Motocicletta
Libertà su due ruote
La motocicletta è un mezzo di trasporto con un motore simile a quello dell’automobile, ma che consente più agilità e libertà di movimento poiché ha solo due ruote. Molto amata dai giovani, è adatta tanto all’ambiente urbano quanto ai lunghi viaggi su ogni genere di strada e va sempre guidata con un casco di protezione per scongiurare i traumi dovuti a un’eventuale caduta
La motocicletta è un mezzo di trasporto dotato di due ruote e di un motore. Possiede quindi la potenza e la velocità dell’automobile insieme all’agilità della bicicletta e per questo è molto amata da chi preferisce viaggiare in modo più libero anche se meno confortevole rispetto agli autoveicoli. I mezzi a due ruote sono molto usati nelle grandi città dove permettono di districarsi più facilmente nel traffico e di risolvere il problema del parcheggio.
Inoltre, motociclette e ciclomotori (meno potenti) sono spesso per i giovani il primo mezzo di trasporto a motore, perché costano meno delle automobili e si possono guidare prima (fin dai 14 anni per quanto riguarda i ciclomotori con cilindrata inferiore a 50 cc, dai 16 anni in poi per le moto fino a 125 cc).
La motocicletta nasce nel 1885, quando Gottlieb Daimler provò insieme a un altro inventore tedesco, Wilhelm Maybach, a montare su una bicicletta di legno un motore a scoppio inventato pochi anni prima, nel 1876, da Nikolaus August Otto. In realtà quella prima motocicletta oltre alle due ruote principali ne aveva altre due, molto più piccole che – come quelle usate dai bambini sulle loro prime biciclette – garantivano la stabilità del veicolo. Il peso del motore infatti rendeva per il pilota molto difficile il mantenimento dell’equilibrio.
In seguito Daimler si dedicò alle automobili, e furono altri inventori a sviluppare ulteriormente la motocicletta. Ben presto i costruttori di questi veicoli capirono che per garantire stabilità al mezzo era necessario montare il motore tra le due ruote e che esso doveva essere il più leggero possibile. Per questo scelsero una versione del motore a scoppio leggermente diversa rispetto a quello usato per le automobili. Si tratta del motore a due tempi, realizzato per la prima volta nel 1878 dall’inglese Dugald Clark e in seguito perfezionato da molti altri inventori sino a raggiungere la forma attuale. Il motore a due tempi non funziona a benzina, ma con una miscela di benzina e olio; inoltre, in questo tipo di motore le fasi di aspirazione della miscela e di scarico dei gas combusti non sono distinte come nel motore a quattro tempi, ma contemporanee. Nel complesso, il motore a due tempi è formato da un minor numero di componenti ed è più leggero di uno a quattro tempi, e quindi risulta più adatto a un mezzo come la motocicletta, che per di più ha bisogno di meno potenza rispetto all’automobile.
In anni recenti, tuttavia, il progresso tecnico ha consentito di montare sulle moto, tanto su quelle più grandi quanto su alcuni scooter (veicoli più piccoli nati per gli spostamenti in città), anche i più potenti motori a quattro tempi.
Nella lunga storia della motocicletta, alcune marche e modelli sono entrati nell’immaginario collettivo e occupano un posto particolare. È il caso della Harley Davidson, una casa statunitense che produce motociclette molto potenti, adatte soprattutto a lunghi viaggi e usate da motociclisti che vivono letteralmente in simbiosi con il loro mezzo di trasporto.
Ma è anche il caso di molte marche italiane, come la Ducati, che produce sofisticate moto da corsa, un po’le Ferrari delle due ruote, o della Moto Guzzi, una storica casa con sede a Mandello del Lario, sul Lago di Como. La due ruote più famosa della storia è però la Vespa della Piaggio, uno scooter nato negli anni Quaranta e rimasto in produzione con continui rinnovamenti; la Vespa è stata, insieme alla Fiat 500, la grande protagonista della motorizzazione di massa in Italia, consentendo praticamente a tutti di avere un mezzo di trasporto. La Vespa ha ispirato decine di scooter prodotti da diverse case, ed è uno dei più famosi esempi di design italiano conosciuti nel mondo.
Il ciclomotore ha un motore di piccola cilindrata (meno di 50 cc) e una velocità massima limitata. Oltre che come mezzo per impratichirsi con le due ruote, il ciclomotore ha molto successo per la sua agilità nel traffico urbano. La motocicletta da strada è invece il tipo più diffuso di motoveicolo. Per il suo assetto, ossia la posizione che assume il pilota durante la guida e la regolazione delle sospensioni – cioè i sistemi di assorbimento degli urti montati sulle ruote – consente di percorrere anche lunghe distanze, ma è adatta solo alle regolari strade asfaltate.
Le motociclette da fuoristrada sono invece studiate appositamente per percorsi accidentati e spesso non asfaltati, e vengono suddivise in veicoli da cross, da enduro e da trial, ognuna con le sue specificità. Quelle da cross hanno sospensioni molto robuste e corsa (distanza tra le due ruote) lunga, adatte ad assorbire gli urti cui la moto può essere sottoposta; per le loro caratteristiche, anche di rumorosità, non sono omologate per l’uso su strada. Le enduro sono esteticamente simili alle moto da cross ma meno potenti, più silenziose e facili da guidare: il codice della strada permette di usarle anche per la normale circolazione. Le moto da trial sono invece caratterizzate da grande potenza anche a bassi regimi (quando il motore compie pochi giri al minuto), il che consente di superare ostacoli a prima vista insormontabili come alti scalini partendo da fermi, performance impossibile con una moto normale.
Infine c’è il sidecar, una motocicletta molto particolare dotata di un abitacolo per un secondo passeggero fissato a un lato della moto. L’abitacolo ha a sua volta una ruota. Oggi i sidecar sono soprattutto apprezzati dai collezionisti.
Il motociclismo è uno sport molto seguito, che da qualche tempo è popolare almeno quanto l’automobilismo, grazie anche al fatto che l’Italia ha in questo campo una grande tradizione, sia tra i costruttori sia tra i piloti. Valgano per tutti l’esempio di Giacomo Agostini, 15 volte campione del mondo tra gli anni Sessanta e Settanta, e di Valentino Rossi, sette volte campione in diverse classi tra il 1997 e il 2005. Come molti campioni di questo sport e molte case motociclistiche, Agostini e Rossi provengono dalla zona Adriatica delle Marche e della Romagna, dove si concentra la tradizione motociclistica italiana. Esistono due tipi principali di corse in motocicletta: le gare di motocross, in cui i piloti percorrono un tracciato accidentato, di solito all’aperto, superando diversi ostacoli, e quelle di velocità in pista, suddivise in diverse categorie in base alla cilindrata e quindi alla potenza dei motori.
La specialità più seguita è quella della MotoGp, dove gareggiano i veicoli più potenti, che raggiungono e superano velocità di 300 km/h.
La motocicletta può essere un mezzo pericoloso, perché il pilota non ha alcuna protezione esterna, a differenza di quanto accade invece con l’abitacolo dell’auto. Per questo il codice della strada prevede l’obbligo, per guidare un mezzo a due ruote, di indossare un casco che risponda a precise caratteristiche e che protegga almeno la testa da urti violenti in un’eventuale caduta. Anche se a volte è percepito come un fastidio, il casco è indispensabile per viaggiare sereni sulle due ruote, e va tenuto allacciato ben stretto per evitare il rischio che si sfili dal capo durante una caduta.
La motocicletta è diventata un simbolo della libertà e della ribellione giovanile, specialmente nella seconda metà del Novecento e soprattutto negli Stati Uniti, ed è stata celebrata come tale da molti film, romanzi e canzoni. Uno dei più celebri film sull’argomento è stato Easy rider (1969), che racconta la storia del viaggio attraverso l’America di due hippies, interpretati da Peter Fonda e Dennis Hopper, nel quale la motocicletta è il simbolo della fuga dalla società e dalle convenzioni dei protagonisti. Per quanto riguarda la letteratura, va ricordato il romanzo Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, di Leonard Pirsig. La trama è vagamente simile a quella di Easy rider (qui c’è un padre che attraversa l’America con il figlio seduto in moto dietro di lui), ma ora il protagonista, che è un professore di filosofia, non vuole tanto ribellarsi quanto capire la realtà che lo circonda, e la motocicletta glielo consente più dell’automobile, perché niente lo separa dal paesaggio che sta attraversando.