MOTOCICLETTA (dal lat. motus e dal gr. κύκλος "cerchio"; detta anche motociclo: fr. motocyclette; sp. motocicleta; ted. Motorrad; ingl. motorcycle)
È un veicolo stradale paragonabile alla bicicletta che ha però in sé i mezzi della sua propulsione, di natura analoga a quelli dell'automobile.
Storia. - Qualche anno dopo che la bicicletta aveva assunto la forma che meglio si prestava alla sua divulgazione, e acquistato gli organi essenziali della sua struttura (trasmissione con catena azionata da un pedaliere applicato a un telaio, mozzi montati su cuscinetti a sfere, gomme pneumatiche, ecc.), e più esattamente nell'ultimo decennio del secolo XIX, si ebbero i primi tentativi per sostituire su di essa, all'energia dell'uomo, l'energia meccanica. I sisterni provati furono molto svariati: dai giuochi di molle (meccanismi a orologeria) ai motori ad aria compressa, a vapore, ad aria liquida, a elettricità e a scoppio.
Scartati i motori a molla, per l'impossibilità pratica di accumulare, nella carica di una molla, l'energia necessaria alla marcia di un veicolo, sia pur leggiero come la bicicletta; abbandonato il motore a vapore che pure ebbe qualche geniale applicazione, e quelli a gas liquefatti, abbandonato il motore elettrico per l'insopprimibile difficoltà del peso dell'accumulatore (malgrado un tentativo fatto nel 1897 dal Pigauld), tutti gli sforzi degl'inventori e dei costruttori si concentrarono sul motore a benzina, specialmente dopo i felici tentativi fatti nel 1897 dal marchese De Dion, in collaborazione col meccanico Bouton, per l'applicazione del motore a benzina sopra il triciclo.
A questo punto la storia della motocicletta si confonde con la storia del motore a benzina e con quella dell'automobile: di mano in mano che il motore a benzina viene perfezionato, il suo peso unitario, ragguagliato cioè al cavallo di potenza, diminuisce: ciò lo rende sempre più atto alle applicazioni per la locomozione, e in special modo per essere montato su una bicicletta; mentre utilizzando l'energia termica contenuta nella benzina, che ha potere calorifico molto elevato, è possibile trasportare grande quantità di energia in poco volume e poco peso: ne risulta un complesso di peso modesto e di autonomia rilevante.
Si può affermare che dal 1900 non si sia più parlato che di motociclette a benzina: nella trattazione che segue s'intenderà di riferirsi a motociclette con motore a benzina.
Varie furono le soluzioni escogitate per trovare la posizione più adeguata per il motore: sulla ruota anteriore presso al manubrio, sulla posteriore dietro al sellino, dentro il telaio, sotto il telaio, dietro la ruota posteriore vicino al mozzo. Nel 1905 tutti i costruttori erano d'accordo per collocare il motore nella parte più bassa del telaio: il cilindro assunse, quasi invariabilmente la posizione verticale o inclinata in avanti. Una delle maggiori difficoltà da superare fu la trasmissione: il motore a benzina (v. motore) è dotato di elevata velocità di rotazione, velocità che deve essere fortemente ridotta alle ruote: si applicò da prima una cinghia piatta, di cuoio, con cui il movimento venne trasmesso direttamente da una piccola puleggia fissata sull'albero motore a una grande puleggia fissata sulla ruota motrice. Ma poiché l'aderenza di tale cinghia sulla piccola puleggia era troppo modesta venne sostituita a essa una cinghia a sezione trapezoidale, da prima di cuoio e poi di gomma e tela, agente su pulegge a gola. Le trasmissioni a catena o a ingranaggi conici non fecero, in quell'epoca, che apparizioni sporadiche, ma non ebbero applicazioni serie che molto dopo.
Un miglioramento notevole venne apportato alla motocicletta dall'adozione delle forcelle elastiche: ma lo sviluppo e la diffusione della motocicletta comincia da quando, superate le difficoltà per dotarle di un meccanismo di innesto progressivo e di un cambio di rapporti, per consentire una razionale utilizzazione del motore, si poterono lanciare (1914) motociclette che avevano tutti gli organi essenziali dell'automobile a benzina (meccanismo di avviamento del motore da fermo, motore da uno a quattro cilindri, cambio di rapporti a ingranaggi, innesto ad attrito, freni a espansione) e dotate di notevole potenza e capaci di forte velocità.
La guerra mondiale ha contribuito molto a diffondere l'uso e ad aumentare il perfezionamento della motocicletta: il peso unitario del motore è stato sensibilmente diminuito: si è abbassata la posizione del guidatore, si è aumentata la capacità dei serbatoi, e quindi l'autonomia del veicolo; si sono definitivamente abbandonate le trasmissioni a cinghia per sostituirle, per lo più, con trasmissioni a catena, ma talvolta anche con trasmissioni cardaniche; si sono applicate sospensioni elastiche sempre sulla ruota anteriore e spesso anche sulla posteriore.
Intorno al 1905, quando, soprattutto per la mancanza dell'innesto e del cambio di rapporti, la motocicletta sembrava destinata solo ai virtuosismi di acrobatici ed eroici giovani, ed era ancora oggetto dell'antipatia e del disprezzo dei più, per non essere aderente ai bisogni del pubblico, vennero introdotti in commercio dei complessi motori a benzina di piccolo peso, e di piccola potenza, da applicare facilmente alle comuni biciclette. Si ebbero così le prime motoleggiere, fra cui acquistò fama la Motosacoche (fig.1), così denominata in francese perché il complesso motore aveva la forma e le dimensioni di una delle comuni tasche usate dai fattorini ciclisti. Anche l'industria italiana, con le ditte Frera, Siamt e altre, produsse di tali complessi (fig. 2), che, peraltro, per la loro limitatissima efficienza, erano adatti solo a usi molto modesti, il peso totale del complesso motore e della bicicletta si aggirava sui 30 kg. Nel dopoguerra, mentre la costruzione delle grosse motociclette era in pieno fervore, questi complessi motori caddero in discredito per l'assenza dei soliti meccanismi d'innesto e di cambio di rapporti, ai quali nessuno sapeva più rinunciare; rimasero come prodotti sporadici e di eccezione ed ebbero trattamenti specialmente favorevoli dai governi dei varî paesi, per quel che concerne la tassa di circolazione, le patenti di abilitazione, ecc. Fra le maglie di questo trattamento di favore gl'industriali hanno saputo creare una brillante industria di motociclette con motori piccoli, leggieri, ma di alta potenza, provviste di tutti i più moderni perfezionamenti, che pure hanno conservato in Italia, fino al settembre 1933, il nome, se non il carattere, di motoleggiere. Da quella data il governo italiano, accordata la più ampia libertà di circolazione e di uso alle motociclette, ha fatto a queste, alle motoleggiere e ai complessi motori ausiliarî un trattamento comune, specialmente favorevole, che porterà al loro più prospero sviluppo.
La motocicletta con motore a benzina. - Ha un motore a benzina, che, con l'interposizione di un innesto, trasmette il movimento al cambio da rapporti (impropriamente detto cambio di velocità), che a sua volta lo trasmette alla ruota motrice, normalmente la posteriore. Il tutto è sostenuto da un telaio analogo a quello della bicicletta, portante due ruote.
Telaio. - Il telaio moderno della motocicletta ricorda solo da lontano quello della bicicletta: esso è costruito ancora di tubo di acciaio, salvo nelle recenti costruzioni tedesche, nelle quali è stato costruito con lamiera d'acciaio stampata. A seconda della loro forma i telai si distinguono in telai aperti inferiormente, a laccio o a culla semplice, a culla doppia, a struttura triangolare, ecc. Il telaio porta sempre un tubo di direzione, come nella bicicletta, nel quale s'infila il perno della forcella. La forcella è destinata a portare la ruota anteriore e a realizzare il meccanismo di sterzo, che, come nella bicicletta, è molto rudimentale. Tutte le motociclette hanno oggi la forcella anteriore elastica, allo scopo d'interporre fra la ruota e il complesso del veicolo e del carico un meccanismo deformabile elasticamente, inteso a preservare macchina e uomo dai dannosi effetti delle asprezze della superficie stradale. Il tipo fondamentale delle forcelle elastiche è la forcella Druid. Non sempre invece si ha la forcella posteriore elastica, per le difficoltà costruttive che un dispositivo del genere presenta e per le ripercussioni che esso può avere sulla stabilità del sistema, alle forti andature.
Motore. - È un motore a benzina, che ha assunto speciali aspetti e ha subito speciali adattamenti. I motori a due tempi hanno avuto larga applicazione nella motocicletta e vi hanno raggiunto un notevole grado di perfezionamento, per la semplicità della loro struttura, per la facilissima loro manutenzione, per la potenza specifica elevata (basso peso per ogni cavallo sviluppato) e anche perché nella motocicletta non destano troppe preoccupazioni i difetti intrinseci del motore a due tempi, cioè consumo di carburanti e di lubrificanti più elevato che nel motore a quattro tempi, non sempre perfetta regolarità di marcia, scarsa possibilità di attutire il fragore dei gas di scarico.
Nella motocicletta il motore è quasi invariabilmente raffreddato ad aria: i pochi tentativi di raffreddamento ad acqua, anche se egregiamente studiati e realizzati, non hanno soddisfatto le esigenze dei motociclisti. Ai fini del raffreddamento ad aria, il cilindro è circondato di alette, che ne aumentano la superficie radiante: durante la marcia, la traslazione di queste alette nell'aria fa disperdere il calore esuberante anche quando si brucino nell'interno del cilindro rilevanti quantità di benzina nell'unità di tempo.
Il tipo di motore per motociclette più diffuso è peraltro quello a quattro tempi, a un cilindro verticale; si hanno però anche motori a due cilindri (fig. 3) disposti a V, aperto o chiuso a seconda che l'angolo fra gli assi dei due cilindri, è di poco o di molto inferiore ai 90°. Si hanno inoltre motori a due cilindri paralleli, e a due cilindri contrapposti: si hanno motori a quattro cilindri o disposti in linea, o raggruppati diversamente, che però non hanno ancora incontrato il favore del pubblico per la loro complessità.
Il motore da motocicletta, per necessità di alleggerimento, ha preso il tipo della costruzione spinta cioè è, quasi sempre, provvisto di valvole in testa. Queste valvole sono comandate o da aste e bilancieri, a mezzo delle consuete punterie, o da un albero a eccentrici situato sopra la testa dei cilindri. Il comando di tale albero può essere fatto o mediante catena o per ingranaggi d'angolo.
Il dispositivo di accensione spesso è montato nel volano motore e ha il pregio di una grande semplicità e di una grande robustezza, in confronto della struttura dei comuni magneti d'accensione.
Cambio dei rapporti. - Per le stesse ragioni che per l'automobile a benzina (v. automobile) nella motocicletta è stata necessaria l'adozione del cambio dei rapporti. I primi di tali meccanismi furono realizzati in maniera molto brillante collocando innesto e cambio, di tipo epicicloidale, nell'interno del mozzo della ruota motrice. Essi furono abbandonati per la loro delicatezza e per la difficoltà di assicurar loro un'efficace lubrificazione. Oggi si hanno cambî a cassetta, di struttura analoga a quella dei cambî d'automobile. Di solito si tratta di dispositivi a due o tre rapporti: solo da poco tempo, e per motociclette di costo rilevante, si hanno meccanismi con quattro rapporti.
La fig. 4 mostra la sezione di un cambio di rapporti molto comune nelle moderne motociclette, munite di trasmissione a catena. Quando l'ingranaggio R viene spostato all'estrema destra, si realizza il rapporto più piccolo: quando viene fatto imboccare con l'ingranaggio M si realizza il rapporto medio: quando infine viene spostato all'estrema sinistra si realizza il rapporto massimo. In questo caso, l'albero secondario viene trascinato in rotazione, ma non trasmette nessuno sforzo, cioè gira folle e si ha la cosiddetta posizione di presa diretta nella quale la trasmissione si effettua senza l'interposizione d'ingranaggi.
Nella fig. 5 è rappresentato un moderno cambio a cassetta, per quattro rapporti, con ingranaggi elicoidali, ai fini della silenziosità della trasmissione.
Di norma il cambio a cassetta è disposto fra il motore e la ruota posteriore ed è collegato al primo con una catena, e alla seconda con una cinghia o con una catena. Nella fig. 5 la corona dentata a prende movimento dal motore, a mezzo di catena, e il pignone lo trasmette, sempre con catena, alla ruota posteriore.
In alcune più moderne costruzioni motociclistiche si riscontrano i cambî in blocco i quali vengono sistemati in un unico blocco col motore, ciò che consente massima compattezza di costruzione e grande facilità di manutenzione. In qualche altro caso poi il cambio dei rapporti è fissato direttamente al basamento motore, e ha struttura identica a quella dei cambî d'automobile.
Innesto. - L'innesto ha, sulla motocicletta, la stessa ragion d'essere che esso ha sull'automobile pur conservando nel maggior numero dei casi un aspetto essenzialmente diverso, data la notevole diversità di sistemazione che hanno i varî organi sulla macchina.
Nelle prime motociclette in cui venne tentata l'applicazione di un innesto, questo venne collocato dai costruttori sulla puleggia a gola fissata sull'asse motore: ebbero successivamente un certo successo e notevole diffusione gl'innesti del tipo a dischi multipli, sistemati nell'interno del mozzo della ruota posteriore della motocicletta.
Oggi, quando si ha un cambio a cassetta, l'innesto viene situato su uno dei due alberi del cambio stesso: di solito su quello conduttore (che prende movimento dall'albero motore). Gl'innesti così sistemati sono oggi tutti del tipo a dischi, semplici o multipli, e a secco, cioè non immersi in bagno di olio.
Nella fig. 5 è facile vedere l'innesto del tipo a dischi multipli montato sull'albero conduttore; un tamburo centrale conduttore T, trascina in rotazione una serie di dischi di acciaio, alternati con quelli, pure di acciaio, ma rivestiti di un materiale d'attrito (ferodo), facenti parte di una seconda serie di dischi impegnati col tamburo T′, condotto. La molla M tiene fortemente premuti gli uni contro gli altri i dischi delle due serie. Quando, a mezzo del tirante V, si allenta l'azione della molla sul pacco dei dischi, i due tamburi, conduttore e condotto, non sono più solidali, cioè si effettua il disinnesto.
In qualche caso l'innesto è situato nell'interno del volano motore, come nelle automobili.
Trasmissione. - Nella fig. 6 sono indicati schematicamente i quattro tipi di trasmissione generalmente in uso: oggi il tipo più diffuso è quello a catena, specialmente adatto per i cambî a cassetta. Le catene sono del tipo a rulli (v. automobile).
La trasmissione a mezzo di albero cardanico, tentata fin dal 1906 dalla frabbrica F. N. con mediocre successo, è tornata di nuovo nella B.M.W. Si rimprovera da molti alla trasmissione a catena la rumorosità e la quasi impossibilità di buona manutenzione; alla trasmissione cardanica la vulnerabilità, in casi, purtroppo non infrequenti, di caduta della motocicletta.
Direzione. - Il telaio porta il tubo di sterzo nel quale viene montato, con giuochi a sfere, il perno della forcella. Su questo perno viene montato il manubrio, analogo a quello della bicicletta. Sul manubrio sono posti i comandi dei varî organi, realizzati con trasmissioni flessibili (miscela, aria, anticipo, innesto, freni, ecc.). Quasi sempre si ha oggi il ferma-sterzo, un apparecchio destinato a variare, a volontà del motociclista, l'attrito del perno della forcella: esso è specialmente utile per le forti andature e quando alla motocicletta è attaccata la carrozzetta laterale.
Freni. - I freni, analoghi a quelli dell'automobile, sono montati sui mozzi delle ruote e agiscono per compressione (freni a nastro) o per espansione (freni a ciabatte). Le superficie di attrito sono rivestite di materiali adatti, del tipo ferodo. I due freni sono di solito indipendenti, uno comandato a mano, dal manubrio, l'altro con apposito pedale. Nelle più recenti costruzioni i freni delle due ruote sono collegati fra loro in modo da produrre azione frenante simultanea. Nella motocicletta non si hanno, per ora, meccanismi di servo-freno.
Serbatoio della benzina. - È sempre situato nell'interno del telaio, e nella parte più alta di esso. I serbatoi hanno subito, nella forma e nell'estetica, l'evoluzione dei tempi. Restano peraltro costituiti sostanzialmente da una cassetta di lamiera, portante superiormente il bocchettone per l'introduzione della benzina, e inferiormente il rubinetto per l'uscita di questa. Spesso, specialmente nelle costruzioni americane, i serbatoi sono due, posti l'uno di fianco all'altro e indipendenti fra loro. Sono adatti per utilizzare bene tutto lo spazio disponibile e si prestano bene perché l'uno di essi sia di riserva all'altro. La benzina passa dal serbatoio al carburatore sempre per caduta, cioè per effetto di dislivello, trovandosi il carburatore al disotto del serbatoio.
Serbatoio dell'olio. - In tutte le motociclette, data l'impossibilità di un basamento motore molto ampio, è necessario un serbatoio di olio la cui ubicazione varia da tipo a tipo. Nel maggior numero dei casi però esso è incorporato in quello della benzina e ha la capacità di poco più di un litro.
Ruote. - Le ruote sono sempre del tipo bicicletta, con raggi di filo di acciaio, tangenti al mozzo e fissati radialmente al cerchione, in modo che ognuno di essi lavora soltanto per trazione. Il cerchione, sempre di acciaio, può avere profili diversi, a seconda del tipo di pneumatico che su di essi deve essere montato. Oggi i cerchioni hanno quasi sempre sezione a gola, e sono destinati all'applicazione di coperture pneumatiche del tipo a cerchietti inestensibili. I mozzi delle ruote sono montati sugli assi sempre a mezzo di cuscinetti a sfere.
Sella. - La sella deriva da quella della bicicletta, ma è costruita con speciali cure e accorgimenti intesi soprattutto a migliorare la stabilità della funzione.
Legislazione. - Il Codice italiano della strada ha dato sempre disposizioni comuni per le autovetture e per le motociclette fino al 1923. Solo col r. d. 31 dicembre 1923 n. 3043 venne fatto un trattamento di eccezione alle motociclette che fossero costituite dall'applicazione, alla bicicletta, di un motore ausiliario, con la limitazione che il peso complessivo a vuoto non superasse i 30 kg. Questi complessi di biciclo-motore rientrarono nella categoria delle biciclette.
Successivamente, con l'emanazione del r. decr. legge 2 dicembre 1928 n. 3179, vennero prese in considerazione le motoleggiere con motore a scoppio di cilindrata non superiore a 175 cmc., o con motore di altra natura, purché di potenza non superiore ai 3 HP. Le motoleggiere non vennero assogettate alle norme comuni degli autoveicoli, ed ebbero quindi lo stesso trattamento delle bicielette, con la sola restrizione dell'uso agli individui di età superiore ai 18 anni.
Col r. decr. 29 giugno 1933 n. 1093 a tutte le motociclette è stato fatto un regime di piena libertà, che è giunta fino all'abolizione del collaudo e anche della patente.
In data 8 dicembre 1933 n. 1740 è stato infine emanato il nuovo Codice della strada che ribadisce, nei confronti delle motociclette, questi concetti.
Induustria. - L'industria della motocicletta è collegata all'industria automobilistica e a quella della bicicletta. In generale però sono le fabbriche delle biciclette che hanno industrializzato la motocicletta, sopra tutto in Inghilterra, in Germania, in Francia e in Italia. Qui la fabbrica di biciclette Prinetti-Stucchi lanciò, per prima, una propria motocicletta, seguita poi dalla fabbrica Bianchi e dalle fabbriche Marchard e Frera.
Per molti anni l'Inghilterra ha tenuto il primato nell'industria motociclistica; ma da qualche anno anche la Germania e l'Italia hanno potenziato una propria superba industria motociclistica.
La parte strettamente tecnologica non differisce da quella dell'automobile, per quanto concerne i motori, i cambî di rapporto, gl'impianti elettrici, ecc. Per quanto concerne i telai, i manubrî, le ruote, ecc. si ha stretta connessione con la tecnologia della bicicletta. Accanto alle grandi fabbriche specializzate per l'industria motociclistica, vi sono oggi le fabbriche specializzate per la costruzione delle singole parti della motocicletta: talché si acquistano su mercati e da fabbricanti diversi i motori, i carburatori, i cambî, i mozzi, i freni, i telai, i manubrî, ecc. e si montano poi le varie parti in modeste officine che dànno al prodotto completo un'impronta propria caratterizzata da una più o meno saggia scelta delle diverse parti, da una più o meno brillante sistemazione dei varî organi, eec. In tal modo si ha il vantaggio della maggiore bontà del prodotto e della diminuzione del costo, per effetto soprattutto dell'organizzazione scientifica del lavoro sempre possibile nelle officine specializzate.
Lo sport motociclistico.
Lo sport motociclistico è inquadrato internazionalmente nel seguente modo: le associazioni motociclistiche sorte nelle varie località dipendono da un ente o federazione nazionale (in Italia dal Reale Moto Club d'Italia che ha sede in Roma). Tali enti aderiscono alla Federazione internazionale dei clubs motociclistici (F.I.C.M.), che venne fondata a Parigi il 22 dicembre 1904, ricostituita a Londra, ove attualmente risiede la segreteria, il 28 novembre 1912, e riconosciuta dalle associazioni come l'unica autorità internazionale per l'incremento e il controllo del motociclismo. Da molti anni è presidente della federazione internazionale l'italiano Alberto Bonacossa. Aderiscono attualmente alla F.I.C.M. le federazioni motociclistiche delle seguenti nazioni: Argentina, Austria, Belgio, Cecoslovacchia, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Impero Britannico, Irlanda, Italia, Iugoslavia, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna, Svezia, Svizzera, Ungheria.
La F.I.C.M. è l'unica autorità sportiva internazionale qualificata per stabilire ed esigere l'applicazione dei regolamenti destinati a incoraggiare e a dirigere le manifestazioni sportive e i record motociclistici; essa è il tribunale internazionale di ultima istanza incaricato di giudicare le controversie che potranno sorgere in occasione di tale applicazione.
Sportivamente, agli effetti della loro partecipazione alle gare o ai tentativi di record per le classifiche e per la omologazione ufficiale dei risultati, i motocicli sono divisi in tre categorie: cat. A: motociclette, veicoli a propulsione a motore comprendenti il telaio, due ruote, e un motore appropriato; cat. B: motociclette con sidecar, motociclette alle quali si attacca un telaio a una sola ruota portante la carrozzeria per un passeggero; cat. C: cyclecars, veicoli a propulsione a motore a tre ruote, differenti dalle motociclette con sidecar (questa terza categoria, contemplata dai regolamenti sportivi internazionali, non è conosciuta in Italia, ove tale veicolo sarebbe considerato automobile e non motociclo). Ognuna di queste categorie viene divisa in classi in base alla cilindrata totale del motore. Per la categoria A si hanno le classi relative alle cilindrate di centimetri cubici 75, 100, 125, 175, 250, 350, 500, 750 e 1000. Per la cat. B 350, 600 e 1000. Per la categoria C 350, 500, 750 e 1000.
Le manifestazioni sportive motociclistiche sono dei seguenti tipi:
a) Tentativi di record sulla distanza o sul tempo. - I primi si svolgono sulle seguenti distanze: km.1, 5, 10, 50, 100, 200, 500 e continuando di 500 in 500; miglia inglesi di metri 1609,34 : 1, 5, 10, 50, 100, 200, 500 e continuando di 500 in 500 miglia. La partenza per il tentativo di record sulla distanza può avvenire con la macchina già lanciata alla massima velocità oppure da fermo per i record di 1, 5, 10 km. o miglia, ma obbligatoriamente da fermo per tutti gli altri.
I record del tempo, tutti con partenza da fermo, si possono tentare per 1, 2, 3, 4... 12 ore, per doppie 12 ore, ossia in due periodi esatti di 12 ore cadauno dovendosi compiere il record completo nel tempo totale di 36 ore, per 24 ore e multipli di 24 ore. Attualmente (1934) il record assoluto della velocità motociclistica sul chilometro lanciato appartiene al tedesco Ernst Henne, che il 3 novembre 1932 raggiungeva con una motocicletta tedesca della marca B.M.W. a due cilindri con compressore, di 750 cc., la media velocità oraria di km. 244,400.
Il record dell'ora appartiene all'inglese C. W. G. Lacey, che percorreva km. 178,320 il 29 settembre 1931 con una macchina di costruzione inglese, una Norton monocilindrica della cilindrata di 490 cc.
b) Gare di velocità pura. - In queste la velocità costituisce l'unico fattore per la classifica: in pista (G. P. delle Nazioni a Monza); in circuito su strade chiuse al traffico (Tourist Trophy in Inghilterra, Isola di Man); su strade aperte al traffico (Milano-Roma-Napoli).
c) Gare di regolarità. - Sono rette da speciali formule; in esse generalmente vince chi ha saputo mantenere su tutto il percorso una velocità prestabilita (es., Sei Giorni Internazionale).
Altre manifestazioni motociclistiche, che però in Italia sono poco diffuse, sono le gare su pista speciale di terra e cenere (detta in inglese dirt track), più spettacoli da circo che manifestazioni sportive; e le partite di motocalcio, variante del giuoco del calcio, nelle quali i giuocatori sono appunto montati su motociclette.
Diffusione della motocicletta nel mondo. - La diffusione della motocicletta è già grandissima. Pur essendo, tuttavia, il veicolo meccanico economico e alla portata di borse modeste, essa è diffusa nel mondo molto meno dell'automobile, segnando le statistiche oltre 35 milioni di automobili in circolazione contro meno di tre milioni di motociclette. La ragione di questa apparente incongruenza sta nel fatto che in America l'automobile, a causa del basso prezzo della benzina e della costruzione in serie delle macchine, si è diffusa subito a milioni, e le sue evidenti maggiori comodità in confronto di una minima differenza di spesa la fecero preferire alla motocicletta. Si contavano infatti al 1° gennaio 1932 nelle due Americhe 24.263.395 vetture automobili da turismo contro 125.977 motociclette. Invece nella stessa epoca si contavano in Europa (ove il costo delle macchine e della benzina è ben più elevato) 3.968.228 autovetture contro 2.243.267 motocicli e nella Germania, paese i cui cittadini vennero più provati dalle conseguenze economiche della guerra mondiale, le motociclette in numero di 792.075 superavano di gran lunga le autovetture, che alla stessa epoca erano 510.608. La Germania si trovava nel 1932 alla testa della diffusione della motocicletta nel mondo, seguiva, sempre secondo la stessa statistica, la Gran Bretagna con 626.649, la Francia con circa 500.000 e l'Italia al quinto posto con circa 100.000.
Tali cifre non comprendono le motoleggiere. Tenendo conto di queste, il numero delle motociclette è in Italia (1933) di 152.688. La seguente tabella mostra l'aumento dal 1928 al 1933, nelle due categorie:
I successi sportivi in gare difficilissime, riportati da macchine di costruzione italiana, dimostrano che tecnicamente i costruttori nazionali sono ormai espertissimi; e una cinquantina di fabbriche in piena attività dimostrano la vitalità di questa industria, che senza nemmeno la protezione di eccessive barriere doganali gareggia degnamente con l'industria estera, tanto che l'importazione di macchine estere in Italia diminuisce di continuo.
A questo favorevole stato di cose contribuisce anzitutto l'appoggio illuminato del governo fascista, che in un primo tempo ha abolito la patente di guida per le motoleggiere, e in un secondo tempo ha addirittura concesso la libera guida di qualsiasi motociclo; e poi un'associazione costituita tra i costruttori e i rappresentanti e commercianti del ciclo e motociclo (A.N.M.C.A.), che ne tutela giudiziosamente gl'interessi in pieno accordo con il Reale Moto Club d'Italia.
V. tavv. CLXXI-CLXXIV.