MŌSHEH ben Naḥmān (Naḥmanide, RaMBaN, Bonastruc de Porta)
Dottore ebreo, nato a Gerona verso la fine del sec. XII, la più alta autorità del suo tempo nel campo del diritto giudaico. Fermamente persuaso del principio di autorità, considerava gl'insegnamenti dei libri tradizionali, Bibbia e Talmūd, come espressioni di verità assoluta e non sentiva affatto il bisogno di cercarne la conferma nella speculazione filosofica; tuttavia la sua natura mite ed equilibrata e la sua intelligenza lucida e serena lo tennero lontano dagli eccessi degli ortodossi avversarî degli studî filosofici, e lo indussero ad assumere nei contrasti tra fautori e nemici della filosofia una posizione intermedia. Anche nelle dottrine della Qabbālāh egli vide una tradizione divina, e il movimento cabbalistico ebbe un efficace impulso dalla sua adesione e dall'opera sua di pensatore e di scrittore. Che fosse medico, non è del tutto sicuro. Esiliato o minacciato di esilio, in seguito al resoconto che egli fece di una discussione religiosa da lui tenuta a Barcellona nel 1263, alla presenza del re d'Aragona, con Pablo Cristiani, ebreo convertito al cristianesimo, si trasferì nel 1267 o nel 1268 in Palestina, dove ricostituì la comunità ebraica di Gerusalemme annientata dall'invasione mongolica, e dove fondò una scuola di studî talmudici raccogliendo intorno a sé una vasta schiera di scolari. Morì colà dopo circa due anni, e fu seppellito a Haifā (Caiffa).
Scrisse, oltre al già ricordato resoconto della disputa con Pablo Cristiani, pubblicato con traduz. latina dal Wagenseil (Tela ignea Satanae, Altdorf 1681) e nel solo testo ebraico più volte di poi (ediz. moderna, Leopoli 1929): Ḥiddūshīm (Novelle) a diversi trattati del Talmūd (edizione completa, in voll. 2, Gerusalemme 1928); molte opere espositive o polemiche nel campo del diritto e della filosofia religiosa; varî scritti di esegesi e di devozione, poesie liturgiche, preghiere, prediche. Suo capolavoro è l'ampio commento al Pentateuco (Perūsh ha-Tōrāh, o Ḥiddūshīm běfērūsh ha-Tōrāh), stampato già in più edizioni nel sec. XVe moltissime volte ripubblicato di poi, il quale, se in parte rispecchia ed elabora le dottrine della Qabbālāh, in parte illustra, spesso con fine intuito, il significato letterale dei testi.
Bibl.: S. Schechter, Studies in Judaism, I, Filadelfia 1896, pp. 99-141.