ECUMENICO, MOVIMENTO
(App. II, I, p. 815; III, I, p. 508; v. ecumenismo, App. IV, I, p. 623)
Movimento ecumenico e storia mondiale. − Il m. e. è il tratto più significativo della storia delle Chiese cristiane nel 20° secolo. Esso ha mutato radicalmente i rapporti fra Chiese di tradizioni diverse, facendole passare dall'avversione all'unità, dall'isolamento alla solidarietà su scala mondiale nella testimonianza e nel servizio. Ma bisogna dire che l'ultimo decennio ha dimostrato una volta di più quanto questo movimento sia insieme il riflesso e costituisca la risposta a sviluppi più ampi entro la storia mondiale. Durante questo periodo, il pensiero e l'azione ecumenici sono stati stimolati in gran parte, e indirizzati, soprattutto nel Consiglio mondiale delle Chiese (World Council of Churches, WCC) che è lo strumento privilegiato del m. e., ai problemi della discriminazione, dell'oppressione, della fame e della povertà in molte parti del mondo, al progressivo deterioramento del sistema economico mondiale, alla sempre più frenetica corsa agli armamenti, e al drammatico processo di devastazione dell'ambiente. Di conseguenza, insieme con una sempre più viva attenzione per le questioni della giustizia (soprattutto razzismo e giustizia sociale), è emerso negli anni più recenti un impegno ecumenico solido e ramificato in favore della pace internazionale e, in misura sempre più crescente, per la preservazione e l'uso responsabile delle risorse della terra.
Dal punto di vista teologico, questioni di questo tipo non sono più interpretate e trattate primariamente in termini di teologia della storia, come accadeva negli anni Sessanta e Settanta, quando la storia veniva considerata il teatro dell'azione trasformante di Dio. Si è affermata, viceversa, la tendenza verso una visione più globale, trinitaria, basata su una ''rilettura'' della testimonianza biblica relativa al disegno salvifico di Dio nella storia.
Tale visione procede dalla percezione che il creato è un bene concesso da Dio a beneficio di tutta l'umanità, e dal corrispondente comandamento che impegna gli uomini a non essere più sfruttatori egoistici della sua creazione ma amministratori responsabili. Il godimento e la preoccupazione di Dio per la giustizia, e la sua amorevole attenzione per il povero, rivelati in Gesù Cristo diventano le motivazioni di fondo perché il cristiano si faccia carico della giustizia sociale. Lo shalom di Dio, il dono e il compito dell'armonia fra tutte le creature viventi, e la pace di Dio venuta nel mondo in Gesù Cristo sono visti come un'ispirazione, sostenuta dalla potenza dello Spirito Santo, ad appoggiare attraverso la comunità ecumenica tutti gli sforzi verso più pacifiche relazioni fra popoli e nazioni. Tutto questo è integrato nel vasto orizzonte della promessa divina di un nuovo cielo e di una terra nuova come fonte di speranza e come richiamo al fatto che i segni di questa nuova realtà sono già ora presenti e aspettano di essere scoperti.
Questo orientamento teologico di base ha portato, in maniera del tutto naturale, a sottolineare con maggior forza il momento del culto, della celebrazione e della spiritualità in tutto il lavoro ecumenico, nei gruppi e nelle conferenze. Ma dietro questo sviluppo più recente c'è l'esperienza del periodo precedente, quando il coinvolgimento cristiano negli affari del mondo era spesso basato su un temporaneo attivismo o sulla ripetizione di teorie rivoluzionarie per il cambiamento sociale. Si comprese allora che la responsabilità nel mondo e per il mondo doveva essere di una qualità diversa, alimentata da radici più profondamente bibliche e spirituali, onde potersi qualificare come contributo specificamente cristiano alle lotte dell'umanità ed essere sostenuto da quel tipo di forza spirituale che è capace di far fronte alle delusioni e ai fallimenti inevitabili in un mondo complesso e finito.
È questo mondo − con le ambivalenti possibilità scientifiche e tecnologiche, le minacce e incertezze per la sopravvivenza dell'umanità, i nuovi sviluppi nei paesi ex socialisti dell'Europa orientale e in Cina, il crescente pluralismo religioso, e insieme con i sempre più frequenti conflitti etnico-religiosi e la destabilizzazione dei valori e delle strutture sociali tradizionali − è questo mondo, che ha dato forma all'agenda del m. e. di quest'ultimo decennio, e che, come non mai, chiama a una comune testimonianza cristiana dell'amore di Dio per la sua creazione e per il mondo.
Gli sviluppi e gli avvenimenti ecumenici più significativi. − Questa interrelazione fra m. e. e storia mondiale ha evidentemente determinato il programma, l'orientamento teologico e lo stile della Sesta assemblea del Consiglio mondiale delle Chiese tenutasi a Vancouver nel 1983: un'assemblea in cui si udirono voci di disperazione, di protesta e di speranza provenienti dalle situazioni di conflitto e di frattura fra gli uomini, e fu un'assemblea più che mai permeata nel profondo da un'intensa vita di preghiera, da momenti di adorazione e celebrazione. A Vancouver i delegati delle Chiese tedesco-orientali proposero un concilio ecumenico sul tema della pace mondiale. L'idea, accolta piuttosto tiepidamente in un ambiente dominato dalla preoccupazione per i temi della giustizia sociale ed economica, ricevette nuova spinta da parte del filosofo tedesco C.-F. von Weizsäcker, che propose la convocazione di un ''concilio di pace'' ecumenico con la partecipazione anche della Chiesa cattolica romana.
Sotto la pressione delle Chiese europee e nordamericane, particolarmente toccate dalla corsa agli armamenti senza precedenti fra le due superpotenze nucleari, il Consiglio mondiale delle Chiese avviò un programma su Giustizia, pace e salvaguardia del creato, con lo scopo di arrivare a una convocazione mondiale nel 1990 a Sŏul.
Non fu usato il termine ''concilio'' in quanto esso, nella concezione ortodossa e cattolica, presupporrebbe la piena unità delle Chiese partecipanti; la focalizzazione europea e nordamericana sulla questione della pace fu integrata dai temi della giustizia e del creato, poiché tutte queste tematiche erano viste come strettamente connesse fra loro: senza giustizia non c'è pace, senza pace e giustizia non c'è preservazione del creato. La preparazione della convocazione mondiale fu concepita come un processo conciliare che coinvolgeva tutti gli uomini di chiesa, un processo di presa di coscienza e di decisione sui modi in cui le Chiese cristiane possono impegnarsi insieme a contribuire in maniera credibile ed efficace alla soluzione di questi grandi problemi dell'umanità odierna. La Chiesa cattolica romana non era in condizioni di accettare la corresponsabilità nella preparazione e realizzazione della convocazione mondiale, ma si disse disposta a partecipare ufficialmente all'evento stesso.
Un passo importante verso la convocazione del 1990 è stata l'Assemblea ecumenica europea Pace con giustizia che si tenne a Basilea nella Pentecoste del 1989: essa rappresentò un nuovo avvenimento altamente significativo, perché per la prima volta nella storia 700 delegati delle Chiese protestanti, anglicane, ortodosse e cattolica dell'Europa sia occidentale che orientale s'incontrarono in un'assemblea organizzata congiuntamente dalla Conferenza delle Chiese europee e dal Consiglio delle conferenze episcopali europee. L'assemblea riuscì a elaborare una risoluzione comune che proponeva una lunga lista di temi riguardanti la giustizia, la pace, l'ecologia, e che impegnava le Chiese a lavorare per integrare le domande e i suggerimenti espressi nella risoluzione stessa.
Dieci anni prima di Basilea, nel 1979, si era tenuta a Boston una conferenza mondiale del WCC su Fede, scienza e futuro. Molti temi di questa conferenza, cui presero parte oltre 400 delegati (teologi e scienziati), vertevano sull'incontro tra la fede cristiana e l'attuale visione tecnologica del mondo, sui problemi etici posti dalla manipolazione biologica della vita, sulle Chiese e la questione energetica mondiale, sulla scienza e la tecnologia come potere su popolazioni e nazioni, e sulla scienza per la pace. Purtroppo, questi problemi non sono stati sufficientemente studiati dopo il 1979, né fu sviluppata un'aggiornata etica sociale ecumenica come contributo al discorso delle menti più illuminate in campo filosofico, politico, economico e scientifico, sul futuro dell'umanità alla fine del secondo millennio. Il Comitato centrale del WCC nel 1989 discusse il problema della bioetica, e ci sono segnali che le complesse questioni poste dalla scienza e dalla tecnologia moderna riceveranno in futuro una maggiore attenzione ecumenica.
A caratterizzare questo periodo furono anche le nuove possibilità per l'ecumenismo offerte dai cambiamenti politici e ideologici intervenuti in alcuni paesi socialisti dell'Europa orientale e in Cina. Il millennio della conversione della Russia, celebrato nel 1988 dalla Chiesa ortodossa russa, fu un'occasione per dimostrare ed esaltare il nuovo ''respiro'' per i cristiani e le Chiese in Unione Sovietica e per le loro crescenti relazioni ecumeniche. Anche in Cina, in questo periodo, i cristiani hanno potuto uscire dai loro nascondigli in numero maggiore di prima della rivoluzione, e cominciare a ristabilire contatti con la cristianità universale. Infine, dal 1988 il WCC ha contribuito a promuovere i primi incontri fra cristiani della Corea del Nord e del Sud nel quadro dei tentativi di superare il reciproco totale isolamento dei due paesi.
Nel 1981 il WCC organizzò a Sheffield una conferenza con 240 partecipanti su La Comunità delle donne e degli uomini nella Chiesa. Questa conferenza fu solo un esempio della crescente attenzione che il ruolo e il posto delle donne nelle Chiese trova nell'agenda ecumenica. Per incoraggiare la piena partecipazione e corresponsabilità delle donne nella Chiesa e nella società il WCC lanciò nella Pasqua 1988 una Decade ecumenica-Chiese in solidarietà con le donne. Ma nello stesso tempo, la questione specifica dell'ordinazione delle donne al ministero tornò al centro della discussione in seguito alla decisione di parecchie province della Comunione anglicana di ordinare donne al sacerdozio. Questo non soltanto creò serie tensioni all'interno della Comunità stessa − la quale per il momento fu tenuta insieme dalla Conferenza di Lambeth del 1988, in cui tutti i vescovi anglicani s'incontrarono in un modus vivendi di compromesso − ma portò anche a nuove difficoltà per i dialoghi internazionali della Comunione anglicana con la Chiesa cattolica romana e con le Chiese ortodosse. Nel 1989 per la prima volta una donna fu consacrata all'episcopato nella Chiesa episcopaliana degli Stati Uniti.
Infine, fra i più significativi sviluppi e avvenimenti di questo periodo bisogna ricordare la crescita ulteriore dei movimenti evangelici e carismatici conservatori, specialmente nel Terzo Mondo, e il crescente pluralismo religioso, specialmente nei paesi nordatlantici. Gli uni e l'altro pongono importanti sfide al m. ecumenico. Questi due sviluppi, che furono molto presenti nelle delibere della Conferenza mondiale su Missione ed evangelizzazione del WCC tenuta nel 1989 a San Antonio negli Stati Uniti, richiedono maggiori contatti ecumenici e un più intenso dialogo interreligioso.
Dialogo ecumenico. − Gli sforzi delle Chiese per rendere una testimonianza cristiana comune nel mondo contemporaneo sono, naturalmente, strettamente connessi con il tema centrale del m. e.: l'unità visibile della Chiesa di Gesù Cristo. Il dialogo ecumenico, che cerca di superare gli ostacoli frapposti al raggiungimento di questa meta, ha ricevuto una nuova e forte spinta grazie al documento da tutti accettato su Battesimo, Eucaristia e Ministero (BEM). Questo documento − risultato di molti anni di lavoro teologico − fu adottato nel 1982 dalla Commissione di Fede e Costituzione (Faith and Order) del WCC a Lima, commissione nella quale è ufficialmente rappresentata anche la Chiesa cattolica romana.
Il documento di Lima presenta accordi e convergenze sulla teologia e la pratica del Battesimo, dell'Eucaristia e del Ministero capaci di attenuare le differenze che dividono le Chiese, e al tempo stesso di arricchirne il pensiero e la vita. È una cosa rilevata da molti cristiani, sicché il documento è diventato dal 1982 il testo più ampiamente diffuso e discusso nella storia del m. ecumenico. È stato tradotto in 31 lingue e pubblicato in più di 450.000 copie. Migliaia di gruppi, seminari, facoltà teologiche, commissioni, organizzazioni ecumeniche hanno preso in esame il BEM. Grazie a ciò, nuovi contatti ecumenici furono stabiliti, la cosiddetta ''liturgia di Lima'' fu celebrata in molti incontri, il BEM è usato nella revisione liturgica, nella catechesi e nell'educazione teologica. Così, questo ''processo di Lima'' in tutte le parti del mondo ha prodotto una forte spinta all'esperienza ecumenica, tanto che molti salutano con entusiasmo la possibilità di riflettere sulle questioni fondamentali della fede e della vita cristiana in prospettiva ecumenica.
Più di 180 Chiese hanno approntato e adottato una risposta ufficiale al BEM, cosa che, ancora una volta, è senza precedenti nella storia dell'ecumenismo. Per la prima volta anche la Chiesa cattolica romana ha risposto a un documento ecumenico quando, nel 1987, ha inviato la sua risposta ufficiale al WCC. Le Chiese, in generale, considerano il BEM un importante passo avanti nel cammino ecumenico e un'importante conquista del dialogo ecumenico. Le risposte contengono tuttavia anche molte critiche sulle prospettive teologiche e su alcuni punti specifici del BEM. Tali critiche mostrano chiaramente quanto lavoro richieda ancora il dibattito intorno al rapporto fra Sacra Scrittura e tradizione, al modo d'intendere il sacramento/sacramentalità e la Chiesa (ecclesiologia), e ai temi relativi all'ordinazione delle donne e alla successione apostolica dei vescovi.
Argomenti del genere hanno un posto di primo piano anche negli ordini del giorno dei sempre più frequenti dialoghi bilaterali fra le Comunioni cristiane mondiali. Dal 1970 quasi tutte le confessioni cristiane a diffusione mondiale o le famiglie confessionali hanno avviato fra loro dialoghi ufficiali. Oltre a quelli già ''tradizionali'' fra cattolici e ortodossi, anglicani e cattolici, luterani e cattolici, e altri, nuovi dialoghi sono stati avviati dal 1980, per es. fra luterani e ortodossi, fra cattolici e battisti, fra anglicani e Chiese riformate.
Questi dialoghi sono sfociati in importanti intese e convergenze fra i partner coinvolti, pubblicate − per citare, ancora una volta, solo qualche esempio − nel Rapporto finale (1982) sottoscritto da anglicani e cattolici su Eucaristia, Ministero e autorità nella Chiesa, nei rapporti sottoscritti da cattolici e ortodossi su Il mistero della Chiesa e l'Eucaristia (1982) e Il sacramento dell'ordine nella struttura sacramentale della Chiesa (1988), nel rapporto sottoscritto da anglicani e riformati su Regno di Dio e nostra unità (1984), nel rapporto sottoscritto da luterani e metodisti su La Chiesa - Comunità di grazia, o nel rapporto sottoscritto da cattolici e luterani Di fronte all'unità. Modelli, forme e fasi (1985). I dialoghi bilaterali, fra cui anche molti a livello regionale e nazionale, sono diventati un'espressione importante del m. ecumenico. Dal 1980 è andata sempre più affermandosi la convinzione che questi dialoghi e il dialogo multilaterale (nel quadro del WCC) non sono in competizione o in tensione tra loro, ma si integrano e, insieme, sono al servizio dell'unico m. ecumenico. In alcuni paesi tali dialoghi hanno aiutato a stabilire forme ufficiali di partecipazione comune all'Eucaristia, per es. fra luterani e anglicani negli Stati Uniti (1982) e, in Germania, fra le Chiese riformate e i metodisti (1986), nonché con i vecchi cattolici (1985). Ma rimane ancora importante per le Chiese il compito di tradurre i risultati dei dialoghi in decisioni con cui siano stabilite relazioni più strette.
A mano a mano che il dialogo ecumenico, sia multilaterale che bilaterale, va avanti, sta diventando sempre più centrale un argomento di grande importanza per il progresso ulteriore: il modo d'intendere la natura e la missione della Chiesa nel piano salvifico di Dio per tutta l'umanità. Molte delle differenze nel modo d'intendere i sacramenti, la parola di Dio, il ministero della Chiesa, l'autorità nella Chiesa, la relazione fra Chiesa e società, la salvezza degli individui e il rinnovamento della più ampia comunità umana, possono essere fatte risalire a modi diversi di concepire la Chiesa. Di conseguenza, da molte parti si fanno pressioni per una discussione globale, concentrata sulla Chiesa. In una discussione del genere, già iniziata, la concezione della Chiesa come koinonía o communio (comunità, partecipazione) potrebbe rivelarsi particolarmente utile, in quanto può includere e integrare molti elementi ecclesiologici: le diverse immagini della Chiesa, come popolo di Dio, corpo di Cristo, tempio dello Spirito Santo; l'origine e la vita della Chiesa radicata nella comunione della Santa Trinità e sostenuta dalla comunione con Dio, in Cristo, per opera dello Spirito Santo; la comunione dei membri della Chiesa che trascende tutte le differenze di razza, sesso, classe e cultura; la comunione fra le Chiese locali e la Chiesa universale che è pienamente presente in ogni Chiesa locale; la comunione della Chiesa come strumento o sacramento del piano divino di riconciliazione e trasformazione per tutto il creato e per tutta l'umanità, che troverà il suo compimento nel regno di Dio. La riflessione ecumenica sulla Chiesa esige anche una riconsiderazione delle concezioni e dei modelli dell'unità cristiana.
L'ultima determinazione ecumenica ufficiale e rappresentativa su questo argomento è stata la descrizione degli scopi del m. e. fatta dall'assemblea del WCC tenuta nel 1975 a Nairobi. In aggiunta all'idea di un'unione organica (merger) di Chiese nella forma di nuove Chiese unite a livello nazionale, che era la concezione prevalente fino a Nairobi 1975, in anni recenti sono state oggetto di molta attenzione concezioni come ''unità nella diversità riconciliata'' o ''comunione di comunioni''. Queste formule hanno di mira il pieno riconoscimento reciproco e la partecipazione sacramentale fra le Chiese, senza che queste debbano necessariamente rinunciare alla propria identità confessionale e organizzativa per vivere in unità fra loro. La settima assemblea del WCC a Canberra (1991) ha discusso nuovamente questo problema.
Nel dialogo ecumenico, che si concentra su questioni teologiche, con sempre maggiore chiarezza viene espressa la consapevolezza che questo dialogo non dev'essere visto come un'impresa accademica o anche ecclesiocentrica. Lo scambio teologico dev'essere piuttosto orientato al raggiungimento di una comunione conciliare delle Chiese, manifestata nella loro comune missione e servizio per l'umanità. Ciò corrisponde alla convinzione che, nel contesto dell'emergente civiltà mondiale pluralistica e scientifico-tecnologica, la missione e l'evangelizzazione costituiranno il compito principale delle Chiese e del m. e. nell'ultimo decennio di questo secolo.
Movimento ecumenico e Chiesa cattolica romana. - La ricorrenza del venticinquesimo anniversario del decreto del Concilio Vaticano ii sull'ecumenismo Unitatis redintegratio (1989) è stata l'occasione per fare un bilancio, in una più ampia prospettiva storica, del periodo relativamente breve in cui la Chiesa cattolica romana è stata ufficialmente coinvolta nel m. ecumenico. E in realtà, in questo breve lasso di tempo si sono verificati cambiamenti di vasta portata nel pensiero ecumenico e nelle relazioni interecclesiali della Chiesa cattolica romana. Negli anni Ottanta l'''aggiornamento'' ecumenico si è rallentato e molte aspettative precedenti, alcune delle quali forse non del tutto realistiche, non si sono realizzate. Cionondimeno, questo periodo ha visto un consolidamento e anche un'estensione dell'impegno cattolico per il m. e. e per la partecipazione a esso. L'ulteriore progresso negli sforzi per superare le secolari differenze dottrinali che hanno determinato, e ancor oggi segnano, la separazione fra la Chiesa cattolica romana e le altre Chiese, ha portato al riconoscimento che "nonostante le nostre persistenti divisioni, una reale, benché imperfetta, comunione già esiste fra i cristiani divisi" (Thurian 1988). Ancora divisione e già comunione: in questa espressione può essere riassunta la tensione, e la speranza, che caratterizzano tale periodo.
In anni recenti la questione della possibilità per la Chiesa cattolica di partecipare come membro al WCC è stata nuovamente sollevata dai rappresentanti del WCC stesso, i quali riconoscono ora più chiaramente che in passato il grande svantaggio del fatto che solo un terzo della popolazione cristiana del mondo sia rappresentato dalle oltre 300 Chiese membri del WCC. La risposta della Chiesa cattolica è rimasta la stessa: la differenza ecclesiologica fra il WCC, costituito da Chiese per lo più nazionali, e la Chiesa cattolica romana, unica Chiesa universale, impedisce che quest'ultima vi partecipi come membro. Si direbbe che solo una trasformazione del WCC in una nuova struttura ecumenica sia in grado di aprire le porte a una partecipazione della Chiesa cattolica in qualità di membro. Intanto, il Gruppo di lavoro congiunto (Joint Working Group) fra la Chiesa cattolica romana e il WCC (istituito nel 1965) è lo strumento principale per contatti e collaborazione. Il quinto rapporto di tale Gruppo, presentato nel 1983, offrì una rassegna della riflessione e del lavoro comune su L'unità della Chiesa - scopo e via; Testimonianza comune; Collaborazione sociale. Esso illustrava i contatti e la collaborazione fra sub-unità del WCC e dicasteri vaticani nelle aree del dialogo teologico, della missione nel mondo, del dialogo interreligioso, del lavoro medico cristiano, dell'educazione, del laicato, della giustizia e della pace. Il lavoro attuale del Gruppo continua con temi globali di unità e testimonianza comune, ai quali ha aggiunto i compiti della formazione ecumenica e della riflessione e dell'azione sociale. Nell'ambito del tema dell'''unità'' il Gruppo sta preparando due relazioni di studio su La gerarchia delle verità e La chiesa locale e universale, nonché un testo comune con prospettive e proposte per la Formazione ecumenica, specialmente in rapporto con l'educazione teologica. Il sesto rapporto di questo Gruppo è stato pubblicato nel 1990.
Un elemento importante della cooperazione fra il WCC e la Chiesa cattolica romana è la preparazione congiunta del materiale per la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. In anni recenti questa settimana ha contribuito a stabilire i primi contatti ecumenici in paesi in cui non esistevano relazioni fra la Chiesa cattolica romana e altre Chiese. Un'altra significativa espressione di collaborazione è stato il pieno coinvolgimento della Chiesa cattolica, a partire dal 1982, nelle tante discussioni sul documento di Lima su Battesimo, Eucaristia e Ministero e le risposte di molte Conferenze episcopali a questo documento che furono integrate nella risposta ufficiale della Chiesa cattolica romana al BEM (v. sopra).
Il coinvolgimento più importante della Chiesa cattolica nel più ampio m. e. si è avuto sotto forma di dialoghi bilaterali, attualmente portati avanti con tutte le principali denominazioni cristiane. Essi, come abbiamo rilevato, hanno condotto a molte intese e convergenze negli sforzi di superare le differenze teologiche che dividono le Chiese. Sviluppi positivi si sono avuti, negli anni Ottanta, anche nel crescente coinvolgimento della Chiesa cattolica nel lavoro regionale e nazionale. La Chiesa cattolica romana è ora membro a pieno titolo di tre organizzazioni ecumeniche regionali (per es., della Conferenza delle Chiese del Pacifico) e di 35 consigli nazionali di Chiese. Situazioni di emergenza (per es., la siccità nel Sahel), la lotta per i diritti umani (per es., nel Sudafrica e nell'America latina) e lo sviluppo di ''comunità ecclesiali di base'', hanno portato a un incremento della cooperazione. Lo scambio teologico (per es., l'influenza delle ''teologie della liberazione'' latino-americane) e i gruppi di dialogo a livello locale e nazionale, il lavoro pastorale congiunto a servizio della popolazione nella situazione non ancora risolta in maniera soddisfacente dei matrimoni misti, la preghiera comune e lo studio della Bibbia, tutto questo ha contribuito a far sperimentare una comunione dei cristiani già esistente e reale, benché imperfetta. La partecipazione comune all'Eucaristia sarà per il futuro l'espressione più profonda di una comunione non più ''imperfetta''. Su questa strada, molti cristiani non cattolici e cattolici premono insistentemente per l'ipotesi della cosiddetta ''ospitalità eucaristica'' almeno nel caso di matrimoni misti e in occasioni ecumeniche. Che questo possa essere ammesso ufficialmente dalla Chiesa cattolica romana è uno dei loro auspici per il m.e. del prossimo decennio.
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