FOÀ, Mosè Beniamino
Nacque a Reggio Emilia nel 1729 da Salvatore e Dolce Lenghi; il padre, appartenente alla comunità ebraica, gestiva una piccola attività commerciale di chincaglieria e di altra merce minuta insieme con alcuni libercoli e materiali di cancelleria. Fin da giovane, però, il F., istruito nelle cose della sua religione e non privo di una buona predisposizione allo studio, si fece notare dal gesuita F.A. Zaccaria, direttore della Biblioteca Estense di Modena. Divenuto provveditore privilegiato della Libreria ducale, egli poté incrementare considerevolmente il commercio paterno, e affinare le proprie conoscenze erudite e bibliografiche, presentandosi come uno dei librai più qualificati del Ducato. La lista dei libri acquistati presso la sua bottega dalla Libreria ducale divenne particolarmente consistente tra il 1763 e il 1764, alla vigilia cioè della sua solenne apertura al pubblico: nel solo 1763 essa elenca circa 500 opere per oltre 1.000 volumi.
Il F., oltre a recarsi spesso a Venezia. compiva veri e propri viaggi d'affari in Europa per trattare di persona l'acquisto di intere librerie private e di quanto appariva, di anno in anno, sul mercato librario. Questa considerevole quantità di libri andava ben al di là delle esigenze della Biblioteca Estense e degli stessi cittadini reggiani e modenesi; per questo, fin dal 1761, il F. aveva cominciato a fare stampare l'elenco delle principali edizioni presenti nella sua bottega e lo inviava anche ai clienti eventuali fuori dei confini del Ducato. Nel 1765 si recò ad Augusta, si fermò poi alla fiera di Francoforte e infine raggiunse Amsterdam da dove spedì a Reggio i libri che aveva raccolto, specificando ch'essi erano diretti alla Biblioteca degli Estensi per evitare, nella misura del possibile, danni e furti. Proprio nel momento in cui si andava manifestando un sempre maggior interesse per i libri e il sapere, aveva scelto con oculatezza i suoi potenziali clienti e in pochi anni era riuscito ad accumulare grandissime ricchezze, allargando i propri affari ad altri settori della vita economica del Ducato. Divenne ben presto anche il primo banchiere del duca. Nel 1768 costituì una Società per la tratta del riso e un'altra per l'approvvigionamento del grano.
Verso la fine degli anni Sessanta il F., grazie all'esperienza acquisita e alla buona conoscenza dei desideri e dei gusti del pubblico, poteva aspirare ad un posto di tutto rispetto tra i principali librai dell'Italia centrosettentrionale: di grande aiuto gli furono, in questa impresa, la protezione e gli appoggi che vantava a corte, sia da parte del marchese A. Frosini, maggiordomo del duca, sia soprattutto da parte del marchese Clemente Bagnesi, primo ministro e vero artefice della politica ducale in Modena.
Nell'estate del 1769 raggiunse le principali città della Svizzera, della Francia, delle Fiandre e dell'Inghilterra per ottenere a un prezzo conveniente quanto di meglio offriva il mercato librario europeo.
Alcune lettere scritte da Parigi e da Londra al marchese Bagnesi rivelano il grande interesse con cui era seguito il suo viaggio, che probabilmente aveva anche carattere ufficiale in quanto egli si presentava come provveditore della Biblioteca ducale. Riuscì in tal modo ad accumulare a Modena e a Reggio una gran quantità di libri. Da questo momento anche i circoli intellettuali più esigenti si interessarono alla sua attività; da Milano, dove risiedevano i suoi due potenti protettori e clienti, il marchese Bagnesi ed il conte Carlo Firmian, C. Beccaria gli scrisse più di una volta per rifornirsi di libri. Il salto di qualità compiuto dalla sua libreria era ormai noto grazie al nuovo catalogo a stampa della sua raccolta: nel presentarlo al duca sostenne con orgoglio che "se non è il primo fra i cataloghi librari d'Italia non è certamente degli ultimi".
In seguito il F. continuò a stampare i cataloghi della sua libreria e a inviarli ai suoi clienti nel 1775, nel 1779, nel 1783 e nel 1788; e, quindi, dopo il periodo rivoluzionario, nel 1803 e nel 1814. Guardava principalmente alla Francia e alla sua cultura; tuttavia, nel 1787, riuscì anche a mettere in piedi una società per l'importazione e l'esportazione di libri italiani e tedeschi con il libraio C.W. Ettinger di Gotha.
Era attiva a Modena, a partire dal 1768, la tipografia di G. Montanari: già nel 1769, orientata principalmente alle produzioni dotte e di ampio respiro, mostrava di non riuscire a sostenersi senza nuovi capitali. Quando, nella primavera del 1771, la crisi si fece più acuta, il F. costituì con E. Sacerdoti e altri banchieri ebrei una Società tipografica che acquistò l'intera stamperia del Montanari. Nacque così la stamperia della Società tipografica di Modena, direttamente controllata sul piano editoriale dal Foà.
Egli, grazie alle relazioni già da tempo stabilite con i principali librai italiani e stranieri, poteva smaltire più rapidamente del Montanari gli esemplari che uscivano dalla stamperia, della quale fu nominato direttore Silvestro Abboretti. La prima edizione che rivelò il buon livello tecnico della sua azienda fu il nuovo Codice estense, stampato in due volumi nell'autunno del 1771. La continuità editoriale con l'impresa del Montanari si manifestò soprattutto nello stretto legame che la Società tipografica mantenne con gli ambienti universitari modenesi: il 5 febbr. 1772 il F. ottenne anche il titolo di "tipografo dell'università" col privilegio di stampare tutto ciò che la riguardava: dalle opere dei docenti alle carte della segreteria. In quello stesso giorno il F. ottenne anche la piena cittadinanza modenese che gli assicurava non pochi vantaggi dal momento che ormai Modena era, accanto a Reggio, il centro principale della sua attività libraria, enormemente aumentata dopo il rinnovamento dell'università e l'apertura della sua biblioteca. Egli era dunque diventato agli inizi degli anni Settanta il tipografo, il libraio e l'editore dell'alta cultura modenese: dalla stamperia della Società tipografica uscirono tutte le opere di G. Tiraboschi, nuovo bibliotecario dell'Estense.
Dopo la soppressione della Compagnia di Gesù, nel 1774 il F. ottenne senza pagare alcun affitto una parte del loro collegio per impiantarvi la stamperia. Questa graziosa concessione sovrana, le numerose esenzioni fiscali e doganali (per l'introduzione in Modena di libri e di caratteri), nonché le sue funzioni di banchiere della Camera ducale, di tipografo dell'università e di provveditore delle biblioteche Estense e Universitaria gli fornivano uno status a mezza strada tra il funzionario pubblico e il commerciante privato che, nella società di antico regime, gli garantiva non pochi vantaggi. Nel 1780 ottenne anche da Roma "la licenza di ritenere e commerciare libri anche proibiti, ristretta però ai soli Stati di cotesto Ducato di Modena".
Negli ultimi anni dell'età di antico regime uscirono dai torchi della Società tipografica anche edizioni che, in un certo senso, prepararono i tempi nuovi; tra queste le Lettere piacevoli di G. Compagnoni e il giornale La spezieria di Sondrio di G. Ristori incorsero nei rigori della censura: le prime furono ampiamente mutilate e il secondo, dopo alcuni numeri, fu soppresso "per le allocuzioni fanatiche, e trasportate che vi pubblica dell'Assemblea di Francia", come si espresse il censore ducale G. Fabrizi.
Subito dopo l'arrivo dei Francesi, nell'ottobre del 1796, la stamperia del F. pubblicò il Giornale repubblicano di Pubblica Istruzione che sostenne le lotte dei giacobini modenesi e reggiani più accesi; esso, però, fu in seguito stampato da G. Vincenzi. Il F., del resto, si era sempre mantenuto più vicino alle posizioni dei ceti abbienti e accolse con soddisfazione la svolta moderata imposta dal Direttorio e da Napoleone alla politica della Cisalpina. Nonostante i pregiudizi e le diffidenze che persistevano in larghi strati della popolazione nei confronti degli ebrei, ai successi economici e finanziari conquistati dal F. sotto il regime estense si aggiunsero, in età napoleonica, riconoscimenti sociali e fortune politiche: furono tali il prestigio e l'autorità da lui acquisite in questi anni che alcuni suoi correligionari lo accusarono sul Giornale repubblicano di atteggiamenti dispotici nei confronti degli altri ebrei. Già nel triennio repubblicano, per la sua conoscenza del mondo librario, fu nominato ispettore sopra la Biblioteca di Reggio appena istituita, ma il riconoscimento politico delle sue qualità imprenditoriali ed amministrative venne all'inizio del nuovo secolo con l'elezione nel Collegio dei commercianti ai Comizi del Lione del 1802 e con la nomina a rappresentante della Comunità ebraica di Reggio Emilia al gran sinedrio di Parigi del 1806. Ma ormai era troppo avanti negli anni e rinunciò alla trasferta parigina. Si ritirò così a vita privata e ad attendere con tranquillità alla propria bottega libraria, della quale ci è pervenuto l'ultimo catalogo a stampa del 1814.
Morì a Reggio Emilia l'11 genn. 1821.
Le autorità estensi, dopo aver imposto una esorbitante tassa di successione, rientrarono in possesso dei locali del collegio dei gesuiti, acquistarono tutti i capitali della stamperia e con essi aprirono nel 1822 la Tipografia camerale, direttamente controllata dai funzionari del duca fino all'unificazione italiana.
Fonti e Bibl.: E. Manzini, Memorie stor. dei reggiani più illustri nelle scienze nelle lettere e nelle arti dal 1768 al 1877, Reggio Emilia 1878, pp. 106 ss.; A. Balletti, Gli ebrei e gli Estensi, Modena 1913, pp. 210-216; L. Padoa, Una lettera di M. B. F. e l'opera di Moisè Formiggini nell'età napoleonica per un rinnovamento dell'educazione ebraica, in Contributi. Rivista della Biblioteca municipale di Reggio Emilia, II (1978), 3, pp. 71-77; Id., Le università ebraiche di Reggio e Modena nel periodo 1796-1814, in Reggio e i territori estensi dall'antico regime all'età napoleonica, Parma 1979, pp. 103-136; L. Balsamo, Editoria e biblioteche della seconda metà del Settecento negli Stati estensi, ibid., pp. 505-531; G. Montecchi, Aziende tipografiche, stampatori e librai a Modena dal Quattrocento al Settecento, Modena 1988, pp. 123-169; L. Balsamo, Gli ebrei nell'editoria e nel commercio librario in Italia nel '600 e '700, in Italia Judaica. Gli ebrei in Italia dalla segregazione alla prima emancipazione, Atti del III Convegno..., Tel Aviv... 1986, Roma 1989, pp. 49-65.