MOSE da Rieti
MOSÈ da Rieti (Moses ben Isaac). – Nacque a Rieti nel 1388 da Gaio (Isaac), probabilmente un banchiere, e qui trascorse la sua giovinezza fino al momento in cui intraprese gli studi universitari di medicina in una città che non è nota, ma che potrebbe essere Perugia.
Tornato a Rieti dopo la morte del padre nel 1422, insieme a tre soci ebrei – Elia di Musetto, Angelo di Ventura e Ventura di Angelo – ottenne in quello stesso anno dal signore della città Rinaldo Alfani e dal Consiglio comunale una condotta feneratizia, in alcuni capitoli della quale le autorità reatine tessevano grandi elogi della sua scientiam ac multiplices virtutes, un probabile riferimento all’attività medica, che doveva esercitare parallelamente a quella usuraria. Nel 1425 insieme ai suoi soci concordò un nuovo tasso d’interesse per il prestito con le autorità reatine; nel 1428 risulta abitare, insieme al figlio primogenito Gaio, in una casa con bottega nel sestiere di Porta Carceraria de foris, residenza che in seguito trasferì nel sestiere omonimo de intus.
Dalla moglie Cilla, con cui visse per 52 anni e che morì settantenne poco prima di lui, ebbe almeno altri due figli: Leone e Bonaiuto, entrambi medici, il primo operante anche come banchiere – oltre che a Rieti – a Narni e ad Amelia; il secondo a Roma, dove è attestato come medico-chirurgo negli anni Settanta del Quattrocento. Anche Mosè abitò in queste città in diversi periodi, in particolare a Narni dove possedette una casa (poi venduta dal figlio Gaio nel 1476) e dove nel 1452 era a capo di una scuola rabbinica. Anche Gaio seguì le orme del padre, nell’attività sia di medico sia di prestatore, ed ebbe residenza preferenziale a Narni dal 1466 al 1475.
La storiografia, a partire da Umberto Cassuto (1918), ha tradizionalmente attribuito a Mosè un quarto figlio, Angelo, considerandolo il padre di quel Mosè da Rieti che dette inizio ai da Rieti senesi e toscani, ma questa notizia è da considerarsi priva di fondamento. Infatti un atto del 1495 del notaio di Siena ser Jacopo di Pietro Mochi dimostra che Mosè di Angelo era nipote non di Mosè di Gaio-Isacco, ma di un maestro Dattilo. Angelo di maestro Dattilo da Rieti nel 1460 fu socio di maestro Leone figlio del medico maestro Mosè di Gaio. Sempre a Rieti soci di maestro Leone di Mosè nella condotta del 1466 furono i tre figli di Angelo di maestro Dattilo, ovvero Dattilo, Samuele e appunto Mosè, che verso il 1484-85 si trasferì a Siena.
Dal 1431 Mosè risiedette – di solito per soggiorni piuttosto brevi – in diverse località dello Stato pontificio, ma con frequenti ritorni a Rieti, città della quale nei documenti viene sempre definito habitator e in cui mantenne la proprietà di una casa nel sestiere di Porta Carceraria de intus. Dall’inizio del pontificato di Eugenio IV (1431) era a Roma come rabbino di questa comunità e medico: probabilmente per questo motivo il 16 ottobre 1432 nominò Bonaventura di maestro Dattilo de Reate gestore del suo banco «ad gerendum et exercendum artem feneratoriam quam ipse magister Moyses gerere et exercere intendit in civitate Reate» (Di Flavio - Papò, 2000, p. 51 n.). Nel 1436 risulta a Perugia, dove copiò per la sua biblioteca, ricca di testi medici e filosofici, la versione ebraica del Robur coelorum di Averroè (come attesta l’autografo colofone del ms.), e quindi a Narni, dove ricevette la nomina per un anno a medico condotto di Rieti tramite una lettera ufficiale del 27 gennaio 1437 (ricopiata nel libro di riformanze di quell’anno) inviata dal Consiglio comunale reatino al «prestanti artium et medicine doctori magistro Moisi ebreo de Reate nunc Narnee commoranti». Nella lettera Mosè – per il quale fu disposto un salario di ben 120 ducati d’oro annui – viene definito: «phisicus egregius et famosior aliis phisicis in nostris partibus constitutis». L’incarico gli venne conferito dai Reatini una seconda volta nell’ottobre 1440 con lo stesso salario e sempre con espressioni di lode nei suoi confronti (expertus et doctus in magisterio suo). Negli anni seguenti svolse la professione medica in altre località, sebbene non sia facile seguirne le tracce, considerando la frequenza dei suoi spostamenti: negli anni Quaranta era a Perugia, poi a Foligno, nel 1454 sicuramente a Terni, nel 1458 a Fabriano, dove le autorità locali gli scrissero offrendogli la condotta medica per due anni (a partire del 1° gennaio 1459) con un salario complessivo di 170 ducati. Per poter esercitare in piena regola nella città umbra, che non avrebbe accolto un medico ebreo privo di «licentiam in scriptis et despensationem et medicine praticam exercendi a S.mo domino nostro Papa», espressamente richiesta nella lettera di ingaggio, Mosè si fece rilasciare nel dicembre 1458 una licentia medendi dalla cancelleria pontificia (Simonsohn, 1989, n. 848). Forse solo per questo è stato considerato uno dei medici personali di Pio II, tesi ribadita da molti studiosi, anche recentemente, ma senza rinviare ad alcun documento specifico che attesti tale prestigioso incarico.
Mosè si era acquistata grande stima anche al di fuori di Rieti, e non solo come medico: nel 1425 era stato nominato arbitro per derimere una controversia d’affari tra ebrei ternani ed ebrei dell’Aquila; nel 1443 fu incaricato dalla comunità romana di rappresentarla presso altre comunità ebraiche italiane per ottenere i contributi finanziari resi necessari dall’accordo tra gli ebrei e la Curia romana, accordo che portò alla revoca delle disposizioni – oltremodo gravose per gli ebrei – sancite dalla bolla Dudum ad nostram audientiam di Eugenio IV.
Verso la fine del 1460 era a Roma, dove morì in data non precisabile ma entro il 1466, probabilmente ab intestato.
Il 17 dicembre 1466, infatti, i suoi tre figli Gaio, Leone e Bonaiuto nominarono due arbitri ebrei per procedere alla divisione del patrimonio paterno. Una parte cospicua della ricca biblioteca di Mosè andò a Gaio (al quale, essendo il primogenito, spettava una parte doppia dell’eredità), come mostra il testamento di quest’ultimo, rogato a Narni nel 1475.
Oltre che cultore di studi filosofici e medici (è noto anche come autore di un commentario agli Aforismi di Ippocrate), Mosè fu poeta, imitatore di Dante e di Immanuel Romano. La sua opera più famosa e diffusa, come provano le numerose copie manoscritte tuttora esistenti, è un poema enciclopedico in terza rima, il Miqdash Me‘at (Piccolo Santuario), dove nella seconda parte intitolata Hekal (Tempio) si descrive un viaggio immaginario nel regno delle anime beate, ovvero i maestri del Talmud e i grandi luminari delle scienze ebraiche, vissuti soprattutto in Italia. Dal poema stesso apprendiamo che Mosè aveva iniziato a comporlo a partire dal 1415. La prima edizione a stampa si ebbe a Vienna nel 1851 per opera di Jacob Goldenthal con il titolo Il Dante Ebreo ossia il picciol santuario, poema didattico in terza rima, contenente lafilosofia antica e tutta la storia letteraria giudaica sino all’età sua. Irene Hijmans-Tromp (1989, p. 5, n. 12), segnala inoltre tre traduzioni del II canto del Hekal pubblicate tra la fine del Cinquecento e il principio del Seicento a Venezia: intorno al 1585 quella di Lazzaro da Viterbo (stampata in caratteri ebraici), negli anni 1601-02 quella della poetessa romana Debora Ascarelli (con testo ebraico a fronte); nel 1609 quella di Samuele da Castelnuovo (in caratteri ebraici). A quest’opera sono dedicati alcuni saggi nella rivista Prooftexts, vol. 23/1 (2003).
Meno note sono le restanti opere di Mosè, ovvero diversi scritti di argomento filosofico o scientifico (l’operetta medica Liqqutim mirefuot è stata edita a cura di Y. Leibowitz e Sh. Marcus in Kiryat Sefer, XLII [1966-67], pp. 108-128), un’opera apologetica e infine un’elegia per la morte della moglie, quest’ultima pubblicata da Ariel Toaff (1975, pp. 273 s.) e ripubblicata in edizione critica da Alessandro Guetta (2002, pp. 309-327). Di un unica opera in giudeo-italiano (ma scritta in caratteri ebraici), composta – con evidenti scopi didattici – tra il 1440 e il 1460, nel 1989 è stata curata l’edizione da parte di I. Hijmans-Tromp con il titolo Filosofia naturale e fatti de Dio (1989).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Rieti, Archivio comunale, Riformanze, vol. 15, cc. 73r-76r; vol. 17, cc. 11r-12r, 28r-29r; vol. 20, c. 72; vol. 23, cc. 72v-73r, 110r; vol. 25, c. 26r; vol. 28, c. 36v; Libri diversorum 203/1, 1428-29, cc. 7v, 10v, 11r; Camerlengato, 323, cc. 21, 31v; Arch. di Stato di Siena, Notarile Antecosimiano, n. 569 (1495-98), ser Jacopo di Pietro Mochi di Siena, pacco 7, 1495-96, alla data; Città del Vaticano, Bibl. apostolica Vaticana, Vat. Lat. 6792, p. I, c. 76; G. Marini, Degli archiatri pontifici, I, Roma 1784, p. 294; E.P. Rodocanachi, Le Saint-Siègeet les Juifs. Le ghetto à Rome, Paris 1891, pp. 172, 227, 323; A. Berliner, Geschichte der Juden in Rom von der ältesten Zeit bis zur Geggenwart, II, Frankfurt am Main 1893, p. 121; M. Stern, Urkundliche Beitrage uber die Stellung der papste zu den Juden, Kiel 1893, p. 64; H. Vogelstein - P. Rieger, Geschichte der Juden in Rom, II, Berlin 1896, pp. 12, 69-74, 110, 264 s.; U. Cassuto, Gli ebrei a Firenze nell’età del Rinascimento, Firenze 1918 (rist. 1965), p. 349; R. Sassi, Un famoso medico ebreo a Fabriano nel secolo XV, in Studia Picena, VI (1939), pp. 119-122; A. Milano, Storia degli ebrei in Italia, Torino 1963, pp. 156, 629, 657 s.; C. Roth, The Jews in the Renaissance, New York 1965, pp. 103-105; Bibliography of Mediaeval Arabic and Jewish medicine and allied sciences, a cura di R.Y. Ebied, London 1971, p. 129; A. Toaff, Gli ebrei a Perugia, Perugia 1975, pp. 82-84, 116 s., 273 s.; A. Esposito, Prestito ebraico e Monti di pietà nei territori pontifici nel tardo Quattrocento: il caso di Rieti, in Credito e sviluppo economico in Italia dal Medio Evo all’età contemporanea.Atti del I Convegno nazionale, Verona 1987, Verona 1988, pp. 97-111; Mosè da Rieti, Filosofia naturale e fatti de Dio. Testo inedito del secolo XV, a cura di I. Hijmans-Tromp, Leiden 1989; S. Simonsohn, The Apostolic See and the Jews. Documents 1394-1464, Toronto 1989, docc. nn. 631, 632, 848; A. Toaff, Il vino e la carne, Bologna 1989, p. 275; P. Pellegrini, Medici ebrei a Terni nel Medioevo, in Annuario di Studi ebraici, a cura di E. Toaff, XII (1988-91), pp. 89-104, 96 s., 102-104; A. Toaff, The Jews in Umbria, II, 1435-1484, Leiden-New York-Köln 1994, docc. nn. 774, 835, 1038, 1063, 1068, 1450, 1520, 1685; A. Esposito, Un’altra Roma. Minoranze nazionali e comunità ebraiche tra Medioevo e Rinascimento, Roma 1995, pp. 163, 167, 177; V. Di Flavio - A. Papò, Moisè di Gaio da Rieti “eximius artium et medicine magister”, in Studi romani, CXXI (1998), pp. 83-90; F. Pusceddu, Presenze ebraiche a Rieti nei secoli XIV-XV, in Italia Judaica VI: Gli ebrei nello Stato pontificio fino al Ghetto (1555). Atti del VI Convegno internazionale, Tel Aviv 1995, Roma 1998, pp. 106-127, 112-122; A. Guetta, Moshe de Rieti (XIVe-XVe siècle), philosophe, scientifique et poète, in Revue des Études Juives, 158/3-4 (1999), pp. 577-586; V. Di Flavio - A. Papò, Respublica hebreorum de Reate, Rieti 2000, pp. 51-64, 69-72; G. Cosmacini, Medicina e mondo ebraico. Dalla Bibbia al secolo dei ghetti, Roma-Bari 2001, pp. 161 s.; P. Pellegrini, La comunità ebraica di Narni: caratteristiche economiche e sociali (secoli XIV-XV), in Zakhor. Rivista di storia degli ebrei d’Italia, V (2001-02), pp. 149, 152; A. Guetta, “Lev levavy ha-neehav: ha-qinah shel Mosheh-mi-Rieti ‘al petirat ishto”, in Te’udah. The Chaim Rosenberg school of Jewish studies research, s. XIX:Studies in Hebrew literature of the Middle Age and the Renaissance in honor of professor Yona David, ed. T. Rosen - A. Holzmann, Tel Aviv 2002, pp. 309-327; Id., The crisis of Medieval knowledge in the work of the Fifteenth century poet and philosopher Moses de Rieti, in Renewing the past, reconfiguring Jewish culture: from al-Andalus to the Haskalah, a cura di R. Brann - A. Sutcliffe, Philadelphia 2004, pp. 59-68; Id., Renaissance et culture juive: le cas de Moshe ben Yitzhaq de Rieti, in Tzafon, XLVIII (2004), pp. 43-57; Id., “Ya‘ar ha-Levanon”, ou la quête de la connaissance perdue. Un texte en prose rimée de Moshe de Rieti, in Revue des études juives, CLXIV (2005), pp. 67-129; Id., Italian translations of Hebrew literature and Jewish philosophy in the Renaissance, in Tov Elem: memory, community and gender in Medieval and Early modern Jewish societies. Essays in honor of Robert Bonfil, a cura di E. Baumgarten - A. Raz-Krakotzkin - R.Weinstein, Jerusalem 2011, pp. 153-177.