MOTIVO (dal lat. motus)
Voce che nella terminologia musicale corrisponde propriamente al nucleo (melodico, o armonico, o ritmico o timbrico o - come quasi sempre si dà - e melodico e armonico e ritmico e timbrico insieme) dell'idea che si svolge in una frase o in una dialettica tematica; p. es., nel tema
l'impianto (melodico, armonico e - intimamente - anche ritmico) è detemminato secondo la struttura del nucleo A (misure 1-2) che prende quindi il posto di motivo. Se, infatti, analizziamo il tema, troviamo che melodicamente la cellula di A
si riproduce nella cellula di A′ (mis. 2-3) e suggerisce quella del contromotivo B (mis. 3-4)
Inoltre troviamo che armonicamente (e ritmicamente, ché i due elementi s'ingenerano l'un l'altro) l'affermazione della tonica, confermata dall'iterazione in A′, determina per forza sintattica la contrapposizione - analogamente iterata in B (mis. 4-5) - della quinta.
Ma, beninteso, il valore poietico, generatore, del motivo può esercitarsi in un processo ideale e più intimo, tale - cioè - da non comportare necessariamente anche una'esplicazione continua di ogni derivazione e associazione di idee e di moti, quale s'è vista nel precedente esempio. Tale rigorosa esplicazione è però voluta dal concetto tecnico, scolastico di motivo. È così che a rigore non è lecito vedere sviluppo o conseguenza di un motivo se non dove questo motivo riproduca almeno gli elementi (anche soltanto i melodici, o i ritmici, ecc.) della sua cellula; qualora tale riproduzione non avvenga, si annunzierà la comparsa di altri motivi. E, del resto, va pur riconosciuto che se un moto, un'idea, nascono da moti e idee anteriori e fondamentali e ne sono quindi conseguenze e singole determinazioni, non per questo essi saranno meno nuovi e ormai autonomi. Da questo la possibilità, di cui l'uso si giova, di considerare come motivi non soltanto i nuclei delle idee da cui prende le mosse il discorso musicale, ma anche quelli di tutte le idee, di tutti i movimenti per i quali il discorso si snoda. In questo piano, il motivo non è considerato tanto nella proprietà generante quanto in esso stesso, nella sua immediata figura, e finisce infatti con l'identificarsi, sia pure illecitamente, con la figura stessa. Sì che è anche frequente la denominazione di "motivo a crome, o a terzine" invece di "gruppo di crome, o di terzine" come pur vorrebbe il concetto proprio di motivo come nucleo primo e generatore.
In altre accezioni, entrate nell'uso ma assolutamente inaccettabili per l'improprietà e l'ambiguità, il termine motivo viene identificato con quelli di Soggetto (nella composizione contrappuntistica) di Tema (nella sonata e derivati) di Leitmotiv (Grundthema secondo il termine proposto da R. Wagner), i quali soggetti, temi, ecc., sono non già nuclei, come i motivi, ma organismi complessi e differenziati, dei quali il motivo (come s'è detto secondo V. D'Indy) è il primo germe, o cellula. A maggior ragione va assolutamente respinta, poi, l'accezione di motivo come melodia, la quale è una frase compiuta.