Mosè
Liberatore e legislatore del popolo ebraico
Profeta e legislatore del popolo ebraico, Mosè libera il suo popolo in Egitto dove era tenuto in schiavitù e lo guida attraverso il deserto in un viaggio durato quarant’anni nel corso dei quali compie diversi miracoli e riceve la Legge di Dio sul monte Sinai. La sua vita è narrata nella Bibbia, più precisamente nei libri dell’Esodo, dei Numeri e del Deuteronomio, che assieme al Levitico espongono anche la Legge che Dio ha rivelato al popolo d’Israele
La liberazione dalla schiavitù. Mosè nasce nel periodo in cui gli Ebrei sono schiavi in Egitto. Quando il faraone ordina di uccidere tutti i bambini maschi, Mosè viene messo in una cesta di vimini e abbandonato sulla riva del Nilo, dove la figlia del faraone lo raccoglie e lo adotta come suo figlio. Per un certo periodo egli vive a corte come un principe; poi, diventato grande, si accorge che il suo popolo è oppresso e uccide un egiziano per difendere un ebreo. Per questo è costretto a fuggire nella terra di Madian, dove si sposa con la figlia di un sacerdote del posto e dove gli appare Dio che gli rivela il suo nome e gli ordina di tornare in Egitto per liberare il suo popolo, aiutato da suo fratello Aronne.
Di fronte al rifiuto del faraone di lasciare liberi gli Ebrei, Mosè e Aronne scatenano sull’Egitto una serie di calamità (le piaghe). L’ultima piaga, la morte di tutti i primogeniti d’Egitto, convince il faraone a lasciar andare gli Ebrei. Nella notte in cui questo avviene, gli Ebrei proteggono i propri figli spalmando sugli stipiti delle porte il sangue di un agnello sacrificato a Dio: questo evento è all’origine della festa della Pasqua ebraica. Dopo aver attraversato il Mar Rosso, che si apre per farli passare e si richiude sugli Egiziani che li inseguono (Esodo 14), gli Ebrei si addentrano nel deserto diretti verso la loro terra d’origine, nutrendosi di una sostanza farinosa che piove dal cielo, la manna (Esodo 16).
L’alleanza con Dio. Nel deserto del Sinai Mosè sale su un monte dove incontra Dio e riceve da lui i Dieci comandamenti e una serie di leggi (Esodo 19 e seguenti). Il popolo si impegna a osservare la Legge di Dio con un rito di alleanza. Questa prima alleanza con Dio viene rotta, perché il popolo, mentre Mosè è sul monte, costruisce un’immagine divina a forma di vitello (Esodo 32). Per questo peccato del popolo Mosè implora e ottiene il perdono di Dio, e risale di nuovo sul monte per ottenere una nuova Legge (Esodo 34).
Il rapporto tra Mosè e il suo popolo nel deserto è sempre difficile e teso: le dure condizioni del viaggio portano alcuni ebrei a lamentarsi e a rimpiangere il soggiorno in Egitto, benché Mosè si sforzi di proteggere e nutrire la sua gente, anche con azioni miracolose. Mosè muore prima di entrare nella terra d’Israele, che sarà conquistata dal suo successore Giosuè, come è narrato nel libro biblico che porta il suo nome.
I racconti degli autori pagani. Mosè è il personaggio più importante dell’Antico Testamento e la sua storia è narrata, oltre che dalla Bibbia, da molti altri autori antichi (ebrei e non): le storie ebraiche più antiche esaltano la sua figura facendone un vero re d’Egitto che compie imprese di guerra come la conquista dell’Etiopia o imprese di pace come l’invenzione di macchine agricole e dell’alfabeto o l’impianto dell’amministrazione egiziana.
Le storie di Mosè scritte dagli autori pagani greci o latini, invece, spesso polemiche e antisemite, lo descrivono come il capo di un gruppo di lebbrosi, o di crudeli invasori asiatici, cacciati dall’Egitto. Tra gli autori che fanno eccezione ricordiamo il greco Ecateo di Abdera (4° secolo a.C.), che offre un ritratto favorevole di Mosè e della Legge ebraica. Nella sua storia, come in molte altre storie pagane, è Mosè stesso a conquistare la terra d’Israele e a fondare Gerusalemme e il suo Tempio.
L’infanzia. La storia della nascita di Mosè, narrata nei primi due capitoli dell’Esodo, è simile a molte storie dell’antichità in cui un eroe (generalmente un grande re, come Sargon di Akkadu, Ciro II il Grande o Romolo) viene abbandonato appena nato, in un fiume o in campagna, ma si salva miracolosamente, viene adottato da una famiglia umile e infine diventa re. In queste storie la sopravvivenza del bambino è il segno che gli dei lo hanno scelto come futuro sovrano e lo proteggono da ogni minaccia. Nella Bibbia Mosè è un re di tipo particolare, che non cerca onori per sé e si mette dalla parte dei suoi fratelli oppressi.
Nella tradizione ebraica la storia dell’infanzia di Mosè è narrata con molti altri particolari: per esempio il faraone o il padre di Mosè prevedono in sogno la sua nascita e la sua grandezza, e molti altri bambini ebrei si salvano miracolosamente dalla strage ordinata dal faraone perché crescono sotto terra, e una volta cresciuti spuntano come piante.
La morte. Secondo una tradizione Mosè non sarebbe morto, ma sarebbe salito in cielo, come Enoch (Genesi 5, 24) ed Elia (2 Re 2). Questa credenza sembra presente anche nel Nuovo Testamento, dove Mosè assiste alla trasfigurazione di Gesù accanto a Elia (Matteo 17, 1-9), e tornerà a predicare come profeta prima della fine del mondo (Apocalisse 11, 3-6).
Le fonti. Anticamente si pensava che Mosè fosse l’autore dei primi cinque libri della Bibbia, che per la critica storica attuale sono stati scritti da diversi autori in epoche successive. La tradizione gli ha attribuito anche il libro di Giobbe, alcuni Salmi e, al di fuori della Bibbia, libri di magia in greco e in ebraico.
La ricerca su Mosè come personaggio storico è resa difficile dal fatto che l’evento di cui è protagonista, cioè l’uscita di più di seicentomila Ebrei dall’Egitto (Esodo 12, 37), non è testimoniato da iscrizioni o documenti contemporanei, o ritrovamenti archeologici. Le fonti non ebraiche su Mosè non sono molto antiche (dalla fine del 4° secolo a.C.) e possono servire tutt’al più, una volta messe da parte le notizie polemiche, per conoscere qualche tradizione popolare sul passato egiziano (come le cronache di Manetone, storico egiziano degli inizi del 3° secolo a.C.) o, di riflesso, qualche storia ebraica non raccolta dalla Bibbia (come quella che vuole che tutto il viaggio del deserto si sia svolto in soli sette giorni).
Il nome Mosè è sicuramente egiziano e vuol dire «è nato». La notizia forse più antica della Bibbia su di lui dice solo che costruì un serpente di rame che nell’8° secolo a.C. si trovava ancora nel Tempio di Gerusalemme (2 Re 18, 4), e che il re Ezechia distrusse questo serpente perché era adorato come un idolo.
La provenienza degli Ebrei. A proposito dell’esodo dall’Egitto, alcuni archeologi pensano che gli Ebrei non siano venuti da fuori, ma discendano da quelle popolazioni che attorno al 1200 a.C. costruirono nuovi villaggi nella zona degli altipiani tra la pianura costiera della Palestina e il Giordano. Queste popolazioni, che vivevano molto semplicemente di pastorizia e di agricoltura, non allevavano maiali.
Allo stesso periodo risale la stele del faraone egiziano Meremptah, che per primo nomina un popolo di nome Israele tra quelli che abitano in Siria-Palestina. Nella Bibbia la tradizione di un’uscita del popolo d’Israele dall’Egitto sembra molto antica, ma molte parti della storia biblica sono state scritte solo in tempi più recenti: secondo gli studiosi alcune non possono essere più antiche del 7° secolo a.C., l’epoca degli ultimi re di Giuda, altre del 6°-5° secolo a.C., quando alcuni Ebrei si stabilirono in Egitto dopo la conquista di Gerusalemme da parte dei Babilonesi.
I Vangeli presentano Gesù come un nuovo Mosè che completa e rinnova la Legge e fonda un nuovo popolo d’Israele.
Per i cristiani tutti gli episodi dell’Esodo sono simboli e presagi dei sacramenti o della vita di Gesù: il passaggio del Mar Rosso prefigura il battesimo, la caduta della manna l’Eucarestia, e il serpente elevato nel deserto la croce su cui fu ucciso Gesù.
Per questo Mosè è presente nell’arte cristiana fin dai tempi delle catacombe.