktische Tierheilkunde, 1898; F. Jensen, Om Serum-Agglutinationen Som Diagnostik Middel ved Suive, in Maanedsskrift for Drylaeger, 1901; Berliner tierärztliche Wochenschrift, 1901; L. Bonome, Patogenesi e trasmissibilità della morva chiusa, Padova 1905; F. Hutyra, Untersuchungen über die Pathogenese der Rotzkrankheit, in Zeitschrift für Tiermedizin, 1907; W. Schütz e Schubert, Ermittelung der Rotzkrankheit mit Hilfe der Komplementbindungmethode, in Archiv für wissenschaftliche und praktische Tierheilkunde, 1909; E. Valenti, Contributo alla diagnosi della morva mediante la fissazione del complemento, in Biochimica e terapia sperimentale, 1909; G. Finzi, E. Bertetti, Sulle proprietà dei sieri degli animali iperimmunizzati contro la morva e sulla scelta degli animali per la preparazione di sieri ricchi in anticorpi antimorvosi, in Rendiconti della R. A. dei Lincei, s. 5ª, XXVI (1917), fasc. 5°, 2° sem.; id., Sulla natura della reazione alla malleina, in Rendiconti della R.A. dei Lincei, s. 5ª, XXVII (1918), 2° sem., fasc. 11°; id., Sulla terapia della morva, Torino 1919; G. Finzi, La déviation du complément dans le diagnostic de la morve avec l'alexine hémolytique anticheval, in Revue Gén. de Méd. Vét., 1920; J. Verge e M. Pairemaure, L'accoutumance à la malléine; la malléination seconde par la méthode de la double dose, in Revue Gén. de Méd. Vét., 1930.