MOSCA
(XXIII, p. 907; App. II, II, p. 351; III, II, p. 163)
La popolazione della città, che al censimento del 1970 era di 6.942.000 ab., all'inizio del 1990 era stimata in 8.801.000 ab., che corrispondono, nell'arco di un ventennio, a un incremento annuo medio di oltre 90.000 abitanti. Pur escludendo la popolazione delle città industriali che la circondano e che formano la cosiddetta Grande Mosca, la metropoli moscovita rappresenta oggi una delle più popolose città del mondo, con un agglomerato urbano pari, in Europa, a quello di Parigi. Molteplici sono le funzioni della città: essa è anzitutto un centro politico, amministrativo e culturale di grande importanza.
Sotto il profilo dell'organizzazione del territorio, occorre notare che i quartieri centrali ospitano prevalentemente le istituzioni politiche e amministrative; vi sono, inoltre, fortemente rappresentate funzioni culturali (teatri, musei, biblioteche) e attività commerciali specializzate. Le industrie (in special modo l'industria pesante) sono situate nella zona orientale dell'agglomerazione: ciò è dovuto al fatto che l'afflusso delle materie prime avviene mediante le linee ferroviarie provenienti dagli Urali e dalle altre regioni dell'ex URSS, e che convergono a est di Mosca.
Il potenziale industriale è consistente e specializzato in prodotti ad alto valore aggiunto; comprende stabilimenti metallurgici, meccanici, elettrotecnici, chimici, tessili e alimentari. La branca più ragguardevole del settore meccanico è quella automobilistica, rappresentata da due imponenti impianti; segue la costruzione di macchine utensili, che − al pari delle costruzioni aeronautiche − ha registrato, negli ultimi anni, un deciso impulso. Grandi progressi si sono avuti anche nella produzione elettronica. Non va dimenticata, infine, l'industria poligrafica: più della metà dei giornali e delle riviste dell'ex URSS era infatti stampata nella capitale.
M. è attivo nodo stradale, ferroviario e aereo; i suoi quattro aeroporti (di cui quello internazionale di Domodedovo è, per volume di traffico, tra i maggiori d'Europa) hanno un traffico di 20 milioni di passeggeri all'anno in entrata e in uscita. È, inoltre, un vivace centro portuale, collegato mediante fiumi e canali con i mari Baltico, Bianco, Nero, d'Azov e Caspio. Attraverso i suoi tre porti fluviali passano annualmente circa 38 milioni di t di merci.
Intenso è il movimento pendolare dai vicini centri industriali: diversi mezzi pubblici assicurano gli spostamenti interni dei Moscoviti, ma tra tutti prevale la metropolitana; costruita nel 1935, ha attualmente una lunghezza di 184 km, 115 stazioni e un trasporto complessivo di 2417 milioni di passeggeri all'anno.
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Architettura. - Il limite geografico di M. (ambito puramente urbano, con l'esclusione quindi dei sobborghi e dei centri-satellite ricadenti nella sua Regione) coincide con l'anello autostradale di circonvallazione, del diametro di 30 km tra est e ovest e di 40 tra nord e sud, contenente un'area di 879 km2. L'incremento demografico della città, dal momento in cui è diventata capitale sovietica (marzo 1918), non ha conosciuto praticamente sosta, salvo quella dovuta alle perdite belliche e all'evacuazione di massa negli anni della seconda guerra mondiale. Alla crescita demografica hanno corrisposto fenomeni di crescita economica e di dilatazione fisica. Le ipotesi di decongestionamento e di superamento degli squilibri socio-economici tra città e campagna sono state complessivamente contraddette. Nell'area moscovita è restato concentrato circa il 20% della produzione sovietica e la congestione demografica e spaziale ha toccato di conseguenza valori critici.
La realizzazione del piano del 1935 − primo piano sovietico di M. capitale − aveva inciso profondamente sul volto della città, ampiamente ristrutturata nella parte centrale, ma non ne aveva modificato il modello di sviluppo. Nell'immediato dopoguerra si pose il problema della ricostruzione, per far fronte alla quale fu varato il Piano decennale 1951-60. Furono, quegli, gli anni in cui non ci si limitò a edificare importanti complessi residenziali lungo le principali radiali (specie nel settore sud-ovest), ma si decise anche di realizzare alcune delle più significative emergenze urbane, i sette ''grattacieli'' disposti lungo l'anello di circonvallazione interna, il cosiddetto Sadovoe Kol'co, concepiti per sostituire, nell'immagine complessiva della città, il Palazzo dei Soviet, destinato a rimanere allo stato di progetto.
Nel decennio successivo, gli studi e le proposte di piano si caratterizzarono essenzialmente come correttivi o dispositivi finalizzati a regolare lo sviluppo e a rispondere via via alla domanda crescente di nuove abitazioni, nonché di servizi sociali e di trasporto adeguati.
In seguito all'atto governativo del 18 aprile 1960, con il quale i confini amministrativi venivano allargati fino al limite dell'anello autostradale esterno, cominciò a delinearsi la questione di un nuovo piano, coordinato con l'intera regione economica. Le previsioni contenute nei documenti del 22° Congresso del PCUS (1961) erano infatti indirizzate in modo da incoraggiare il decentramento delle attività industriali e da consentire un assorbimento della popolazione attiva in esubero da parte delle cosiddette occupazioni ''improduttive'' (educazione, salute pubblica, servizi in generale). Sempre nel 1961 venne poi pubblicato lo Schema ''di prospettiva'' della Grande Mosca, in cui erano contenute le direttive a lungo termine (25÷30 anni) per la suddivisione del territorio in zone interrelate di pianificazione. Già nel 1963 si cercò di decentrare nei 47 Sovnarkozi dell'URSS le stesse attività amministrative connesse alle principali imprese industriali ed edili. In tale processo vennero in primo luogo coinvolti i centri suburbani posti a una distanza media di 30÷35 km dal centro, concepiti come Centri-satellite (Sputniki), con la funzione di alleggerimento del sistema metropolitano.
La pianificazione essenzialmente ''volontaristica'' del periodo kruscioviano si qualificò tuttavia come un insieme di aggiustamenti assai confusi e anche contraddittori, destinata come sarà a confrontarsi con una realtà territoriale, formatasi nel concreto dello sviluppo storico, che è e resta fortemente centripeta. L'obiettivo dominante fu quello dell'eliminazione del deficit di alloggi attraverso la costruzione di nuovi grandi quartieri ''di massa'' e l'introduzione di metodi di prefabbricazione pesante. Alla dilatazione degli interventi corrispose una linea decrescente dei costi unitari, ma a scapito della qualità. I nuovi complessi residenziali − peraltro tecnologicamente ''poveri'' − non si sottrassero ai difetti di una monotonia volumetrica e di una scarsa varietà tipologica. Né lo sforzo produttivo è riuscito a bilanciare il permanente divario tra domanda e offerta di nuove abitazioni. L'incremento di popolazione, infatti, dovuto più in generale alla dinamica immigratoria, è stato anche imputabile allo stesso incremento di attività nel settore edile, la cui manodopera venne attinta all'interno dei gruppi sociali di più recente inurbamento.
Nei primi anni Settanta si rese necessaria una profonda revisione della strategia urbana. Con il nuovo piano (1971) si è riproposta la distinzione tra un'area metropolitana centrale, per la quale si formularono ipotesi di sviluppo ''armonioso'', e un'area regionale produttiva, che fu indicata come ''area di sviluppo industriale prioritario''.
Si trattò, ancora una volta, di ''regolare'' la crescita della città, ma accanto alle grandi scelte economico-politiche, si ponevano le questioni di un'ideologia aggiornata, care alla nuova leadership brežneviana, relative alla funzione simbolica e rappresentativa della capitale. Aumentando la produttività (nuovo obiettivo strategico) e contemporaneamente specializzando le industrie moscovite, si riteneva possibile controllare la domanda di forza-lavoro e quindi contenere le spinte all'espansione fisica della città. Così, mentre le industrie si sarebbero orientate verso un processo di aggregazione e concentrazione, secondo criteri di affinità, la razionalizzazione doveva riguardare anche la distribuzione di popolazione e i trasporti, così da garantire la "normale organizzazione funzionale e il collegamento di tutte le parti (zone produttive, aree residenziali, centro urbano, luoghi di riposo)".
Il modello adottato mirava complessivamente alla creazione di un equilibrio funzionale tra zone urbane ed extra-urbane e si fondava essenzialmente su un sistema territoriale di divisione del lavoro, sulla specializzazione delle zone produttive e su un efficiente sistema di trasporti che rendesse possibile, per ogni moscovita, raggiungere il posto di lavoro in non più di 30÷35 minuti.
Il regime di equilibrio avrebbe poi dovuto essere garantito (e rappresentato) dalla creazione di sette nuove ''Zone integrate'' di pianificazione, dotate di una relativa autonomia: "ciascuna zona dovrà avere un equilibrio stabile tra la disponibilità di forza lavorativa e luoghi d'impiego del lavoro". A ogni zona, infine, avrebbe dovuto corrispondere un nuovo ''centro'', da collegarsi con quello ''storico'' dell'area centrale, che finiva per rappresentare l'ottava zona di pianificazione, la cui funzione sarebbe stata quella di unificare urbanisticamente l'intero insieme.
In tal modo si sarebbe venuta a creare un'originale configurazione della struttura urbana, tentacolare e aperta verso l'esterno, ma con un sistema di poli disposti verso le estremità che mantenessero un collegamento con quello centrale. Dal punto di vista delle grandi infrastrutture di collegamento si sarebbe poi creata una situazione del tutto nuova. Alla maglia radiocentrica, che può definirsi ''storica'' e che è confermata dal piano del 1935, sarebbe venuta a sovrapporsi una maglia di grandi assi di scorrimento veloce orientati tra loro ortogonalmente, in modo da formare un grande quadrilatero di supporto alla città, tangenzialmente all'area centrale.
Il piano del 1971 − estremamente ambizioso e orientato secondo il duplice obiettivo della pratica costruttiva dei grandi quartieri nelle fasce periferiche e della ristrutturazione magniloquente del ''sistema centrale'' − si sarebbe tuttavia scontrato con le difficoltà crescenti dell'economia sovietica e con i costi ingenti delle nuove urbanizzazioni. Basti pensare che il quartiere-modello previsto per gli anni Ottanta, quello di Čertanovo-Nord, dotato di una quantità inusitata di servizi e di grandiose opere infrastrutturali, sarebbe rimasto incompiuto e in gran parte abbandonato allo stato di rudere. Solo in occasione delle Olimpiadi del 1980, e grazie al notevole sforzo finanziario ad esse connesso, si sarebbe ottenuto un parziale rilancio delle operazioni di piano, specie nel settore della ricettività turistica e, naturalmente, delle attrezzature sportive.
È con il grande cambiamento politico-culturale dovuto alla perestrojka gorbačeviana e, più recentemente, con la forte autonomia amministrativa di cui la capitale russa, ex sovietica, è tornata a godere, che si sono introdotte metodologie di approccio ai problemi del piano totalmente diverse e più realisticamente ancorate alle dinamiche economico-spaziali in atto.
Accantonati i temi dell'ideologia della capitale ''città esemplare'', si è tornati ad affrontare i problemi della parte centrale della città e ci si è orientati non tanto a proseguire genericamente una politica di decentramento e di decongestionamento del centro, quanto di una redistribuzione equilibrata delle attività che vi si svolgono, specie quelle terziarie. Attualmente si sta in particolare tentando di compensare il divario tra zone congestionate, caratterizzate da uno sviluppo selvaggio delle attività ''di scambio'', e zone che, pur collocate all'interno della maglia urbana, si caratterizzano come zone marginali (gran parte del settore meridionale e zone non servite da linee di metropolitana). Si dovrebbe in tal modo ottenere una distribuzione più equilibrata dei pesi tra le varie zone e una valorizzazione delle parti desuete della zona centrale della città.
Più in generale si avverte infine l'esigenza (fatta propria da quanti, urbanisti e amministratori, attualmente si occupano d'impostare un nuovo piano) di raccordare le operazioni a scala più ridotta, riferite ai tessuti e ai sottosistemi della città storica, fortemente strutturati attorno al Bul'varnoe Kol'co, con le operazioni a grande scala, riferite soprattutto alle principali infrastrutture radiali, impostate sin dagli anni Trenta (come le prospettive ex Leninskaja, Kutuzovskaja, Kalinina, le piazze ex Smolenskaja, Vosstanja, Oktiabr'skaja, ecc.), che trovano la propria struttura di supporto nel Sadovoe Kol'co, ma che sono contornate da ampie zone dotate di un'urbanizzazione frammentaria, discontinua e scarsamente qualificata. Vedi tav. f.t.
Bibl.: N. Voronin, La ricostruzione edilizia nell'URSS, Roma 1946; AA. VV., Moskva. Planirovka i zastrojka goroda 1945-1957, Mosca 1958; Id., Moskva Leningrad Kiev. Žiliščnoe stroitel'stvo v SSSR, ivi 1959; Id., Novye Rajony Moskvy, ivi 1960; G. Miščenko, Bol'šaja Moskva, in Sovetskaja Architektura, sb. Sojuza Architektorov SSR n. 13, 1961; F. Tentori, La prima città dell'URSS, in Casabella continuità, 262 (aprile 1962); AA. VV., Gradostroitel'stvo SSR, Mosca 1967; M. Ilyin, Moscow. Architecture and monuments, ivi 1968; M. L. Stronghina, La città sovietica, Roma 1971; Mosca. Il nuovo Piano del 1971 e la sua realizzazione, a cura di V. Quilici, Milano 1974; V. Quilici, Città russa e città sovietica. Caratteri della struttura storica e pratica della trasformazione socialista, ivi 1976; A. E. Gutnov, I. G. Ležava, Buduščee goroda, Strojizdat 1977; Mosca capitale dell'utopia, Catalogo della mostra, con saggi di S. O. Chan Magomedov, A. Ikonnikov, A. Manina, V. Quilici, A. Rjabušin, F. Tentori, ivi 1991.