ecologisti, movimenti
Gruppi e associazioni impegnati in campo ecologico, che per l’accresciuta sensibilità sociale alle tematiche della qualità della vita e dell’ambiente hanno assunto, a partire dagli ultimi deecenni del 20° sec., almeno nei Paesi industrialmente più avanzati, un consistente peso nell’opinione pubblica e, di conseguenza, un significativo ruolo sia politico sia elettorale. I primi cenni d’interesse per la difesa del paesaggio e la protezione dell’ambiente risalgono, in Europa, agli inizi del Novecento quando fu fondata, in Svizzera, la Ligue suisse pour la protection de la nature. Dopo la Seconda guerra mondiale diversi fattori, come il rapido sviluppo industriale, l’uso sempre più generalizzato di fertilizzanti chimici e pesticidi e anche, in diversi Paesi, l’incremento demografico e la deforestazione, provocarono un notevole e sempre più vasto aumento d’interesse per la conservazione dell’ambiente. Verso gli anni Cinquanta sorsero così numerose associazioni protezionistiche, sia a livello internazionale, come l’IUCN (International union for conservation of nature), il WWF (World wildlife fund) e gli Amici della Terra, sia a livello nazionale, come Italia nostra, la Federazione nazionale pro natura ecc. Con il tempo, comunque, ci si è resi conto che il «protezionismo» tradizionale, prevalentemente di tutela, non era più sufficiente e che si rendeva ormai necessaria una vera e propria politica ambientale, in grado di agire su di un contesto ecologico sempre più vasto e complesso, a volte minacciato in modo globale (come nel caso dell’effetto serra e, più recentemente, del buco dell’ozono). Perciò già dalla fine degli anni Sessanta la problematica ambientalistica tende a porre l’accento sui limiti e i rischi di uno sviluppo e uno sfruttamento della natura indiscriminati, con il conseguente aumento del divario fra i Paesi poveri e quelli industrializzati. Sulla scia di queste analisi sono sorte negli anni Settanta nuove iniziative, che in molti Paesi hanno ormai assunto le connotazioni di movimenti di massa; questi diversi movimenti presentano aspetti ideologici comuni (opposizione all’uso dell’energia nucleare, vive tendenze pacifiste) ma si differenziano per il diverso peso politico che hanno assunto nei diversi Paesi. Anche l’associazione Greenpeace, sorta nel 1971 negli Stati Uniti, si è diffusa poi in numerose nazioni. Nell’Europa orientale la problematica ecologica ha assunto crescente rilievo dagli anni Ottanta, spesso in stretta connessione con i temi della pace e del disarmo. È infine opportuno ricordare che di recente anche le Chiese cristiane hanno ripetutamente sottolineato l’importanza morale di una gestione e una conservazione corrette delle risorse e della vita del pianeta. Dalla metà degli anni Ottanta prese avvio un significativo cambiamento nel panorama dei movimenti e.: essi infatti conobbero una consistente crescita, sia dal punto di vista del radicamento sia da quello della diffusione geografica (con una rilevante presenza nel Terzo mondo e nell’Est europeo); andarono progressivamente assumendo una più decisa fisionomia politica e furono protagonisti di sistematici interventi sui temi delle politiche economiche e sulla ridefinizione di alcune delle stesse tradizionali categorie dell’economia. Questa discussione teorica vedeva l’affermarsi del concetto di «sviluppo sostenibile» e la definizione, secondo criteri qualitativi e non puramente quantitativi, degli indicatori di sviluppo. Una spinta fondamentale all’espansione dei movimenti e., ma anche al diffondersi di una certa sensibilità ambientalista, sul finire degli anni Ottanta, venne dall’incidente nucleare di Černobyl´, sia per le sue dimensioni continentali, sia per le sue conseguenze locali. In particolare, nei Paesi dell’Est europeo ancora governati da regimi comunisti, i problemi dell’ambiente divennero rapidamente la copertura per un’attività politica di opposizione, spesso di natura nazionalistica, di gruppi che non avevano altre possibilità di esprimersi pubblicamente. A differenza di quanto avveniva contemporaneamente nell’Europa occidentale, in quella orientale i temi ecologisti erano sostenuti soprattutto da gruppi di opposizione centrista che li coniugavano molto spesso con la difesa dell’economia di mercato e con i valori della società dei consumi. In Occidente i movimenti e. si collocavano invece, con alcune eccezioni che mantenevano un profilo di neutralità – la più notevole delle quali rappresentata da Greenpeace –, nella sinistra dello schieramento politico, partecipavano alle elezioni guadagnando consensi significativi e approdavano in molti casi a responsabilità di governo locale e nazionale. L’assunzione di un più deciso profilo politico portò i movimenti e. a definire, superando l’orientamento delle battaglie su singole questioni, programmi di carattere generale e a mettere a punto proposte, considerate strategiche per lo sviluppo ecocompatibile, riguardanti il risparmio energetico e l’utilizzo delle fonti di energia rinnovabili, la tassazione ecologica, lo smaltimento dei rifiuti urbani e industriali, l’assetto idrogeologico del territorio. I movimenti e. continuavano inoltre a mantenere alcuni loro caratteristici connotati, come la mancanza di una rigida organizzazione centrale, alla quale si contrapponeva anzi una miriade di associazioni con sensibilità e culture diverse. I partiti verdi, quindi, non rappresentavano interamente i movimenti ecologisti. Sul finire degli anni Novanta e poi negli anni Duemila, l’ecologismo si misurava con i nuovi temi posti dallo sviluppo della genetica e delle biotecnologie, e con i problemi etici connessi a quello stesso sviluppo.