MOSCA, Giammaria (Gianmaria, Giovanni Maria, Zuan Maria), detto il Padovano. – Nacque, probabilmente a Padova, tra il 1495 e il 1499 da Matteo, «burchiero», di famiglia originaria di Conza (luogo di difficile identificazione forse in Emilia, in Liguria o in Campania; cfr. Markham Schulz, 1998, cui si rimanda per ogni indicazione documentaria, ove non diversamente specificato)
, abitante nella contrada padovana di S. Michele.
Nel 1507 fu messo a lavorare presso la bottega dello scultore Giovanni Minelli e di suo figlio Antonio. Residente col padre sino al 1512, quando fu rescisso il contratto con i Minelli, trascorse il suo ultimo anno di apprendistato nella bottega dell’orefice Bartolomeo di Giacomo Mantello dove, in cambio di vitto e alloggio, doveva prestare il suo operato (come recita il contratto firmato dallo stesso Mosca).
A differenza di quest’ultimo maestro del quale non si sa nulla, i Minelli svolsero un ruolo importante nell’ambiente artistico padovano dell’epoca; Giovanni, in particolare, era stato nominato nel 1500 «protomaestro» per i lavori di ricostruzione della cappella dell’Arca di S. Antonio nell’omonima basilica padovana, ruolo che ricoprì, con brevi interruzioni, fino al 1523. Padre e figlio risultano inoltre impegnati, in prima persona, nei lavori di decorazione della cappella; in particolare, i due scultori eseguirono uno dei nove rilievi in marmo (La vestizione di s. Antonio) con storie antoniane destinati alle pareti, per i quali operarono, nello stesso periodo, scultori importanti quali Tullio e Antonio Lombardo (cfr. A. Sarchi, Lombardo, Antonio, in Dizionario biografico degli Italiani, LXV, Roma 2005, pp. 499-504; M. Ceriana, Lombardo, Tullio, ibid., pp. 531-539).
Il primo lavoro autonomo di Mosca è, con buona probabilità, il rilievo bronzeo con la Decollazione del Battista commissionato dalla Confraternita di S. Giovanni Battista per l’esterno del battistero della cattedrale padovana dell’Assunta ma ora nella sacrestia nord della chiesa; sebbene non documentata, l’opera, fusa da Guido Lizzaro nel 1516, è attribuita a Mosca da Marcantonio Michiel (1521-43) che ricorda anche di aver visto in casa dello stesso Lizzaro cinque modelli in terracotta di mano di Mosca tra i quali un Giudizio di Salomone e un Miracolo di s. Antonio; entrambe queste opere sono state identificate dalla critica con i due corrispondenti rilievi in marmo: il primo, ora nel Museo del Louvre, databile tra il 1521-28, fu commissionato, come specifica sempre Michiel, da Giovan Battista de Leone che ne fece dono al cardinale Reginald Pole; il secondo, corrispondente al Miracolo del calice intatto nella citata serie di rilievi per la cappella dell’Arca, fu iniziato da Mosca nel 1520 e completato dal milanese Pietro Paolo Stella nel 1529. Dal contratto per quest’opera si apprende che in quel periodo Mosca era impegnato a Venezia in lavori per un altare in S. Rocco, presumibilmente l’altare maggiore dell’omonima chiesa. Sebbene nella documentazione riguardante questa impresa, lo scultore non sia mai nominato, la sua partecipazione è segnalata dalle fonti (Scardeone, 1560; Sansovino, 1581) e la sua mano è stata riconosciuta (Markham Schulz, 1998) nelle statue dei Ss. Rocco, Giovanni Battista e Francesco e in due Putti.
A Padova come a Venezia, città in cui, almeno dal settembre 1522, tenne bottega presso S. Barnaba, Mosca si avvalse della collaborazione di altri artisti; si trattò per lo più di collaborazioni di breve durata, con l’unica eccezione del rapporto intessuto con Lizzaro. Entro il 1522 è documentata una Madonna in pietra (Boston, Isabella Stewart Gardner Museum) scolpita per la facciata di una delle case in calle Fiubera, a Venezia, il cui affitto era stato lasciato in eredità alla Scuola Grande di S. Maria della Carità dall’intagliatore di cristallo Paolo da Monte. Nel luglio 1524, a Padova, Niccolò da Corte fu pagato per aver realizzato un gruppo in terracotta (perduto) con la Lamentazione su Cristo morto, commissionato a Mosca (che evidentemente poi non intervenne) da «Bartolomeo orefice» per la chiesa di S. Maria del Carmine, mentre la fusione delle figure fu affidata a Lizzaro. Considerazioni stilistiche e le testimonianze delle fonti cinquecentesche (Michiel, 1523-41; Sansovino, 1581) consentono di assegnare a Mosca e alla sua bottega altre opere presenti nelle chiese veneziane di S. Maria Mater Domini (le statuette, in marmo bianco, di S.Marco e di S. Giovanni Evangelista per l’altare del Sacramento, 1527) e di S. Stefano (la statuettadiS. Giovanni Battista dall’acquasantiera, ora nel Museo della chiesa). A Mosca sono stati attribuiti anche i tre rilievi del Cristo Passo adorato da due angeli provenienti forse dalla tomba del collezionista Francesco Zio nella chiesa veneziana di S. Maria delle Vergini (1525 circa, Venezia, Casa cardinal Piazza; Markham Schulz, 2004) e il cenotafio del procuratore di S. Marco Alvise Pasqualigo in S. Maria dei Frari (1523-27 circa; Id., 1998, pp. 258-260).
A questi anni di attività risalgono anche i numerosi rilievi in marmo, oggi in diversi musei,raffiguranti singole figure mitologiche ed eroi romani che, simili nel formato al rilievo con Venere Anadiomene di Antonio Lombardo (Londra, Victoria and Albert Museum), furono prodotti in maniera seriale da Mosca e dalla sua bottega; tra i tanti, si segnalano il Muzio Scevola di Dresda (Staatliche Kunstsammlungen, Skulpturensammlung) ed Edimburgo (National Gallery of Scotland) e il Filottete nelle versioni di Mantova (Palazzo Ducale), San Pietroburgo (Museo dell’Ermitage), Londra (Victoria and Albert Museum).
Residente a Padova nell’aprile 1529, dove si sposò, di Mosca per i successivi tre anni non si trovano più tracce documentarie. Secondo Bernardino Scardeone (1560) fu chiamato, nel 1529, da Sigismondo I Jagellone re di Polonia per eseguire lavori all’interno della cappella funeraria reale, detta Jagellonica, nella basilica cattedrale dei Ss. Stanislao e Venceslao di Cracovia (cattedrale di Wawel). Se la partecipazione di Mosca a quest’opera, progettata nel 1517 dal toscano Bartolomeo Berrecci e ritenuta il più bel monumento del Rinascimento italiano d’Oltralpe, in particolare alla realizzazione della figura giacente del re, può essere solo ipotizzata, certo è che nel 1532 egli era già attivo per la corte polacca; in quest’anno infatti firmò il verso di quattro medaglie in bronzo (Modena, Galleria Museo e Medagliere Estense) raffiguranti, sul recto, eseguito da ignoto artista nordico, il re, la sua seconda moglie Bona Sforza, duchessa di Bari, e i loro due figli Isabella e Sigismondo Augusto.
Risale al periodo compreso tra il 1533 e il 1536 la prima opera documentata di Mosca in Polonia, il Ciborio del Sacramento, commissionatogli dal vicecancelliere della Corona e vescovo di Poznań e Cracovia, Piotr Tomicki, per la cattedrale di questa città. Dell’opera, in marmo rosso ungarico, compiuta entro il 1536, un anno dopo la morte del committente, restano soltanto due Angeli (Cracovia, Narodowe Muzeum) e il Tempietto (Modlnica, S. Adalberto, cappella di S. Sebastiano).
Al 1538 è documentata la tomba di Andrzej Krzycki, tra i più importanti umanisti polacchi, dal 1535 arcivescovo di Gniezno, nella cattedrale di questa città. Di questa invenzione, come della maggior parte delle opere di Mosca, non è possibile apprezzare l’insieme originale ma soltanto alcune parti: la figura del giacente, il rilievo con la Madonna col Bambino e angeli e due teste di cherubini.
Simile alla tomba Krzycki, nell’organizzazione architettonica e plastica, doveva essere anche il monumento funebre del vescovo di Poznań, Stanisław Oleśnicki (morto nel 1539) nella cattedrale dei Ss. Pietro e Paolo, eseguito insieme allo scultore toscano Giovanni Cini tra il 1540 e il 1543; di quest’opera rimane solamente la figura del giacente, nella cripta, che può essere assegnata oltre che a Cini, alla bottega di Mosca (Markham Schulz, 1998, p. 290 tav.191).
Residente a Cracovia sin dal 1545, prima nella casa di un sarto, Mosca ottenne nel 1549 dalla Tesoreria di Cracovia l’uso perpetuo di un ambiente posto entro le mura della città presso la porta di S. Nicola evidentemente usato come abitazione; dal 1553, la sua bottega si trovava presso il Collegio germanico. Il 29 settembre 1545 stipulò un contratto con la regina Bona Sforza per l’esecuzione della tomba e della cappella funeraria del vescovo di Cracovia e arcivescovo di Gniezno, Piotr Gamrat (morto un mese prima), situata sul lato nord-orientale del deambulatorio della cattedrale di Wawel, accanto a quella dedicata alla Vergine. All’arco d’accesso alla cappella, all’altare e alla tomba, Mosca lavorò sino al 1547.
Come recita il contratto, ogni parte della cappella, dedicata a S. Caterina, doveva imitare nella forma e nelle dimensioni la cappella funebre del vescovo Piotr Tomicki, ricostruita da Berrecci e completata intorno alla metà degli anni Trenta, anch’essa accanto all’altare della Vergine ma sul lato sud-orientale. Sebbene la cappella Gamrat abbia subito numerose trasformazioni, la tomba si presenta ancora nelle condizioni originali e testimonia che gli accordi presi con la regina furono rispettati in ogni dettaglio.
In questo stesso periodo Mosca, insieme a Cini, ricevette da Sigismondo Augusto l’incarico, saldato nel 1552, di eseguire il monumento funebre per la sua prima moglie, Elisabetta d’Asburgo, morta nel 1545. È inoltre probabile che dal 1552 Mosca abbia iniziato a lavorare anche al monumento funebre della seconda moglie di Sigismondo Augusto, la lituana Barbara Radziwiłł, morta nel 1551. Di queste due importanti opere che dovevano essere poste nella cappella reale della chiesa delle Ss. Anna e Barbara a Vilnius (distrutta), destinata a mausoleo per le due regine, si conservava, sino al 1930, nella collezione Rumyantsev a Mosca, solo la figura di una giacente da porre in relazione forse con il sepolcro di Elisabetta (Markham Schulz, 1998).
Negli anni compresi tra il 1545 e il 1551 i documenti della corte polacca ricordano diversi altri interventi, alcuni di minore entità, dello scultore. Si ricordano un modello della villa all’italiana di Prądnik Biały, edificata attorno al 1547 per volontà del vescovo della città Samuel Maciejowski (morto nel 1550) e, nel 1552, il monumento funebre di quest’ultimo nella cattedrale di Wawel. Sebbene il disegno dell’effigie del defunto sia attribuibile a Mosca, la sua esecuzione, così come quella dei due tondi dietro il ritratto, indirizza verso la collaborazione con il milanese Girolamo Canavesi, menzionato come socio di Mosca in un documento del 1556. Nel 1551, sempre a Cracovia, la Confraternita dell’Assunzione di Maria diede l’incarico a Mosca di realizzare il Ciborio dell’Eucarestia nella basilica di S. Maria, lavoro che fu terminato nel 1556, e per il quale si evince la collaborazione con il fiorentino Santi Gucci, vista la forma del tempietto che riproduce la cupola di S. Maria del Fiore a Firenze. Dell’insieme sopravvive il tempietto, in alabastro, e sei rilievi, incorporati nell’altare barocco del Sacramento nella navata est dell’edificio.
Probabilmente nel 1555 lo scultore si impegnò a consegnare, per il giorno dell’Ascensione dell’anno seguente, il monumento funebre di Walerian Protasewicz, vescovo di Vilnius, destinato alla cattedrale della città. Del sepolcro, completato nel 1558, rimangono soltanto alcuni frammenti (Vilnius, cattedrale, Lapidario) considerati però prevalentemente di mano della bottega.
Nel 1556 la Tesoreria reale emise in favore dello scultore un pagamento come acconto per l’esecuzione della tomba di Giovanni duca di Lituania da collocare nella sua cappella funeraria all’interno della cattedrale di Vilnius. Completato nel 1557, di questo monumento funebre, il cui trasporto da Pińczów è documentato nel 1560, non v’è più traccia. Nel 1558 Mosca fu pagato ancora una volta dalla Tesoreria reale per aver realizzato alcune porte e finestre di una casa presumibilmente sulla collina di Wawel. L’anno dopo lo scultore risulta impegnato nel progetto per il rifacimento del mercato della città sotto la direzione dell’architetto Jan Frankenstein.
Dopo il 1560 ricevette la commissione per il monumento funebre di Jan Kamieniecki nella chiesa francescana della Visitazione a Krosno. Il monumento, firmato «Ioannes Maria Italus», è sicuramente opera della bottega dello scultore. Simile firma appare anche nel complesso funebre Tarnowski, nella cattedrale di Tarnów, realizzato tra il 1561 e il 1567.
Destinato ad accogliere le spoglie di Jan Tarnowski,grande etmano della Corona e di suo figlio Jan Krzysztof, il monumento, realizzato su una base a rustico, si presenta come lavoro raffinato nel quale l’impiego prevalente del marmo rosso si coniuga con i rilievi figurati in alabastro, due statue di Virtù e il Cristo risorto inpietra calcarea bianca.
Nel 1565 Mosca risulta intento a realizzare il sepolcro di Bonaventura Cardiani medico del re Sigismondo Augusto (perduto); due anni dopo eseguì lavori nel palazzo episcopale di Cracovia. Risale al 1571 l’ultima importante commissione, suffragata da documenti. In quest’anno infatti il re Sigismondo Augusto (morto nel 1572) lo incaricò di realizzare un sepolcro per sé, adiacente a quello del padre, nella cappella Jagellonica della cattedrale di Wawel. Mosca lasciò l’opera incompiuta e gli subentrò Santi Gucci che la ultimò, in marmo rosso d’Ungheria, nel 1575.
Morì a Cracovia prima del dicembre 1573.
Non ebbe figli dalla moglie, la commerciante Caterina Przikustsa, morta nel 1570.
Fonti e Bibl.: M. Michiel, Notizia d’opere del disegno (1521-43), a cura di T. Frimmel (1896), introd. di C. De Benedictis, Firenze 2000, pp. 34, 103; B. Scardeone, De antiquitate urbis Patavii, Basileae 1560, p. 377; F. Sansovino, Venetia città nobilissima et singolare, Venetia 1581, pp. 49-71. Per la bibliografia precedente il 1998 si fa riferimento alla monografia di A. Markham Schulz, G. M. called Padovano: a Renaissance sculptor in Italy and Poland, University Park, PA, 1998; Id., Writing G. M. called Padovano, in Biuletyn historii sztuki, LXII (2000), pp. 249-259; M. De Vincenti, G. M., detto il Padovano, in Padova e il suo territorio, XVI (2001), 92, pp. 38-41; Donatello e il suo tempo: il bronzetto a Padova nel Quattrocento e nel Cinquecento (catal., Padova), Ginevra 2001, pp. 226, 229, 232; S. Blin, Le Jugement de Salomon de Gianmaria M., in Connaissance des arts, 2003, n. 602, pp. 92-95; Un Rinascimento singolare: la corte degli Este a Ferrara (catal., Bruxelles) a cura di J. Bentini - G. Agostini, Cinisello Balsamo 2003, passim; G. Doti, Gucci, Santi, in Dizionario biografico degli Italiani, LX, Roma 2003, pp. 556-558; M. De Paoli, Opera fatta diligentissimamente: restauri di sculture classiche a Venezia tra Quattro e Cinquecento, Roma 2004, p. 133; A. Markham Schulz, A newly discovered work by G. M., called Padovano, in The Burlington Magazine, CXVI (2004),1219, pp. 656-664; V. Farinella, Un problematico rilievo bronzeo da Antonio Lombardo (e un documento trascurato su Savoldo a Ferrara), in L’industria artistica del bronzo del Rinascimento a Venezia e nell’Italia settentrionale. Atti del Convegno internazionale di studi, Venezia… 2007, a cura di M. Ceriana - V. Avery, Verona 2008, pp. 81-108; S. Zanuso, La produzione in bronzo milanese verso il 1580 e le figure di Annibale Fontana e Francesco Brambilla, ibid., pp. 104, 280; D. Tosato, Minelli, Giovanni, in Dizionario biografico degli Italiani, LXXIV, Roma 2010, pp. 580-582; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, pp. 174-176.