MOSE
MOSÈ. – I dati disponibili non permettono di definire una data di nascita certa di questo arcivescovo di Ravenna, ma sicuramente – grazie a una serie di testimonianze posteriori e di considerazioni storiografiche recenti – è possibile indicare la città di Vercelli come luogo di origine.
Il suo nome compare per la prima volta citato tra i parentes testimoni della sentenza in materia di decime ecclesiastiche emessa il 31 agosto 1143 a Venezia da Goizo cardinale di S. Cecilia e legato di papa Innocenzo II.
La carenza di informazioni prima dell’ascesa alla cattedra arcivescovile di Ravenna ha indotto molti studiosi a individuare in Mosè caratteri biografici in seguito riconosciuti a un altro personaggio di una certa notorietà, Mosè del Brolo, teologo e poeta originario di Bergamo.
Dall’Appendix al Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis del cronista Agnello si apprende che Mosè fu ottimo letterato e buon rettore della Chiesa, ben erudito nelle lettere sia divine sia umane e dotato di molte altre scienze, giudizio in seguito arricchito da Girolamo Rossi, che considerò il vercellese uomo di somma dottrina fra gli arcivescovi ravennati e nella linea dei vescovi teologi e filosofi quali Pietro Crisologo ed Eleucadio. Mosè è anche citato nel Necrologio eusebiano ove vengono ancora esaltate le sue qualità di letterato ed erudito. Secondo la versione della Vita di Mosè di Giampietro Ferretti, risalente alla metà del XVI secolo, sarebbe stato anche autore di alcune opere, tra cui i Commentarii in Genesim in Decretalium libros, di cui non si ha altra testimonianza.
Le ipotesi relative alla sua vita e alla sua carriera ecclesiastica prima del periodo ravennate portano a ritenere – anche se con un certo margine di dubbio – che abbia frequentato lo studium bolognese e poi vi abbia insegnato diritto almeno fino al 1143. Certo è che ricoprì, in data non ben precisata, la dignità di canonico della chiesa di S. Eusebio a Vercelli, ove, in base alla testimonianza del Necrologio, sarebbe stato anche arcidiacono fino al 1144.
Fu eletto arcivescovo di Ravenna il 1° giugno 1144 e la sua consacrazione avvenne a Roma alla presenza di papa Lucio II. Il periodo del suo governo episcopale coincise quasi perfettamente con quello del pontefice Eugenio III (1145-53), con il quale Mosè avviò un dialogo fruttuoso sotto diversi aspetti, sia politici sia religiosi. Nel 1148, in occasione di una disputa con la città di Piacenza, Eugenio III, sulla base dei privilegi concessi all’arcivescovo di Ravenna dai predecessori, ribadì la dipendenza della chiesa piacentina dall’autorità del vescovo ravennate, sentenza poi confermata nel luglio di quel medesimo anno in seno ai lavori del Concilio di Cremona.
L’attenzione di Mosè fu rivolta principalmente a un recupero attento delle proprietà di cui nei secoli era stata depauperata la sua diocesi. Pochi mesi dopo la sua elezione chiese l’intervento di Lucio II per ottenere la restituzione dal vescovo di Ferrara Griffone della massa di Formignana, ceduta indebitamente a quella Chiesa nel 1104 dall’arcivescovo scismatico Ottone. La controversia passò poi nelle mani del successore al soglio pontificio, Eugenio III, il quale, nel 1153, dopo aver deciso con atto giudiziario la reintegrazione delle proprietà nei territori della Chiesa ravennate, arrivò a lanciare l’interdetto sulla città di Ferrara. Un anno dopo papa Anastasio IV confermò la sentenza del predecessore.
Nel quadro della medesima linea politica sono da intendere gli atti di concessione di terre e di proprietà a beneficio della Chiesa ravennate così come quelli disposti da Mosè nei confronti dei canonici di alcune chiese cittadine. Il 30 ottobre 1144 Ugo conte di Panico donò a Mosè e ai suoi successori la quarta parte del castello di Riversano. Nel giugno 1145 Mosè confermò le concessioni patrimoniali offerte dai suoi predecessori alla canonica dei cantori della Chiesa ravennate; ancora nel maggio del 1154 confermò ai canonici della chiesa di S. Vittore e a quelli della chiesa di S. Giovanni in Monte privilegi e beni che avevano ottenuto in tempi anteriori.
Il nome di Mosè è anche legato a un suo assunto giuridico che riscosse nelle età successive una certa popolarità fra i giuristi. In occasione di una disputa di natura accademica in merito al destino dei beni e delle proprietà di un monastero qualora questo fosse stato abbandonato dai monaci, Mosè avrebbe affermato che proprietà e possesso erano legati all’edificio stesso; pertanto la situazione giuridica dei beni non mutava in considerazione di un eventuale abbandono.
Morì il 7 novembre 1154.
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