muro
Ricorre in tutte le opere, meno che nella Vita Nuova. Come nell'uso odierno, il plurale ‛ le mura ' compare accanto al meno frequente ‛ i muri ' per indicare più opere murarie considerate nel loro complesso (v. M. Barbi, in " Studi d. " IX [1924] 42).
Per indicare la struttura muraria, senza particolare determinazione, è per lo più adoperato il singolare: Cv I XI 10 vidi già molte [pecore] in uno pozzo saltare... forse credendo saltare uno muro; Rime CI 24, Pg IX 75. Con la medesima accezione il plurale muri, in If XVII 2.
Il singolare è preferito anche quando si fa riferimento a un tratto parziale e limitato di un'intera cinta muraria. Questo stilema è attestato dai passi concernenti la cerchia della città di Dite; il modello è offerto dall'‛ auctoritas ' virgiliana (Aen. VI 549 " moenia lata videt triplici circumdata muro ", e 554 " stat ferrea turris ad auras "), ma è ripreso in modi diversi a seconda che l'attenzione dello scrittore sia rivolta a tutte le fortificazioni (If VIII 78 le mura mi parean che ferro fosse) o a una sola parte di esse (IX 26 ella mi fece intrar dentr' a quel muro; X 2 e 134).
Con riferimento a un tratto della cortina di un castello, in Pg XX 6 come si va per muro stretto a' merli (per la variante muri stretti, v. Petrocchi, ad l.); per i più stretto è preposizione (" rasente ") e regge ai merli; ma il Porena e il Mattalia lo considerano un aggettivo concordato con muro. Comunque, qui D. " dà exempio di muri delle città e delle castelle c'hano un andito stretto a pe' di merli perché le guardie glie possano gire d'intorno " (Lana).
A un motivo non logico-grammaticale ma psicologico-espressivo è dovuto il singolare in Pg VI 84 l'un l'altro si rode / di quei ch'un muro e una fossa serra.
Il singolare compare anche in usi estensivi e figurativi. Un muro sono la strapiombante parete del pozzo dei giganti (If XXXII 18) e il dosso del ponticello della settima bolgia (XXIV 73; dove, però, per Pietrobono, Steiner, Mattalia, si allude alla costa dell'argine che separa la settima bolgia dall'ottava). M., per traslato, è anche tutto ciò che separa, che divide, che ostacola, come la cortina di fiamme del settimo girone del Purgatorio (Pg XXVII 36). Che il Paradiso terrestre fosse circondato da fiamme come da un m., fu credenza diffusa nel Medioevo (Isidoro Orig. XIV III 3 " Cuius loci post peccatum hominis, aditus interclusus est; saeptus est enim undique rhomphea flammae, id est muro igneo accinctus ". E si veda anche B. Nardi, Saggi di filosofia dantesca, Firenze 1967², 311-317); in questo caso però, osserva il Torraca, la metafora sembra suggerita dal racconto ovidiano della storia di Piramo e Tisbe ricordata ai vv. 37-39 (Met. IV 73 " paries, quid amantibus obstas? "). Analogamente, le donne ebree che nella candida rosa separano i beati del Vecchio Testamento da quelli del Nuovo, sono il muro / a che si parton le sacre scalee (Pd XXXII 20): un m. " che separa insieme ed unisce ", come un " vincolo di maternità, di aspettazione, di amore " tre le due schiere (Tommaseo).
Un'espressione idiomatica analoga a quella tuttora corrente.
Oltre che in If VIII 78 (già citato), mura, con il significato di " cerchia di una città o di un castello ", ricorre in Cv IV V 20, If IV 107, XVIII 10, Fiore XXX 12, XXXII 11, LXXI 14 (così nella variante mura in luogo di cerchia in Pd XV 97; cfr. Petrocchi, ad l.). Vale " edifici " (Porena) in Pd XXII 76 Le mura che solieno esser badia / fatte sono spelonche; cfr. Ierem. Prof. 7, 11 " spelunca latronum facta est domus ista "; Matt. 21, 13; Luc. 19, 46. Così anche in Fiore CX 5 la scrittura… non vuol che l'uon faccia sale o mura / de le limosine, " sale e palazzi " (Petronio); è questa una delle concordanze tra il linguaggio del Fiore e quello del D. riconosciuto esaminate dal Contini (La questione del " Fiore ", in " Cultura e Scuola " 13-14 [1965] 768-773; e cfr. anche la voce FIORE).
Anche per la scarsezza degli esempi, non altrettanto costante appare la funzione semantica del plurale ‛ muri '. Escluso If XVII 2 (già citato), dove ha valore generico, il vocabolo compare sempre in passi più o meno immediatamente derivanti da una fonte latina che può averne suggerito l'uso. Così, vale " abitazioni " in Cv IV XIII 12 A quali tempii o a quali muri poteo questo avvenire, cioè non temere con alcuno tumulto, bussando la mano di Cesare?, che traduce Lucan. V 529 ss. " Quibus hoc contingere templis / aut potuit muris nullo trepidare tumultu / Caesarea pulsante manu? ". Infine, nell'accezione di " mura ", in If XXV 15 (Capaneo cadde a Tebe giù da' muri); l'uso può essere stato imposto dalla rima, sempre che non si abbia un'immediata trasposizione dalla fonte (Theb. X 937 " pectora... invisis obicit fumantia muris ").