MUKDEN (A. T., 99-100)
La maggiore città della Manciuria, situata a 41°51′ lat. N. e 123°26′ long. E., nel centro di una fertile pianura a 5 km. dal fiume Hun ho, un affluente del Liao ho.
Durante la dinastia mongola degli Yüan fu capitale di provincia ed ebbe il nome di Shen-yang lu. Il fondatore della dinastia manciù conquistò la città nel 1621. Nel 1625 vi portò la capitale del suo impero e la chiamò in manciù Mukden, tradotto in cinese Shenking "florida capitale". Allorché nel 1644 la capitale fu trasportata a Pechino, Mukden ebbe il nome di Feng-tien "offerta al Cielo". Divenne poi il centro dell'amministrazione militare manciù e capitale delle tre provincie della Manciuria. Sotto la repubblica cinese tornò capoluogo di provincia. Durante la formazione del nuovo stato manciù (Man-chu-kwo), la capitale fu trasportata a Hsing-king.
La popolazione di Mukden era di 150 mila abitanti nel 1885, di 250 mila nel 1910, di 420 mila nel 1932.
La città è circondata da mura esterne con un perimetro di 15 km., costruite nel 1680. Mura interne di 5 km. di perimetro, del 1631, circondano l'antica città imperiale. La città fu aperta al commercio internazionale il 1 giugno 1906, per il trattato sino-americano del 1903. È collegata da varie ferrovie con la Cina, la Russia e la Corea.
Una nuova città rettangolare moderna, la cui costruzione fu iniziata dai Russi, a E. della vecchia città, è stata dotata dai Giapponesi, nel 1905, di edifici moderni; le concessioni straniere congiungono la città vecchia alla città nuova.
Il monumento ai caduti, a S. della nuova città, conserva le ceneri di 23.000 combattenti giapponesi morti nella grande battaglia di Mukden (v. sotto).
Mukden è pure una grande città industriale e manifatturiera; possedeva nel 1931 il più grande arsenale della repubblica cinese. Mukden è il grande centro commerciale di distribuzione per la Manciuria meridionale e grande mercato di prodotti agricoli.
Il palazzo imperiale nel centro della città, costruito nel 1637, fu abitato dai primi due imperatori della dinastia manciù. Conteneva tesori d'arte e una preziosa biblioteca ricca di manoscritti, trasportati in parte a Pechino. L'architettura dei varî edifici ricorda, in piccolo, quella dei palazzi imperiali di Pechino. A 15 km. a NE. della città, sulla sommità di una collina, sta "la tomba della felicità" (Fu-ling), nve nel 1629 fu sepolto il fondatore Nurhachu (morto nel 1626), della dinastia imperiale manciù. La porta d'ingresso a tre archi è riccamente decorata con maioliche smaltate gialle; due archi (pai-lou), scolpiti in pietra, risaltano in mezzo a un maestosa parco di piante resinose, pini, tuye, che li circonda.
A 6 km. a N. della città si trova la tomba del secondo imperatore manciù, figlio del precedente, morto nel 1643 e ivi sepolto nel 1664. La tomba è racchiusa in un parco circondato da un muro di 1600 m. di circonferenza. Gli edifici, più ricchi di quelli della tomba precedente, lasciano però un'impressione minore.
A un centinaio di km. a E. di Mukden e a 6 km. dalla piccola città di Hsing-king, primitiva residenza della dinastia, s'innalzano le tombe di altri antenati di Nurhachu.
La battaglia di Mukden (febbraio-marzo 1905). - Dopo che i continui insuccessi avevano obbligato il Kuropatkin a indietreggiare verso l'interno della Manciuria, la situazione russa si era stabilizzata, nel febbraio del 1905, a sud di Mukden, a cavallo della ferrovia di Port-Arthur. I Russi disponevano quivi di tre armate e di un giuppo di corpi d'armata di riserva, oltre reparti di protezione inviati dal generalissimo lungo le linee di comunicazione dell'esercito, che erano di continuo sotto la minaccia d'incursioni della cavalleria giapponese. Mentre il Kuropatkin intendeva di prevenire i nemici con una ripresa offensiva verso sud, il generalissimo giapponese Oyama - rinforzato da formazioni di riserva giunte dal Giappone e dall'armata del Nogi, libera dall'assedio di Port-Arthur, ch'era caduta alla fine del dicembre - si disponeva anch'egli all'attacco, per il quale disponeva di 5 armate e di un gruppo di corpi d'armata di riserva. Ognuno degli avversarî intendeva manovrare per la propria destra; il che portava i Russi a compiere lo sforzo principale nel settore ovest del campo di battaglia (piana dell'Ungò a valle di Mukden) e i Giapponesi a compierlo nel settore est (alture di riva sinistra dell'Ungò, a monte di Mukden). Le armate giapponesi essendo assai più leggiere di quelle russe, l'Oyama aveva complessivamente forze notevolmente inferiori a quelle dell'avversario (Russi: 375 battaglioni, 140 squadroni, 1400 bocche da fuoco; Giapponesi: 265 battaglioni, 65 squadroni, 900 bocche da fuoco). I Giapponesi, essendo stati pronti per primi, furono essi a iniziare la battaglia il 20 febbraio nella regione collinosa di Ta-ling, dove era un distaccamento russo (Alekseev) non molto numeroso, ma saldamente ancorato al suolo, ciò che permise una resistenza di tre giorni contro gl'impetuosi attacchi dell'armata giapponese di destra (Kawamura). Il Kuropatkin, in luogo di alleggerire indirettamente la pressione contro la propria sinistra per mezzo di un acceleramento della progettata azione all'ala destra (Kaulbars), ordinò a una parte di questa di spostarsi con marce forzate verso est e inviò un altro distaccamento appositamente costituito (Rennenkampf) sulle colline di Ta-ling. Ciò non impediva alle due armate giapponesi di destra (Kurolti e Kawamura) di progredire da quella parte, mentre l'Oyama ordinava all'armata proveniente da Port-Arthur (Nogi) di operare un largo aggiramento della destra nemica a occidente con intento di piombare da quella parte alle spalle dei Russi. Informato alla fine di febbraio dell'audace mossa dell'avversario, Kuropatkin avrebbe potuto attaccare l'armata del Nogi in corso di manovra; ma preferì ordinare un ripiegamento indietro, fronte a ovest della 2ª armata russa (Kaulbars), la quale dovette compiere il movimento retrogrado in condizioni sfavorevoli, perché già s'iniziava la pressione del nemico. Con atti controffensivi parziali i Russi riuscirono a guadagnare alquanto tempo, ma nelle sue linee complessive la lotta si rivelò ai primi di marzo favorevole ai Giapponesi. Il 4 marzo Kuropatkin ordinò finalmeme una controffensiva di stile con circa 120 battaglioni nel settore occidentale del campo di battaglia, quando però le truppe russe cominciavano a risentire gli effetti deprimenti della lunga lotta sfortunata. Le loro azioni aggressive si esaurirono senza che la fisionomia della battaglia potesse essere mutata; e il 7 marzo il Kaulbars assumeva di nuovo un'attitudine difensiva. Da parte giapponese, il maresciallo Oyama, in questa ultima fase della lotta, alleggerì il settore a sud di Mukden a vantaggio delle ali manovranti, sicché il 9 marzo egli aveva già, a nord dell'Ungò, un centinaio di battaglioni. I Russi dovettero affrettare l'abbandono di Mukden per non esservi accerchiati e ripiegarono a nord in direzione di Harbin. La battaglia, che si era svolta su una fronte di circa cento chilometri, costò a ciascuno degli avversarî circa 50.000 uomini fra molti e feriti; più, ai Russi, 40.000 prigionieri. Con essa ebbero praticamente termine le operazioni terrestri della guerra russo-giapponese.