movimento
Apprendimento motorio
L’acquisizione di abilità motorie indotta dall’esercizio viene chiamata apprendimento motorio. Questa forma di apprendimento avviene spesso in modo inconscio, a differenza, per es., della memorizzazione di parole o di eventi. Inoltre, l’apprendimento motorio è presente in soggetti con lesioni del lobo temporale mediale i quali non sono invece capaci di formare memorie di tipo dichiarativo per luoghi o episodi. L’apprendimento motorio si distinguerebbe quindi da altre forme di memoria (➔), come la memoria dichiarativa, sia per l’esercizio necessario per l’apprendimento sia per i sistemi neurali coinvolti.
Un caratteristica dei movimenti volontari è che essi migliorano in accuratezza con la pratica e che il miglioramento ottenuto permane nel tempo. Numerosi studi hanno mostrato che la rappresentazione dei movimenti nella corteccia motoria può variare in funzione dell’esercizio. Per es., soggetti che esercitano giornalmente una particolare sequenza motoria con le dita di una mano mostrano un miglioramento progressivo nello svolgimento del compito che diventa asintotico dopo circa tre settimane. Scansioni con la fRMI (risonanza magnetica funzionale) hanno mostrato che il territorio corticale attivato durante l’esecuzione del movimento appreso è diventato più ampio di quello che si attivava prima dell’apprendimento. L’apprendimento risulta specifico in quanto non migliora i movimenti delle dita di una mano, se non quelli necessari alla sequenza appresa, e non si trasferisce all’altra mano. Ulteriori esperimenti hanno mostrato che la corteccia motoria primaria sembra essere coinvolta nel consolidamento dell’apprendimento motorio. Come altre forme di memoria, la traccia dell’apprendimento motorio è inizialmente soggetta a interferenza. Se viene appresa una sequenza di movimenti delle dita e immediatamente dopo la fine dell’esercizio viene fatta apprendere una nuova sequenza, il secondo apprendimento cancella il primo. Ciò avviene perché dopo l’apprendimento la traccia di memoria necessita di un periodo di consolidamento. Gli studi sull’apprendimento motorio hanno dimostrato che, se si altera l’attività elettrica della corteccia motoria primaria nelle prime ore dopo l’apprendimento per mezzo della stimolazione transcranica magnetica, i soggetti perdono l’abilità appresa. Questo esperimento suggerisce che l’attività neurale della corteccia motoria primaria sia necessaria per il consolidamento dell’apprendimento motorio. Gli studi sui modelli sperimentali hanno confermato il coinvolgimento della corteccia motoria nell’apprendimento motorio rivelando la presenza di ‘cellule della memoria motoria’, capaci di cambiare la loro direzione di movimento preferita e di mantenere la modifica a lungo termine. Studi sui modelli animali suggeriscono anche che fenomeni di plasticità sinaptica della corteccia motoria, come il potenziamento a lungo termine (➔), potrebbero essere alla base dei fenomeni di apprendimento motorio. Le osservazioni riguardo alla modificabilità delle mappe motorie corticali in soggetti adulti ha risvegliato notevoli interessi per potenziali applicazioni alla riabilitazione di soggetti con lesioni corticali traumatiche o vascolari (ictus). Studi eseguiti sulle scimmie hanno mostrato che a seguito di un ictus a carico della rappresentazione della mano, la scimmia perde la capacità di recuperare il cibo da pozzetti molto piccoli; inoltre, la rappresentazione corticale residua della mano affetta si riduce in correlazione con l’uso sempre più ridotto che l’animale fa di questa mano. Se dopo la lesione la scimmia viene sottoposta a una riabilitazione mirata a mantenere l’uso della mano affetta, la rappresentazione corticale della mano permane e tende ad allargarsi occupando una parte precedentemente dedicata alla spalla e al gomito, inoltre gli animali recuperano la capacità di prelevare il cibo dai pozzetti. Questi risultati mostrano che in soggetti con lesioni, la riabilitazione può favorire l’apprendimento di abilità motorie da parte dei circuiti corticali sopravvissuti all’insulto.
Molte osservazioni compiute su modelli animali e in pazienti indicano che l’apprendimento motorio è estremamente compromesso da lesioni cerebellari. David C. Marr e James S. Albus negli anni Settanta del 20° sec. ipotizzarono una teoria sul ruolo del cervelletto nell’apprendimento motorio. La teoria era basata su prove sperimentali che indicavano come l’attività delle fibre rampicanti induca una riduzione dell’efficacia tra le fibre parallele e i neuroni del Purkinje mediante un meccanismo di plasticità sinaptica a lungo termine denominato depressione a lungo termine (➔). Secondo Marr e Albus, l’attivazione delle fibre rampicanti fornirebbe un segnale di errore nell’esecuzione del movimento che si manterrebbe nel tempo. Progressivamente verrebbero così eliminati i segnali delle fibre parallele contenenti comandi centrali incongrui e il movimento corretto verrebbe gradualmente appreso. Studi recenti hanno allargato il coinvolgimento nell’apprendimento motorio anche ad altri circuiti indicando come la traccia che si mantiene a lungo termine non sia rappresentata dalla modificazione dell’efficacia sinaptica tra le fibre parallele e le cellule del Purkinje, bensì dall’alterazione dell’attività che permane dopo l’apprendimento a livello dei neuroni troncoencefalici che ricevono dalle cellule del Purkinje.
Queste strutture sembrano essere particolarmente importanti per l’apprendimento guidato dalla ricompensa, ovvero dall’esito del movimento effettuato. Questa funzione sarebbe legata all’importanza della dopammina nella segnalazione dell’ottenimento di una ricompensa. L’azione della dopammina determinerebbe nei nuclei della base la selezione e l’automatizzazione dei movimenti che portano a una ricompensa. È stato ipotizzato che meccanismi di questo tipo siano coinvolti nello sviluppo di comportamenti di ricerca compulsiva della droga in soggetti con tossicodipendenza.