mu'taziliti
Seguaci della prima ‘scuola’ teologica islamica in ordine di tempo, nata con Wāṣil ben ‛Aṭā’ (m. 748), e in genere i teologi le cui dottrine sono coerenti con essa. Il termine indica l’idea di una separazione (i’tizāl), ma sul suo significato originale non vi è accordo. Caratterizzata da un notevole sforzo razionalista (è la stessa teologia, del resto, in quanto «scienza del discorso» – kalām (➔) – ad avere nel logos la propria costituzione), la teologia dei m. si distingue per cinque tesi fondamentali, che ruotano a loro volta attorno ai due poli dell’unicità di Dio (tawḥīd), da una parte, e della giustizia divina, dall’altra. Alla tesi dell’assoluta unicità di Dio, che porta al rifiuto dell’antroporfismo (gli attributi si identificano con l’essenza) e alla lettura simbolica del testo sacro, si affiancano così: la teoria della giustizia (al-‛adl) dell’agire divino; l’idea della promessa e della minaccia (al-wa‛d wa l-wa‛īd), per cui l’uomo verrà giudicato a partire dalle opere; l’idea della situazione intermedia (al-manzila bayna l-manzilatayn) del musulmano che, avendo commesso un peccato grave, è sospeso tra il fedele e l’infedele; l’obbligo di ordinare il bene e proibire il male (al-amr bi-l-ma‛rūf wa l-nahī ‛an l-munkar; cfr. Corano 7, 157). Fondamentale è poi la concezione del Corano creato (makhlūq) e la lettura in chiave simbolica della visio beatifica garantita dallo stesso Corano. Dopo un tentativo di imposizione dall’alto di queste teorie (che il califfo al-Ma’mūʹn proclama ufficiali nell’827), i m. finiscono per perdere terreno in ambito sunnita. Vicine alle posizioni dei m. sono quelle dei teologi sciiti.