MOVIMENTI DI CAPITALE
Negoziazioni di averi finanziari tra residenti di paesi diversi. Queste operazioni sono poste in essere da autorità ufficiali, società commerciali, istituzioni creditizie, persone fisiche. Gli averi finanziari negoziati possono essere titoli di credito (azioni, obbligazioni, titoli del mercato monetario), partecipazioni non azionarie, crediti, strumenti di pagamento internazionali (oro monetario, diritti speciali di prelievo, valute di riserva).
Nella bilancia dei pagamenti (v.) di ogni paese i m. di c., nella loro accezione più ampia, hanno una dimensione netta uguale a quella delle partite correnti, definite come negoziazioni tra residenti di paesi diversi aventi per oggetto il trasferimento di beni e servizi. Così, se un paese, nell'unità di tempo considerata, registra un avanzo delle partite correnti, la posizione debitorio-creditoria del paese registrerà un miglioramento della stessa misura; si avrà, cioè, un'importazione netta di averi finanziari, o, in altre parole, un'esportazione netta di capitali.
Al di là delle demarcazioni normalmente operate all'interno dei m. di c. (basate sulla durata degli averi finanziari negoziati, oppure sulla qualità privata o pubblica degli operatori), quella che meglio chiarisce una fondamentale differenza di natura è la distinzione tra m. autonomi e indotti o compensativi. I primi sono autonomamente determinati dall'iniziativa di operatori economici che agiscono sotto la spinta della convenienza individuale; i secondi invece sono promossi, o suggeriti, dalle autorità monetarie per motivi di politica economica, sovente per mantenere un certo livello del tasso di cambio, o per garantire un suo slittamento in condizioni ordinate.
Convenzionalmente le nostre statistiche assegnano la natura di m. di c. indotti a tutte le operazioni effettuate dalle aziende di credito abilitate a intrattenere rapporti con l'estero - sebbene esse siano in larga misura autonome - oltre a quelle riguardanti la posizione sull'estero delle autorità monetarie (Banca d'Italia e Ufficio italiano dei cambi). Queste operazioni sono denominate "movimenti monetari". Hanno la stessa natura indotta, sebbene siano contabilizzati nelle statistiche ufficiali tra i m. di c. autonomi, i cosiddetti prestiti compensativi, assunti o rimborsati da operatori finanziari (a decorrere soprattutto dal 1969), su iniziativa delle autorità monetarie.
I m. di c. autonomi si possono utilmente distinguere, tenendo conto particolarmente della legislazione italiana, in investimenti diretti, che permettono di esercitare una concreta influenza sulla gestione dell'impresa finanziata, e che comprendono anche investimenti in azioni, purché queste non siano quotate su nessun mercato mobiliare; in investimenti di portafoglio, aventi per oggetto titoli prontamente negoziabili sul mercato mobiliare; in prestiti a medio e lungo termine e crediti commerciali, che stabiliscono un rapporto diretto tra mutuatario e mutuante, il quale, nel secondo caso, non è una banca ma un esportatore di beni che consegna la merce prima di ricevere il pagamento.
Gli studiosi di economia internazionale hanno indagato sulle interrelazioni funzionali tra m. di c. autonomi e le altre voci della bilancia dei pagamenti. Tra i problemi sollevati, il più rilevante è quello del "trasferimento", in quanto consiste nell'individuare i meccanismi attraverso i quali un m. di c. dà luogo a una cessione di risorse reali di un paese a favore di un altro. Nel sistema monetario aureo, a cambi fissi, questa cessione si attua attraverso l'ingresso di oro nel paese importatore di c., l'aumento dei prezzi e il disavanzo delle partite correnti. In un regime di cambi flessibili, invece, è la rivalutazione della moneta del paese importatore di c. che rende più convenienti le importazioni di beni. Esiste poi un modo di trasferimento che non passa attraverso gli spostamenti dei prezzi e del cambio, ma si fonda sul mutamento della capacità di spesa dei paesi interessati dal m. di capitale. Infine in un'economia caratterizzata da non piena occupazione delle risorse il tipico meccanismo di trasferimento segue queste fasi: importazione di c. ed espansione della produzione interna, quindi del reddito e delle importazioni, senza che aumentino le esportazioni e il livello dei prezzi.
I fattori che determinano i m. di c. autonomi sono normalmente individuati nei dislivelli tra tassi di remunerazione degli averi finanziari nei diversi paesi, nelle attese di variazione dei cambi, nel regime fiscale, nella volontà di diversificare il portafoglio. La teoria della parità dell'interesse è un tentativo di sistemare logicamente alcuni di questi fattori. Essa afferma che gli arbitraggisti muovono i fondi (flussi) verso il paese che offre un tasso dell'interesse superiore, purché il differenziale del tasso non sia compensato dallo sconto che la moneta dello stesso paese presenta sul mercato dei cambi a termine. Lo stretto collegamento che essa implica tra il cambio a pronti, il cambio a termine e il differenziale dei tassi tra un paese e l'altro non è tuttavia riscontrabile nella realtà per l'esistenza sui mercati di numerose vischiosità. Recentemente, sulla base degli sviluppi della teoria del portafoglio, sono state avanzate nuove ipotesi per spiegare i m. di capitale. Questi infatti sono stati collegati non al livello dei tassi dell'interesse, e quindi al differenziale tra tassi interni ed esteri ma alla variazione degli stessi tassi. Per es. l'aumento dei tassi all'interno determina una riallocazione degli averi di portafoglio (stocks) consistente in un'importazione netta di c. una volta per tutte, destinata quindi a esaurirsi nel tempo, anche se i tassi persistono nel nuovo livello più elevato. Si soggiunge peraltro che questa ipotesi comprende anche un effetto di flusso, sia pure di dimensioni limitate.
In ogni caso, sia che si accetti la teoria dei flussi, sia che si accetti invece la teoria degli stocks, è evidente che la politica monetaria dei singoli paesi risulta influenzata dalla dinamica dei m. di capitale. In un regime di cambi fissi e di libertà dei m. di c., un paese relativamente piccolo non può orientare la politica monetaria in senso diverso da quello prevalente all'estero perché i m. di c. intervengono, in entrata o in uscita, a compensare rispettivamente la restrizione o l'espansione monetaria. Il paese in esame può tentare un'azione di "sterilizzazione" dei flussi indesiderati di c.; tuttavia ciò implica una pressione, alla lunga insostenibile, sulle riserve e sul tasso di cambio. È possibile riguadagnare l'autonomia nella gestione della politica monetaria in un regime di cambi flessibili, nel quale è appunto il cambio, non l'ammontare delle riserve ufficiali, che subisce l'effetto delle tensioni che si determinano. In un regime di cambi fissi, invece, la politica monetaria deve cedere il posto alla politica fiscale, capace di determinare il livello desiderato di occupazione e di "domanda aggregata" senza mettere in crisi la bilancia dei pagamenti.
È diffuso nel mondo occidentale un atteggiamento favorevole alla libertà dei m. di c., sulla base dell'ipotesi che i c. si dirigono là dove la produttività è più elevata, e garantiscono l'allocazione ottimale delle risorse reali. Si ritiene che i m. di c. abbiano contribuito allo sviluppo dell'economia mondiale e alla ricostruzione postbellica. Negli anni recenti il sistema monetario internazionale basato sul dollaro, oltre che sull'oro, la dichiarazione di convertibilità multilaterale delle principali valute europee nel 1958, il processo d'integrazione economica nell'ambito della CEE e lo sviluppo dei mercati dell'eurodollaro (v.) hanno dato un forte impulso all'espansione dei m. di c. in Europa e nel mondo. Inoltre una caratteristica ricorrente nel dopoguerra è stata l'esportazione netta di c. dagli Stati Uniti e dai paesi della CEE.
Tuttavia il sistema monetario internazionale, nato con gli accordi di Bretton Woods del 1944, reca in sé delle asimmetrie e degli elementi di squilibrio che hanno provocato una progressiva dissociazione dei m. di c. dal loro contenuto "reale". Infatti, da un lato, gli Stati Uniti, proprio perché la loro moneta viene usata internazionalmente come mezzo di scambio e valuta ufficiale di riserva, hanno potuto esportare c. senza perdere risorse reali. L'espansione incontrollata dell'eurodollaro, dall'altro, ha poi rappresentato un ulteriore elemento di squilibrio nel sistema, favorendo un'elevata mobilità di c. utilizzabile anche per intenti speculativi. Gli altri paesi appartenenti all'OCSE, quindi, pur avendo concordato solenni impegni a liberalizzare i movimenti di c., fissandone le modalità in un apposito Codice, hanno percorso con molta prudenza la strada della liberalizzazione, tornando spesso sui loro passi - anche negli anni più recenti, in presenza di cambi flessibili - allo scopo di salvaguardare, almeno nel breve periodo, un certo grado di autonomia per la loro politica monetaria, e di proteggere le loro valute dai m. di c. di tipo speculativo e destabilizzante.
Bibl.: Nella sterminata bibliografia sui m. di c. sono stati scelti alcuni significativi contributi recenti, ricchi a loro volta di riferimenti bibliografici: R.A. Mundell, International economics, New York 1968; W.H. Branson, R.D. Hill Jr., Mouvements de capitaux dans l'ensemble de la zone OCDE, in Études Spéciales, OCDE, 1971; F. Masera, I movimenti di capitali autonomi nella esperienza italiana degli ultimi dieci anni, in Contributi alla ricerca economica, n. 2, Servizio Studi della Banca d'Italia, dic. 1972; F. Vicarelli, Il processo d'integrazione reale-finanziaria dell'economia italiana nella CEE, ibid., n. 3, dic. 1973; P.J.K. Kouri, M. G. Porter, International capital flows and portfolio equilibrium, in Journal of political economy, maggio-giugno 1974, pp. 443-67; P. Savona, Movimenti di capitale e mercati internazionali delle valute, in Bilancia dei pagamenti e Sistema monetario internazionale, a cura di F. Masera, Milano 1975; G. Tullio, I movimenti di capitali italiani in regime di cambi fissi: una ristima del modello di Kouri e Porter, in Contributi alla ricerca economica, n. 7, Servizio Studi della Banca d'Italia, genn. 1978.