MOTOVEICOLO
(App. III, II, p. 174; IV, II, p. 532; v. anche motocicletta, XXIII, p. 947; App. II, II, p. 356)
Gli anni Ottanta hanno visto il consolidamento, fino a sfiorare il monopolio, della produzione giapponese. Gli sviluppi della tecnologia e l'organizzazione delle aziende giapponesi hanno provocato, come in altri settori (apparecchi fotografici, radio Hi-Fi, elettronica, automobili), una selezione che ha posto in grave crisi tutti gli altri produttori mondiali. Le conseguenze di questa guerra hanno finito per coinvolgere gli stessi Giapponesi. Infatti, dopo una prima selezione sul mercato internazionale avvenuta negli anni Sessanta e Settanta, in ambito stesso giapponese sono rimaste solo quattro grandi aziende produttrici di m., che, in ordine d'importanza, controllano l'intero mercato: Honda, Yamaha, Suzuki e Kawasaki. Loro caratteristica comune è la diversificazione produttiva: esse infatti, oltre che m., producono anche automobili, motori fuoribordo, attrezzi agricoli, ecc., che ne fanno dei veri e propri colossi industriali. La storia degli anni Ottanta per quanto riguarda i m. è pertanto in gran parte legata a queste quattro aziende che hanno influenzato mercato, prodotti e moda.
Spinta all'innovazione tecnologica e stilistica.- Le quattro grandi aziende giapponesi, nell'intento di stabilire una posizione di predominio e di selezionare ulteriormente il numero delle aziende concorrenti, hanno impresso nei primi anni Ottanta un'enorme accelerazione al rinnovamento dei modelli e allo sviluppo tecnico. Una ricchissima gamma di modelli e un proliferare di novità hanno inondato il mercato di quegli anni. Questa politica, il cui doppio scopo era di cercare il predominio di marca e di allargare un mercato che dava già segni di cedimento, si è tuttavia rivolta contro le stesse grandi aziende giapponesi. I limiti fisiologici del mercato, il disorientamento della clientela di fronte a un eccessivo proliferare di nuovi modelli, le fluttuazioni della moda, i limiti legislativi, l'aumento dei costi dovuto alla sofisticazione tecnica, l'immagine assunta dalla moto − proprio in virtù di questa strategia produttiva − di veicolo pericoloso e rumoroso, hanno provocato una crisi delle stesse aziende giapponesi e un ridimensionamento della produzione.
Fabbriche transplant. - Nell'intento di monopolizzare la produzione mondiale dei m., le grandi fabbriche giapponesi hanno esportato in molti paesi del mondo i loro metodi e le loro tecnologie per produrvi m. con i loro marchi. Di qui il proliferare di fabbriche cosiddette transplant (dette anche fabbriche ''cacciavite''), cioè di stabilimenti in cui vengono assemblati m. con parti provenienti dal Giappone in percentuali che variano dal 20% all'80%, progettati spesso in Giappone, ma adattati ai mercati dove vengono costruiti. La Honda, per es., possiede una sessantina di stabilimenti sparsi in tutto il mondo in cui produce m. con marchio Honda per i mercati locali o vicini. La dislocazione di tali impianti va dall'Italia al Brasile, dall'Indonesia alla Spagna. La manodopera e un certo numero di fornitori sono locali. I metodi di progettazione e l'organizzazione del lavoro sono tipicamente giapponesi.
Le sollecitazioni del mercato del motoveicolo. - Nel tentativo di creare sempre nuovi sbocchi di mercato i Giapponesi hanno inventato un nuovo tipo di motociclo caratteristico degli anni Ottanta: l'Enduro. Tale motociclo, ''inventato'' dalla Yamaha, è nella sua espressione di base un monocilindrico quattro tempi di grossa cilindrata (oltre 500 cm3), maneggevole, affidabile, economico, con sospensioni e pneumatici adatti sia all'uso stradale che al fuoristrada. Il successo e la moda di tali veicoli, oltre alle indubbie qualità tecniche, sono stati amplificati da una serie di competizioni/avventura nel deserto organizzate dai Francesi (la ''Parigi-Dakar'' è la più importante), che hanno sollecitato la fantasia dei giovani e hanno creato un vero e proprio mito per questo tipo di motocicli.
Altro settore del mercato del m. sollecitato dalle nuove strategie produttive è quello del motoscooter. Lo scooter, che per anni era rimasto quasi monopolio dell'italiana Piaggio con la storica Vespa, ha conosciuto un declino nella prima metà degli anni Ottanta; poi, reinterpretato dalle aziende giapponesi con colori vivaci, impianti elettrici raffinati, e con un design moderno realizzabile grazie a un esteso impiego delle materie plastiche, ha conosciuto un nuovo boom che lo ha riportato all'attualità e alla moda come veicolo ideale per agevoli e veloci spostamenti nel congestionato traffico cittadino.
Sempre alla ricerca di nuove nicchie di mercato, le aziende giapponesi hanno inoltre esasperato il concetto di moto sportiva sollecitando gli amanti della perfezione tecnica con la produzione di motocicli che presentano soluzioni tecniche mutuate dalle moto da competizione: carenature aerodinamiche, motori pluricilindrici assai potenti, pneumatici di larga sezione, impianti frenanti molto sofisticati a tre dischi (doppi anteriori), telai in alluminio scatolato, ruote in lega leggera, raffreddamento a liquido, distribuzione a quattro o cinque valvole per cilindro. Tali ''bolidi'' con potenze oltre i 140 CV e velocità superiori ai 280 km/h, hanno però provocato azioni di rigetto. Alcuni paesi hanno risposto con provvedimenti legislativi; per es., in Germania, un motociclo per legge non può avere più di 100 CV. I costruttori giapponesi, nel timore di un diffondersi di tali barriere legislative, si sono orientati ad autolimitare la potenza dei loro motocicli a circa 100 CV.
Nell'ambito di questa strategia di mercato le aziende giapponesi hanno individuato le competizioni motociclistiche come efficace mezzo promozionale, investendo negli anni Ottanta ingenti quantità di denaro per sviluppare motocicli da competizione sofisticatissimi, soprattutto per le competizioni di velocità su strada, per il motocross e per l'Enduro africano. Questo ha portato a un predominio assoluto nelle competizioni da parte di Honda, Yamaha, Suzuki e in parte Kawasaki. A limitare questo monopolio sono intervenuti ultimamente alcuni costruttori italiani (gruppo Ducati-Cagiva e Aprilia) che con dinamismo e volontà si sono fatti carico di accettare la sfida giapponese. La Ducati in particolar modo, con i suoi bicilindri a L reinterpretati in chiave moderna, riesce a competere con successo nel settore delle moto sportive di grossa cilindrata (superbike).
Una categoria a parte è rappresentata dalle moto da turismo. Per anni monopolio della BMW (unica marca tedesca sopravvissuta), la moto da turismo presenta propri connotati caratteristici: di grossa cilindrata, non troppo spinta ma affidabile, con grandi carenature che proteggono il pilota dalle intemperie, borse e bauletti spesso integrati che permettono turismo a largo raggio. Note e apprezzate nel Nord Europa, le moto da turismo trovano una loro clientela negli amanti dei lunghi tragitti, che le usano anche durante la cattiva stagione.
In questo quadro di prevalenza giapponese e di declino delle marche storiche, eccezioni degne di nota sono, per motivi diversi, l'italiana Aprilia e la statunitense Harley Davidson. L'Aprilia, infatti, ha reinventato il design e il colore diventando un mito per i giovani. Fabbrica veneta originariamente di biciclette, nell'affrontare il mercato delle piccole cilindrate per i giovani, ha intuito, a metà degli anni Ottanta, che per questa fascia di consumatori il contenuto tecnico resta subordinato al look del m., e a tal fine ha privilegiato il design e gli accostamenti di colori nuovi e arditi, conquistando una buona fetta di mercato e diventando leader del settore fino ai 125 cm3 insieme alla rivale italiana Cagiva. La Harley Davidson, invece, ha conosciuto ultimamente un crescente successo da un lato per ragioni di moda, dall'altro per una forma di rigetto per la perfezione e l'impersonale funzionalità del prodotto giapponese. Il successo di questa marca è infatti legato proprio a un'implicita contestazione di una concorrenza fondata sulle tecnologie, sulle prestazioni e sull'affidabilità. Paradossalmente, i difetti che hanno provocato il declino e la morte dell'industria storica sono diventati i pregi dell'Harley Davidson fino a trasformarla in un oggetto di culto. Essa, infatti, è costosa, vibra, è poco affidabile, non è veloce, è rumorosa e tecnicamente vecchia ma, si dice, è un oggetto non perfetto e impersonale ma ''vivo'', che dà sensazioni forti.
Evoluzione degli elementi costruttivi. - L'evoluzione tecnica dei vari componenti del m., dai motori ai telai, agli apparati elettrici e frenanti, alle ruote, ha avuto negli anni Ottanta importante impulso.
Motori. Per quanto riguarda il motore a 4 tempi, ormai adottato per la quasi totalità delle moto di cilindrata oltre 125 cm3, è ormai generalizzata la distribuzione plurivalvole (4 o 5 per cilindro), nonché il raffreddamento a liquido con potenze specifiche ben oltre i 100 CV/litro. Generalizzata è pure la gestione elettronica dell'accensione e dell'impianto elettrico, così come l'impiego di contralberi equilibratori per i motori monocilindrici e per i bicilindrici affiancati. Non molto diffusi sono tuttora l'alimentazione a iniezione e gli impianti antinquinamento, mentre la sovralimentazione, dopo un timido tentativo, è completamente caduta in disuso, al contrario di quanto avviene per le automobili. Nel motore a due tempi è ormai generalizzato il raffreddamento a liquido e, nei motori di maggior pregio, la valvola parzializzatrice della luce di scarico. Altrettanto comune è divenuto l'impiego della valvola a lamelle per l'ammissione.
Ciclistica. Telai scatolati, spesso in lamiera di alluminio, sono utilizzati per le moto sportive da strada; forcelloni di alluminio per la ruota posteriore. Generalizzato è l'uso di un solo ammortizzatore posteriore con leveraggi di rinvio; nato per i m. da motocross, ha il grosso vantaggio di far lavorare la sospensione posteriore in modo progressivo: la sospensione s'indurisce man mano che arriva al fondo corsa. Di moda sono le forcelle a steli rovesciati (upside-down), ma senza reali giustificazioni tecniche; tramontata è invece la moda del dispositivo antiaffondamento della forcella. L'impianto frenante antibloccaggio trova qualche applicazione nelle moto da turismo di maggior pregio. Generalizzato è l'impiego di ruote fuse in lega leggera per uso stradale, mentre grande evoluzione hanno avuto i pneumatici soprattutto stradali, con grande sviluppo dei pneumatici radiali ribassati e senza camera d'aria (tubeless) e montati su cerchi con canale largo, che offrono una minore deriva e una maggiore superficie di appoggio.
Motocicli particolari. - L'inesauribile gamma di prodotti giapponesi offre alla clientela nuovi veicoli che è improprio definire m.; ad essi vanno assimilati, in mancanza di classificazioni specifiche, i tricicli e le moto d'acqua.
I tricicli (detti anche quad) sono veicoli da fuoristrada, a tre o a quattro ruote, usati per svago; montano pneumatici di larghissima sezione e gonfiati a bassa pressione, e si guidano stando cavalcioni e manovrando un manubrio (per tale ragione sono assimilabili a moto). Le moto d'acqua sono dei piccoli scooter natanti per una o due persone, usati per svago; si guidano a cavalcioni o in piedi; hanno un motore a due tempi con propulsione a idrogetto, e un manubrio che svolge le funzioni di timone.
Legislazione e traffico. - Il futuro del m. appare strettamente condizionato da due contrastanti fattori. Da un lato la legislazione che, come già accennato, influisce negativamente, limitando, penalizzando se non addirittura demonizzando l'uso delle due ruote: divieti di traffico in alcuni centri cittadini, divieti di circolazione fuoristrada, obbligatorietà del casco, limiti a potenze, velocità, rumore e inquinamento. Dall'altro gli amministratori pubblici cominciano a intravvedere nell'uso del m. una semplice e valida soluzione ai problemi della congestione del traffico e del parcheggio nei grandi centri urbani. Le due spinte sono, come si vede, antitetiche, ma un uso civile e corretto del mezzo sembra la via di uscita per conciliare questi due aspetti, offrendo un ulteriore incentivo alla diffusione dei motocicli. Vedi tav. f.t.
Bibl.: Pubblicazioni dell'Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori (ANCMA). Riviste: Motociclismo; Motosprint; Motocross, anni vari.