Motivazione
In ambito psicologico, il termine motivazione definisce l'insieme dei bisogni, dei desideri e delle intenzioni che prendono parte alla determinazione del comportamento, conferendo a esso unità e significato. Allo studio dei processi motivazionali umani hanno offerto importanti contributi varie discipline, tra cui l'epistemologia evoluzionistica, la neurobiologia e l'etologia.
Il concetto di motivazione appare, a prima vista, di facile comprensione, essendo intuitivo il suo riferimento ai motivi e agli scopi dell'agire. Se il significato del concetto è semplice, l'indagine psicologica sulla motivazione, soprattutto per quanto riguarda gli intenti del comportamento umano, si è rivelata, invece, di straordinaria complessità. Le condizioni che, di momento in momento, ci sollecitano ad agire in una direzione piuttosto che in un'altra sono infatti così numerose da rendere estremamente problematico ogni tentativo di classificazione e di definizione scientifica. Si susseguono e si intersecano, nel dare al comportamento finalità o intenzione, condizioni inerenti a stati e bisogni del corpo (fame, sete, sonno, sessualità), stati della mente (desiderio, curiosità, noia, paura, entusiasmo), sistemi di convinzioni personali (ideologiche, politiche, religiose), nonché condizionamenti sociali (sistemi di incentivazione, norme culturali, mode, pressioni pubblicitarie). Chi voglia studiare i processi motivazionali dovrebbe, dunque, disporre di un apparato concettuale capace di tenere simultaneamente in considerazione questo variegato insieme di realtà biologiche, fisiologiche, psicologiche, sociali e culturali, ovvero dovrebbe poter ricondurre l'enorme complessità dei motivi dell'agire umano a uno o a pochi principi fondamentali di attività mentale. La psicologia scientifica classica ha affrontato questo problema (e cioè ridurre la complessità dei processi motivazionali a pochi principi fondamentali) attraverso la distinzione fra motivazioni innate, o primarie, e motivazioni apprese, o secondarie. Le motivazioni innate furono identificate con gli istinti, concepiti come specifiche riserve di energia mentale (pulsioni) che richiedono di essere 'scaricate' in precise forme di comportamento e che, dopo la scarica, si riaccumulano. Le motivazioni secondarie si formano per apprendimento delle condizioni (condizionamento) che la società e la cultura impongono al soddisfacimento dei bisogni innati. Le pulsioni vennero inizialmente studiate dalla psicoanalisi (Laplanche-Pontalis 1967) in riferimento a poche dimensioni fondamentali (pulsioni sessuali, aggressive, di autoconservazione, dell'Io, di distruzione e di morte) e poi ricondotte a due soli istinti fondamentali: l'istinto di vita (sostanzialmente concepito come energia sessuale, o libido) e l'istinto di morte (sostanzialmente concepito come energia distruttiva, o mortido). La soluzione che è offerta dalla psicologia classica al problema dello studio della motivazione è crollata di fronte ai risultati della ricerca scientifica più recente, e in particolare di quella neurobiologica ed etologica. Non è stato possibile trovare, nello studio della struttura e dei processi cerebrali, alcun sostegno all'idea che esistano energie mentali specifiche e che queste si scarichino nel comportamento: il cervello umano funziona in modo simile a un apparato che elabora informazione, e non a un sistema fisico che accumula e scarica energia. Inoltre, non appare più sostenibile l'esistenza di istinti innati, intesi come schemi fissi e rigidi di azione che si contrappongono ai più elastici e plastici processi di apprendimento. Ciò che è innato nell'uomo si presenta come un insieme di tendenze o di disposizioni, che richiedono fin dall'inizio integrazione con le esperienze fornite dall'ambiente (apprendimento) per diventare operative: l'etologia insegna, dunque, che fra natura e cultura esiste un'inesorabile continuità piuttosto che una contrapposizione. Infine, tanto l'osservazione etologica quanto quella clinica dimostrano che non è possibile ridurre le disposizioni innate ai due soli fondamenti motivazionali postulati dalla psicoanalisi classica (libido e mortido): i sistemi funzionali a base innata, che, restando fra loro indipendenti, sostengono per tutta la vita i processi motivazionali umani, sono sicuramente più di due (Gilbert 1989; Lichtenberg 1989). Attualmente, la risposta più completa ai problemi posti dallo studio della motivazione, una volta scartate tanto l'idea di pulsione (energia istintuale) innata quanto la rigida dicotomia fra istinto e apprendimento, si fonda sull'epistemologia evoluzionista, sulla ricerca neurobiologica e sull'osservazione etologica. L'opera di G. Edelman (1992) offre un esempio convincente del contributo che alcuni fondamentali concetti evoluzionisti, neurobiologici ed etologici possono dare a un moderno studio della motivazione. Edelman suggerisce di distinguere, nell'ambito delle attività del cervello, quelle riferite al Sé biologico da quelle riferite al mondo esterno (non-Sé). Il Sé biologico è riconducibile alle attività dei due settori evolutivamente più arcaici del cervello umano: il tronco encefalico e il sistema limbico. Queste attività rappresentano una serie di 'valori' evoluzionisticamente fondati, definibili attraverso l'osservazione etologica. Si tratta di valori legati alla sopravvivenza e all'adattamento all'ambiente tanto dell'individuo quanto del gruppo sociale di cui fa parte, e quindi relativi alla nutrizione, alla riproduzione sessuale, alla conquista e difesa di habitat favorevoli, ma anche alla formazione e al mantenimento di diversi tipi di legami sociali (per es., legami di protezione reciproca, sessuali, di dominanza/subordinazione, di cooperazione ecc.). Quest'ultima osservazione appare degna di nota: l'evoluzionismo e l'etologia ci invitano a considerare, fra le basi primarie e innate della motivazione umana, sia alcuni valori che sono relativi alla sopravvivenza del singolo (dell'individuo e dei suoi geni), sia alcuni valori sociali o interindividuali. In ciò, evoluzionismo ed etologia finiscono con l'avvicinarsi alle tesi dell'antropologia filosofica (Buber 1964), che vedono nell'intersoggettività il fondamento stesso della vita, della coscienza e dell'identità umana e dunque, a fortiori, della motivazione umana (Liotti 1994). Il non-Sé, secondo Edelman, può essere ricondotto alle attività del talamo e della parte evolutivamente più recente della corteccia cerebrale (ossia la neocorteccia). In queste parti del cervello, il mondo esterno viene rappresentato o, per meglio dire, categorizzato, in un insieme di circuiti o mappe neuronali. Globalmente, il cervello funziona creando associazioni (nel linguaggio di questo autore, 'memorie') fra Sé e non-Sé, cioè fra i valori troncoencefalici e limbici da una parte e le categorie talamiche e neocorticali dall'altra. La coscienza emerge appunto da questo continuo confronto, mediato dalle attività cerebrali, fra Sé (valori) e non-Sé (memorie o rappresentazioni del mondo esterno). La dinamica motivazionale è dunque onnipresente nella teoria neurobiologica della coscienza offertaci da Edelman: i valori (motivazione) vengono continuamente accoppiati alle categorie della percezione, della memoria e del pensiero in quelle strutture dinamiche cerebrali che egli chiama 'memorie valore-categoria'. È da notare anche come tale teoria sia priva di riferimenti ai desueti concetti di energia mentale e di pulsione, e come essa non ponga alcuna opposizione, ma anzi continuità, fra la dimensione innata o istintuale (i valori) e la dimensione appresa o socioculturale (le categorie) della realtà umana. Sulla base di concetti e principi generali come quelli proposti da Edelman, resta da identificare quali siano le disposizioni innate, o valori, su cui si fondano, in continuità con l'esperienza individuale e con le categorie della cultura, i processi motivazionali umani. L'osservazione etologica (etologia umana), se condotta in stretta correlazione con le considerazioni della neurobiologia evoluzionista, suggerisce l'esistenza di tre livelli motivazionali di base. Il primo è correlato con le funzioni del tronco encefalico. Circuiti neuronali, il cui centro di gravità è qui collocato, costituiscono il fondamento dei sistemi funzionali il cui obiettivo è il mantenimento omeostatico delle strutture e delle funzioni corporee. Esempi precipui di attività motivate dalle operazioni di tali sistemi funzionali sono rappresentati dalla raccolta di cibo e acqua, dalla predazione, dalla riproduzione e dalla territorialità (ove in riferimento a quest'ultima si deve intendere l'esplorazione, definizione e difesa di un habitat, o territorio, favorevole al riposo, alla consumazione del cibo, alla regolazione della temperatura corporea e alla riproduzione). Che tale livello di motivazione sia rappresentato da circuiti neuronali implicanti i centri del tronco encefalico è dimostrato tanto dalle attuali conoscenze neurofisiologiche quanto dall'osservazione etologica che tutte le suddette attività motivate sono presenti, per es., nei Pesci e nei Rettili, il cui cervello è quasi totalmente costituito da strutture simili a quelle che nell'uomo compongono il tronco encefalico. Il secondo livello è connesso alle attività del sistema limbico. Queste sostengono comportamenti motivati, fra loro diversi e indipendenti, di tipo sociale: ricerca e offerta di cura (attaccamento-accudimento), cooperazione fra membri del gruppo sociale in vista del raggiungimento di obiettivi comuni, formazione di coppie sessuali relativamente durevoli nel tempo, definizione dei ranghi di dominanza e di subordinazione fra gli individui che compongono il gruppo sociale. Dal punto di vista della neuropsicologia evoluzionista, appare degno di nota il fatto che queste forme di comportamento sociale motivato si affermano nelle specie animali (Uccelli e Mammiferi), il cui cervello è costituito dalla sovrapposizione della corteccia limbica alle strutture del tronco encefalico. Il terzo livello motivazionale di base, squisitamente umano, è connesso alle attività di quella parte del cervello che nella specie umana raggiunge enorme sviluppo: la neocorteccia. La curiosità esploratoria, la ricerca di coesione o di coerenza fra i diversi dati della memoria, e l'esercizio della comunicazione mediata dal linguaggio (Pinker 1994) ne sono esempi significativi. È interessante sottolineare quali forme di esperienza soggettiva corrispondano a questi tre diversi livelli. Le motivazioni del primo (livello fisiologico od omeostatico) corrispondono all'esperienza soggettiva degli appetiti, cioè di sensazioni corporee come, per es., fame, sete, sazietà, desiderio fisico, piacere sensuale. Le motivazioni del secondo (livello intersoggettivo) corrispondono all'esperienza delle emozioni e degli affetti nelle relazioni interpersonali: per es., l'ansia di chi chiede a un altro cura e protezione e ne teme il rifiuto, la sollecitudine di chi intende offrire conforto e aiuto, la collera di chi sfida un altro in una contesa per la supremazia, la brama di acquisire potere sugli altri, la gioia di chi si ricongiunge a una persona amata dopo una separazione. Le motivazioni del terzo livello, infine, corrispondono all'esperienza di sentimenti complessi correlati con i processi conoscitivi superiori, come la curiosità di nuove informazioni, l'orgoglio epistemico che avvertiamo quando ci sembra di padroneggiare la conoscenza del mondo in cui viviamo, la meraviglia di fronte a una nuova scoperta o a un enigma, l'emozione estetica che ci coglie di fronte alla bellezza della natura o dell'arte, il sentimento di pace che affiora quando ci scopriamo profondamente affratellati al resto dell'umanità. Ognuno dei tre settori - cervello rettiliano (complesso R, costituito da tronco encefalico e nuclei della base), sistema limbico e neocorteccia -, in cui la neuropsicologia evoluzionista ripartisce il cervello umano (McLean 1973) e in cui le motivazioni umane hanno radici, è posto in attività da un preciso insieme di condizioni e stimoli. I sistemi funzionali che sostengono le motivazioni omeostatiche (e che basano le loro funzioni sui centri nervosi troncoencefalici) sono attivati da condizioni interne all'organismo: condizioni carenziali (per es., ridotta disponibilità di glucosio o di acqua nelle riserve interne dell'organismo) o condizioni connesse ai ritmi biologici dell'organismo (per es., ritmo sonno/veglia, ritmi degli apparati endocrino-sessuali). I sistemi funzionali che sostengono le motivazioni interpersonali elementari (e che basano le loro funzioni sui centri del sistema limbico) sono messi in azione dagli stimoli sociali della comunicazione non verbale: per es., il pianto attiva in chi lo ascolta il sistema dell'accudimento (offerta di cura); il sorriso mette in moto nel destinatario il sistema cooperativo; l'espressione di collera competitiva innesca nell'interlocutore il sistema agonistico (cioè il sistema finalizzato a definire la reciproca condizione di dominanza o di subordinazione); le posture e comportamenti seduttivi attivano nell'altro il sistema sessuale. Infine, i sistemi funzionali evoluzionisticamente più recenti, riconoscibili solo nell'uomo e connessi alle strutture della neocorteccia cerebrale, sembrano entrare in attività, quando siano previamente soddisfatte le finalità dei sistemi funzionali troncoencefalici e limbici, di fronte a condizioni di dissonanza o conflitto fra le informazioni disponibili. Questi sistemi funzionali hanno a che fare con l'insaziabile 'fame' umana di comunicazione e di conoscenza, nonché con la ricerca di significato proprie della nostra specie. Il linguaggio, il cui fondamento innato è sempre più chiaramente riconosciuto dalla comunità scientifica (Pinker 1994), gioca un ruolo fondamentale nei processi motivazionali di questo livello. Riassumendo, dunque, i fondamenti innati della motivazione umana possono essere rintracciati a tre diversi livelli di funzionamento del cervello, corrispondenti a tre fondamentali tappe dell'evoluzione (creazione di un ambiente interno e di una omeostasi; creazione di un ambiente sociale e dunque di una vita interindividuale; creazione di un ambiente conoscitivo o epistemico, mediato dal linguaggio). A ciascuno di questi livelli appartiene uno specifico tipo di esperienza soggettiva (sensazioni corporee, affetti interpersonali, emozioni estetiche ed epistemiche) e una classe specifica di condizioni di attivazione (stimoli interni all'organismo, stimoli sociali non verbali, stimoli conoscitivi). È a partire da tale base innata che l'esperienza personale di vita (mediata dalla famiglia, dalla società e dalla cultura in cui si dispiega) continuamente articola e sviluppa l'organizzazione delle motivazioni.
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