Mosaico
La tecnica artistica di unire tessere colorate
Il mosaico è un tipo particolare di decorazione pittorica formata dall’accostamento di piccole tessere di materia colorata (marmi, pietre, paste vitree, conchiglie) che vengono disposte a formare particolari figurazioni per ornare pavimenti, pareti e soffitti. Le origini del mosaico sono molto antiche, ma esso vive il suo periodo d’oro nel Medioevo, quando le tessere ricche e sfavillanti ricoprono le superfici delle chiese cristiane. Dopo essere stata per un certo tempo abbandonata, questa tecnica è tornata ad attirare l’interesse di importanti artisti agli inizi del Novecento
L’uso di decorare le superfici con il mosaico ha origini molto antiche in Asia Minore e in Mesopotamia, ma è soprattutto caratteristico del mondo greco-romano prima e di quello medievale poi.
Uno degli esempi più antichi che conosciamo è un mosaico risalente al 4° secolo a.C. che si conserva a Pella, nella regione greca di Macedonia, e che rappresenta una Scena di caccia, realizzata con piccoli ciottoli accostati.
La tecnica del mosaico consiste infatti nell’accostamento di piccole sezioni di materia, dette tessere, di forma grosso modo quadrata e con superficie dai 2 ai 10 cm. Prima che le tessere vengano disposte la superficie subisce una lunga preparazione: viene steso uno strato chiamato arriccio costituito da calce, sabbia e acqua, al quale è sovrapposto un impasto di polvere di marmo, calce spenta e pozzolana in vari strati che occupano dai 3 ai 7 cm. Sull’ultimo strato, sul quale viene disegnata a colori la composizione, infine si applicano manualmente le tessere.
Diverse persone collaboravano alla preparazione e alla stesura di un mosaico. I Romani distinguevano gli operai addetti alla preparazione delle pietre o delle paste vitree dagli artisti veri e propri: il pictor imaginarius («pittore creativo») era colui che forniva il disegno o cartone, il pictor parietarius («pittore murale») colui che lo adattava alla parete e il musearius («mosaicista») l’esecutore effettivo del mosaico.
Nel mondo greco e romano la tecnica musiva si diffonde soprattutto nella decorazione pavimentale, come dimostra il famosissimo mosaico con la Battaglia tra Alessandro e Dario, proveniente dalla Casa del Fauno a Pompei. Datata al 2° secolo a.C., la grande composizione presenta uno stile complesso e drammatico e le tessere minutissime con cui è realizzata donano un forte effetto pittorico. Vicini al mosaico pompeiano sono i mosaici che ornano il Tempio della Fortuna a Palestrina, vicino a Roma, in cui il gioco di rifrazione della luce sulle tessere era in origine aumentato dall’acqua che scorreva sulla decorazione.
A partire dal 1° secolo a.C. il mosaico comincia a essere usato anche nelle abitazioni comuni, impoverendosi sia nel disegno sia nella fattura; le decorazioni sono generalmente a motivi molto semplici, soprattutto geometrici, con tessere bianche e nere. Il mosaico a semplici tessere bianche e nere diviene diffusissimo nel mondo romano, tanto che anche l’imperatore Nerone nella sua Domus aurea si accontenta di pavimenti rigorosi e senza colori.
Nel 2° e 3° secolo d.C. il mosaico inizia a cambiare, facendosi più elaborato e dando vita a ricche scene mitologiche, storiche e allegoriche, realizzate in maniera estremamente raffinata; in proposito un importante esempio è costituito dai mosaici della villa imperiale di Piazza Armerina in Sicilia, datati al 4° secolo, dove nella complessa e ricca figurazione si vedono addirittura ragazze in bikini.
Con l’avvento del cristianesimo, e quindi con la costruzione delle prime chiese cristiane, il mosaico acquista un’importanza sempre maggiore, spostandosi dalla decorazione dei pavimenti a quella di pareti, absidi e cupole, salendo quindi dalla ‘Terra’ al ‘cielo’!
Il mosaico diviene, infatti, la tecnica prediletta degli artisti medievali proprio perché grazie alle sue caratteristiche riesce a esprimere a pieno il senso di spiritualità della cultura del Medioevo. La materia costruttiva della chiesa ricoperta in gran parte di mosaici luminosi e sfavillanti sembra annullarsi e dilatarsi; l’edificio appare più suggestivo e lo spazio fisico dell’architettura sembra divenire spirituale.
Anche l’effetto sulle figure della decorazione è straordinario: il Medioevo, nel ritrarre principalmente personaggi sacri come Gesù, la Vergine e i santi, deve esprimere la loro natura celestiale e la loro appartenenza a un mondo ultraterreno distinto dalla realtà umana. In tal senso la tecnica musiva (ossia del mosaico), i colori accesi e ricchi e la preziosità della materia impiegata per le tessere riescono ad aumentare la regalità delle figure rappresentate; l’irregolarità delle tessere, poi, disposte sull’asperità della parete, crea con la rifrazione della luce giochi luminosi che conferiscono alla decorazione una forte suggestione.
Inoltre, quando il mosaico è formato dalla vicinanza di tessere di colore uguale (senza cioè sfumature cromatiche), questo conferisce alla figura un senso maggiore di piattezza e astrazione, che rende il personaggio sempre meno realistico e sempre più spirituale.
I maggiori centri di produzione di mosaici sono stati Costantinopoli e Salonicco in Oriente, e in Occidente Roma, Ravenna e Milano. Nei mosaici dei primi edifici cristiani di Roma si possono trovare ripresi temi decorativi pagani, come nel Mausoleo di Costanza, e caratteri stilistici ispirati all’antico, come nel mosaico absidale di S. Pudenziana e nelle Storie del Vecchio e Nuovo Testamento di S. Maria Maggiore, datati tra il 4° e gli inizi del 5° secolo.
In seguito, nel 6° secolo, si verifica una perdita di interesse per la rappresentazione realistica e tridimensionale; esemplari in tal senso sono i mosaici che ricoprono le pareti delle chiese di Ravenna: con la loro scarsa volumetria, la frontalità e il fondo oro i mosaici di S. Vitale – che celebrano l’imperatore Giustiniano e la moglie Teodora – e di S. Apollinare Nuovo tradiscono l’influsso dell’arte bizantina. I mosaici orientali continuano a esercitare il loro influsso sulla produzione artistica dell’Occidente anche tra 11° e 12° secolo. I mosaici di S. Sofia a Costantinopoli e quelli del monastero di Dafni in Grecia con le loro figure dalla volumetria appena accennata, lineari e spirituali, influenzano i mosaici siciliani, da Palermo a Monreale, e quelli veneti, da Venezia a Torcello.
A partire dal 13° secolo l’arte del mosaico si allinea alla pittura nella ricerca di una nuova definizione dello spazio e dei volumi: i personaggi tendono a essere più naturalistici e realistici, grazie anche all’uso di tessere molto piccole disposte in sfumatura cromatica, e lo spazio conquista di nuovo la terza dimensione. Questo processo si verifica sia a Costantinopoli sia in Italia, con i mosaici di Cimabue a Pisa e quelli di Iacopo Torriti e Pietro Cavallini a Roma.
A partire dal Quattrocento l’arte del mosaico conosce un periodo di lunga decadenza: il tentativo di imitare la pittura e di adeguarsi ai grandi rinnovamenti dell’arte del Rinascimento emargina il mosaico, per il quale si separa anche definitivamente il ruolo dell’esecutore da quello dell’artista.
Bisognerà attendere i primi anni del Novecento per trovare nuovamente artisti interessati al mosaico. Il pittore austriaco Gustav Klimt, nel raffinato clima decorativo dell’art nouveau, grazie al suo amore per i colori smaltati, i materiali preziosi e il linearismo elegante delle figure si avvicina al mosaico, compiendo addirittura un viaggio a Ravenna per studiare questa tecnica. Il risultato è il bellissimo fregio musivo che Klimt realizza per Palazzo Stoclet a Bruxelles con le immagini dell’Attesa e dell’Abbraccio, simboliche e decorative proprio come i mosaici ravennati.
Anche in Italia alcuni artisti tornano a utilizzare la tecnica musiva; in particolare Mario Sironi è stato uno dei più forti sostenitori del ritorno alle tradizioni pittoriche italiane, anche attraverso il recupero di tecniche antiche come l’affresco e il mosaico. Sostenuto in questo anche dall’ideologia fascista nel suo legame con l’antichità romana, Sironi realizza negli anni Trenta il grandioso mosaico del Palazzo di Giustizia a Milano. Anche il pittore Gino Severini si dedica di nuovo al mosaico, tanto che a lui è dedicato l’Istituto d’arte per il mosaico di Ravenna, erede attuale di una grande tradizione che si mantiene soprattutto in Vaticano con l’antica scuola del mosaico, istituita nel 1727 e ancora oggi attiva.