Mostar è il principale centro urbano della regione dell’Erzegovina. Secondo le ultime statistiche è abitata per circa il 35% da Bosniaci, per il 34% da Croati e per il 18% da Serbi ed è governata da Croati e Bosniaci. La città, e in particolar modo il Ponte Vecchio (in bosniaco: Stari Most), è diventata il simbolo della guerra civile nella ex Iugoslavia. Costruito nel 1566 sul fiume Neretva, il ponte collegava le due parti della città, fino alla sua distruzione sotto il fuoco dell’artiglieria croata il 9 novembre del 1993, dopo un assedio durato nove mesi. Il ponte fu distrutto per dividere la città in due: nella parte occidentale la comunità croata e in quella orientale, sotto il controllo dell’esercito bosniaco, i musulmani bosniaci. Data l’importanza strategica, ma soprattutto culturale del ponte (simbolo della città, da cui prende il nome), l’Unesco ha lanciato, assieme alla Banca mondiale, una campagna per la sua ricostruzione, cui hanno aderito cinque paesi: Croazia, Francia, Italia, Paesi Bassi e Turchia, per un totale di 15,4 milioni di dollari. Il ponte, ricostruito, è stato inaugurato il 23 luglio del 2004.
Accanto al progetto del Ponte Vecchio, l’Unesco ha sostenuto altri quattro progetti, finalizzati alla ricostruzione della Moschea di Tabacica (finanziata dall’Arabia Saudita), del ponte di Kriva Cuprija (con finanziamenti del Lussemburgo) e dell’hammam di Mostar (finanziato dalla Francia); l’Italia ha invece finanziato un progetto per la valorizzazione del centro storico della città. Dal 2005, tutta questa area è stata dichiarata patrimonio mondiale dell’umanità da parte dell’Unesco.