Muscolo
Il muscolo (derivato del latino musculus, diminutivo di mus, "topo", in relazione al fatto che certi movimenti muscolari possono ricordare il rapido guizzare di un topo) è definibile come un insieme di cellule specializzate, le fibre muscolari, le quali costituiscono un organo autonomo per forma e funzione. Nel mondo animale il muscolo rappresenta l'organo attivo della funzione motoria (v. vol. 1°, II, cap. 2: Cellule e tessuti, Tessuti; cap. 3: Apparati e sistemi, Sistema osteoarticolare e muscolare).
di Rosadele Cicchetti
A seconda della loro funzione, i muscoli possono essere classificati come somatici (o scheletrici) e viscerali. Il ruolo della muscolatura somatica, situata principalmente in tutta la parete del corpo, nelle appendici e nella coda, è quello di orientare l'organismo nell'ambiente esterno. Di contro, i muscoli viscerali, che si trovano nella parete di organi cavi, vasi sanguigni e canali, e che costituiscono anche la muscolatura intrinseca del bulbo oculare o i muscoli erettori dei peli, concorrono al mantenimento dell'ambiente interno. Dal punto di vista istologico, il tessuto muscolare si può distinguere in liscio, cardiaco e striato. Il tessuto muscolare liscio, a contrazione involontaria, costituisce la tunica muscolare presente negli organi della vita vegetativa; la sua contrazione determina variazioni di forma e di calibro degli organi nei quali è compreso, facilitando altresì il passaggio e l'espulsione del materiale in essi contenuto. Il tessuto muscolare cardiaco, anch'esso a contrazione involontaria, costituisce le pareti del cuore. Infine il tessuto muscolare striato forma i muscoli superficiali, o pellicciai, e i muscoli profondi, o sottoaponeurotici: i primi si inseriscono sulla faccia profonda del derma e hanno una grande importanza nella mimica; i secondi comprendono i muscoli scheletrici, che si inseriscono sulle ossa e con la loro contrazione determinano i movimenti dei diversi segmenti dello scheletro, e i muscoli annessi agli organi di senso o in rapporto con l'apparato digerente, respiratorio e urogenitale. Mentre l'attività della muscolatura a contrazione involontaria è regolata dal sistema neuroendocrino, i muscoli striati dipendono interamente dal sistema nervoso centrale, com'è dimostrato dal fatto che se si seziona un nervo motore all'estremità superiore di un muscolo striato, questo non si contrae più. L'azione di qualunque muscolo dipende dalla sua origine, inserzione e forma. Pochi muscoli agiscono singolarmente, più spesso infatti essi cooperano a svolgere lo stesso movimento (muscoli sinergici) o producono movimenti opposti, come i flessori e gli estensori degli arti (muscoli antagonisti). I principali movimenti (v.) che un muscolo può far compiere alla struttura ossea su cui è inserito sono la flessione, l'estensione, l'adduzione e l'abduzione, cioè l'avvicinamento e l'allontanamento dal corpo, e la rotazione. Il muscolo è in grado di compiere un movimento in quanto nelle cellule che lo compongono avviene la trasformazione dell'energia chimica in energia meccanica. Questo processo viene attuato mediante il sofisticato meccanismo della contrazione muscolare, reso possibile dalle proteine contenute nelle cellule muscolari, l'actina e la miosina. La contrazione di un numero sufficiente di cellule provoca l'accorciamento e l'ingrossamento dell'intera massa di un muscolo: se il muscolo circonda un lume, questo si restringe; se è teso tra due strutture, come per es. due ossa, queste si avvicinano. Il meccanismo che mette in moto la contrazione muscolare si fonda sulla liberazione di calcio ionico (Ca++) che consente un collegamento tra le due proteine e quindi la contrazione; questa ha fine soltanto quando gli ioni calcio vengono allontanati. Nel muscolo striato, la contrazione è regolata dall'actina, perché lo ione calcio controlla le interazioni actina-miosina mediante proteine regolatrici che si legano al filamento di actina; al contrario, nei muscoli lisci dei Vertebrati e in molti muscoli degli Invertebrati, la contrazione è regolata dalla miosina perché le interazioni dipendono dal legame del calcio con la miosina. L'energia necessaria per la contrazione muscolare è fornita dalla respirazione cellulare, che avviene solo in presenza di ossigeno, il quale viene accumulato nei muscoli dalla mioglobina. Tuttavia, soprattutto quando il muscolo è affaticato, può verificarsi una scarsità di ossigeno e in questo caso la cellula ricorre a un altro processo biochimico, alla fine del quale si produce una sostanza tossica per la cellula stessa, l'acido lattico, che provoca caratteristici disturbi da affaticamento muscolare.
Le cellule muscolari sono presenti in uno stadio molto precoce dell'evoluzione animale: si ritrovano infatti nella maggior parte delle Spugne, animali pluricellulari primitivi, mentre negli Invertebrati marini più evoluti si differenziano cellule contrattili fusiformi, in cui sono individuabili le miofibrille. Nella scala zoologica compaiono dapprima le miofibrille lisce, poi quelle striate (nel tubo digerente di alcuni vermi e di alcuni Molluschi, come lumache, calamari e polpi, e in alcune regioni del tronco e della coda dei Tunicati). La muscolatura striata si afferma negli Artropodi, come Insetti e Aracnidi, che sono muniti di un esoscheletro capace, per le sue caratteristiche meccaniche, di accrescere la potenza e l'ampiezza del movimento. Lo scheletro esterno degli Artropodi è derivato dall'ispessimento dei segmenti metamerici dei vermi e dal successivo sviluppo di appendici articolate. I muscoli sono attaccati all'interno dell'esoscheletro. La muscolatura liscia persiste intorno agli organi cavi e, in generale, in tutte quelle parti che sono prive di scheletro. Nei Vertebrati, nei quali si evolve uno scheletro interno, la muscolatura striata diventa particolarmente abbondante, tanto da costituire la metà del peso corporeo. Le principali modificazioni nella muscolatura avvengono nei Tetrapodi, cioè nelle quattro classi dei Vertebrati terrestri, Anfibi, Rettili, Uccelli e Mammiferi, e consistono nella modificazione della muscolatura assiale, nella differenziazione di una muscolatura appendicolare, che diventa estrinseca e intrinseca, e nella differenziazione di una muscolatura cutanea. Nei Tetrapodi, inoltre, che sono privi di branchie, la muscolatura branchiale si è in parte atrofizzata e in parte specializzata per altre funzioni, andando a formare i muscoli per la masticazione, i muscoli della faringe e quelli della faccia. La caratteristica dei muscoli assiali, i muscoli scheletrici del tronco e della coda, evidente nei Pesci e nei Vertebrati terrestri più antichi, è la metameria, cioè la divisione in sezioni orizzontali. Questa condizione, abbinata a una colonna vertebrale flessibile e anch'essa metamerica, consente ai Pesci e ad alcuni Tetrapodi primitivi, come gli Anfibi, di avanzare nel mezzo acquatico con movimenti ondulatori laterali. La stessa funzione si ritrova nei Tetrapodi terrestri che hanno perso successivamente gli arti. Con l'affermarsi della locomozione per mezzo di arti articolati, la metameria nella muscolatura assiale è sempre meno evidente, anche se qualche traccia è ancora presente nei Mammiferi. Dagli Anfibi più evoluti in poi, la metameria è rimasta solo nei fasci più profondi, mentre lunghi fasci non segmentati sono disposti al di sopra delle vertebre in modo da sostenere il capo e rinforzare la colonna vertebrale (muscoli dorsali); i muscoli ventrali raggiungono un maggior sviluppo, perché devono sostenere i visceri nell'aria senza l'aiuto del galleggiamento fornito dall'acqua. La perdita di metameria nella muscolatura assiale e il differenziamento di una muscolatura appendicolare hanno consentito ai Tetrapodi di affrontare la locomozione terrestre. Nei Tetrapodi la muscolatura appendicolare è molto più complessa che nei Pesci e i muscoli sono disposti in gruppi ad azione opposta. In seguito allo sviluppo dell'arto e alla sua rotazione, che ha portato alla disposizione attuale, con il gomito rivolto indietro e il ginocchio in avanti, si è verificato anche un riordinamento dei muscoli, che spesso si avvolgono intorno a un segmento osseo e all'articolazione, per inserirsi sulla superficie opposta del segmento successivo. Nei Tetrapodi si sono sviluppati muscoli appendicolari intrinseci, che originano sul cinto o sull'arto e si inseriscono più distalmente sullo stesso arto, mentre sono conservati anche muscoli estrinseci, che originano dallo scheletro assiale, o sulle fasce connettivali del tronco, e si inseriscono sul cinto o sull'arto libero. Questi ultimi sono i più primitivi, in quanto estensioni di una muscolatura del tronco destinata alla locomozione nei Vertebrati ancestrali: nei Pesci infatti i muscoli appendicolari sono essenzialmente estrinseci. L'acquisizione della deambulazione bipede, propria dell'uomo, ha implicato un'inversione dei compiti svolti dai muscoli del bacino e del femore. Nell'arto inferiore la massa estensoria, quella che permette l'allontanamento dal corpo, deve essere situata anteriormente: così il medio e il piccolo gluteo si sono trasformati da estensori in adduttori, mentre la funzione di estendere il tronco, necessaria quando un bipede corre o si arrampica, è stata assunta dal grande gluteo. Inoltre, per avvicinare l'arto all'asse verticale del corpo, si è aggiunto un gruppo muscolare adduttore, situato medialmente. La possibilità di abduzione, cioè l'allontanamento dall'asse del corpo, è molto evidente nell'arto superiore, e consente di afferrare gli oggetti. I 19 muscoli della mano, infine, assicurano un'abilità e una precisione di movimenti che ne fanno uno strumento molto raffinato. Una caratteristica dei Mammiferi è la muscolatura cutanea. Già nei Pesci e negli Anfibi, alcuni fasci dei muscoli degli archi faringei si inseriscono nel derma, collegando la pelle alla muscolatura sottostante; nei Mammiferi essa raggiunge la maggior evidenza con il muscolo grande cutaneo, che avvolge tutto il tronco di alcuni di essi. Nei Primati vi è una grande specializzazione dei muscoli mimici: nell'uomo più di 30 differenti muscoli abbassano o alzano gli angoli della bocca; altri ancora permettono di sollevare le sopracciglia, increspare le labbra o stringere le palpebre. Gli altri Mammiferi hanno un numero molto minore di muscoli mimici: caratteristico nei Carnivori, per es., è il muscolo canino che solleva la parte del labbro superiore per mostrare il dente canino a scopo intimidatorio. Tra la muscolatura cutanea intrinseca bisogna ricordare infine i muscoli erettori dei peli nei Mammiferi e delle penne negli Uccelli. Mentre la muscolatura scheletrica è andata incontro a così tante modificazioni con la diversificazione delle varie specie, particolarmente in riferimento al passaggio della vita sulla terraferma, la muscolatura viscerale non è molto cambiata nel corso dell'evoluzione dei Vertebrati; si osservano, tuttavia, profonde differenze per quanto riguarda il suo controllo: in alcune specie la contrazione è spontanea oppure mediata quasi esclusivamente da ormoni - come nel caso dell'utero dei Mammiferi -, in altre specie la risposta è dovuta a impulsi nervosi.
Data la diversità nella distribuzione e nella funzione dei muscoli non è possibile stabilire un momento unico per la loro formazione durante l'embriogenesi. In linea generale, tuttavia, si può dire che dopo 4 settimane di sviluppo, il mesoderma, il foglietto embrionale intermedio, forma i somiti su ciascun lato della notocorda. La parte mediale di ogni somite, chiamata miotomo, darà origine ai muscoli scheletrici. A 6 settimane, intorno alla colonna vertebrale che si sta formando, i muscoli miotomici si organizzano in due gruppi, uno dorsale e uno ventrale. Nello stesso periodo si sviluppano i muscoli della masticazione, della laringe, della faringe e si forma la muscolatura mimica. A 8 settimane si completa la muscolatura appendicolare, con la massa flessoria posta anteriormente e quella estensoria posteriormente. Alla nascita, avverrà una rotazione dell'arto inferiore, che varierà la posizione di queste masse in rapporto all'asse corporeo, con la massa estensoria posta anteriormente. Rosadele Cicchetti
di Red.
I muscoli sono organi altamente sensibili alle alterazioni della nutrizione e del metabolismo: nei soggetti iponutriti si osservano frequentemente fenomeni di atrofia muscolare, mentre nei soggetti alimentati con dieta povera di alcuni elementi (potassio) o di vitamine (specialmente vitamine C ed E) si possono osservare fenomeni di degenerazione muscolare di vario tipo: dal rigonfiamento torbido alla degenerazione vacuolare, cerea oppure amiloide, all'infiltrazione grassa o calcarea, che può a volte dar luogo a fenomeni di calcificazione. Analogamente fenomeni di atrofia si instaurano per la sospensione o la cessazione dell'attività muscolare (immobilizzazione da apparecchio gessato, paralisi). La distensione brusca di tessuto muscolare conseguente a un movimento incongruo può determinare una lesione traumatica del muscolo definita distrazione (stiramento o strappo nel linguaggio comune), consistente nella lacerazione parziale di fibre o lacinie, talvolta accompagnata da ecchimosi sottocutanee. Malattie tipiche del sistema muscolare sono le miositi, le atrofie e le distrofie muscolari progressive, e le altre varietà di miopatie (miotonia, miastenia). Infine nei muscoli possono con una certa frequenza localizzarsi forme larvali di parassiti (trichinie, cisticerchi, echinococchi); raramente insorgono tumori benigni (leiomiomi, rabdomiomi) o maligni (rabdomiosarcomi). Con il termine miosite si intende una flogosi del tessuto muscolare striato, che può colpire un solo muscolo (miosite isolata) o più muscoli contemporaneamente (polimiosite). Si distinguono forme aspecifiche e forme specifiche (tubercolari, luetiche). Le prime, divenute molto rare dopo l'avvento degli antibiotici, sono dovute nella maggior parte dei casi ai comuni germi piogeni: per lo più sono secondarie a un processo suppurativo dei tessuti vicini (specie dell'osso) o di organi lontani da cui i germi giungono al muscolo per via ematica (miositi ematogene); decorrono in maniera acuta o cronica, dando luogo nella prima eventualità alla formazione di un ascesso unico o anche di ascessi multipli. La miosite tubercolare, anch'essa generalmente secondaria a un focolaio tubercolare di tessuti od organi contigui, decorre in maniera cronica ed evolve generalmente verso la caseificazione e la fistolizzazione. La miosite luetica, di riscontro ormai eccezionale, è caratteristica del periodo terziario della sifilide e si presenta generalmente come una forma sclerogommosa. Nell'ambito delle miositi a eziologia ignota si collocano le forme con interessamento di più muscoli (polimiositi); si tratta di patologie a carattere disreattivo che rientrano nel vasto capitolo delle connettiviti, per le quali la patogenesi è da attribuire a fenomeni autoimmuni. Nel caso di interessamento cutaneo si usa il termine dermatomiosite. La miosite ossificante traumatica è una sindrome clinica caratterizzata dalla comparsa di calcificazioni nei muscoli che hanno subito lesioni traumatiche. La sindrome non è imputabile a un processo infiammatorio, ma a una metaplasia del connettivo intermuscolare. Fra i vari muscoli, gli adduttori, il brachiale anteriore e i retti addominali rappresentano le sedi più frequenti delle ossificazioni post-traumatiche. La miosite ossificante progressiva o miopatia osteoplastica è una rara malattia del sistema muscolare, caratterizzata da ossificazione di alcuni gruppi muscolari, complicanze infiammatorie, anemia e deperimento progressivo. L'eziologia è sconosciuta. Si manifesta con limitazione della motilità, irrigidimento di alcuni muscoli e, radiograficamente, con l'osservazione di intense e grosse ossificazioni in seno ai muscoli colpiti. La malattia è progressiva e può giungere all'irrigidimento del paziente in una data posizione, sì da giustificare l'appellativo di 'uomo pietrificato'. Le atrofie e distrofie muscolari progressive comprendono alcune affezioni tipiche dei muscoli scheletrici che costituiscono due gruppi sufficientemente distinti di malattie perché, pur essendo entrambi contraddistinti da atrofia delle fibre muscolari, le prime sono espressione di una lesione nervosa (atrofie muscolari nucleari, atrofie muscolari neuritiche), le altre sono dovute a una causa insita nello stesso tessuto muscolare, sono cioè delle miopatie propriamente dette. Le atrofie muscolari nucleari sono dovute a lesioni del midollo spinale, del bulbo o del mesencefalo e colpiscono di solito in età adulta, in rapporto con traumi o con malattie infettive. La forma spinale nella sua manifestazione classica colpisce inizialmente in modo simmetrico i piccoli muscoli delle mani, dove determina atteggiamenti e deformazioni particolari; in un secondo tempo si estende ai muscoli dell'avambraccio, delle spalle, del tronco ecc.; ha decorso cronico. La forma bulbare e bulbopontina si manifesta con disturbi dei muscoli interessati all'articolazione della parola, alla masticazione e alla deglutizione. La forma mesencefalica si manifesta con ptosi palpebrale e paralisi della muscolatura estrinseca dell'occhio. Le atrofie muscolari neuritiche sono patologie ereditarie e familiari. Le distrofie muscolari progressive colpiscono prevalentemente il sesso maschile e l'età infantile, sono eredofamiliari e caratterizzate da lesioni del parenchima muscolare, costituite da alterazioni della striatura, eventuale aumento del sarcoplasma, iperplasia del tessuto adiposo e del tessuto connettivo. Si evidenziano con una riduzione della forza in un particolare distretto muscolare che porta ad atteggiamenti abnormi per la prevalenza della muscolatura antagonista sana. Nella forma pseudoipertrofica sono colpiti gli arti inferiori, in quella di Erb i muscoli della radice degli arti superiori, nella forma di Landouzy e Déjerine i muscoli mimici e poi quelli del cingolo scapolare, degli arti superiori e del tronco, nel tipo di Gwers vengono colpiti primitivamente i muscoli dei quattro arti. La sclerosi laterale amiotrofica, descritta per la prima volta da J.-M. Charcot, è dovuta a un processo atrofico degenerativo che colpisce prevalentemente, se non esclusivamente, vari elementi del sistema della motilità volontaria: maggiormente colpite sono le cellule delle corna anteriori del tratto cervicale del midollo spinale, specialmente nei gruppi anteriore e laterale, i nuclei motori bulbari, le cellule piramidali della circonvoluzione frontale ascendente e i fasci piramidali. La sintomatologia è dominata dalle atrofie, localizzate tipicamente nella muscolatura distale degli arti superiori: le mani per l'atrofia dei muscoli dell'eminenza tenar assumono un aspetto scimmiesco ('mano da scimmia'); quando interviene l'atrofia dei muscoli interossei, che provoca l'iperestensione della prima falange e la flessione delle altre, esse assumono l'atteggiamento ad artiglio ('mano ad artiglio'). La frequente atrofia dei muscoli della faccia, della lingua e della faringe provoca quella che viene detta paralisi labioglossofaringea, che comporta gravi conseguenze sulla masticazione, sulla deglutizione e soprattutto sull'articolazione della parola (disartria, anartria). Negli arti inferiori è spiccata l'ipertonia; a seconda della gravità delle lesioni, si osserva una paraparesi o una paraplegia spastica. Possono frequentemente associarsi anche disturbi psichici, a tipo di decadimento demenziale. La terapia è sintomatica e l'eziologia è sconosciuta. Esiste, inoltre, una vasta gamma di alterazioni muscolari che si verificano in varie circostanze patologiche. Si ricorda il gruppo associato ad alterazioni enzimatiche (v. metabolismo), alcune lipoidosi muscolari, le miopatie da tossici esogeni. A partire dagli anni Sessanta del 20° secolo sono state identificate le cosiddette miopatie mitocondriali, caratterizzate da modificazioni del metabolismo energetico a livello della catena respiratoria che si trova nei mitocondri. Le conseguenze cliniche che derivano da queste modificazioni possono essere gravi. Per miotonia si intende un disturbo generalizzato o distrettuale a carico della funzione della muscolatura volontaria, caratterizzato da contrazioni incoercibilmente prolungate con conseguente decontrazione ritardata. Tale turba funzionale risulta più accentuata quando il movimento è eseguito energicamente. Al malato, pertanto, risulta più difficile schiudere la mano serrata a pugno o le palpebre chiuse con forza, mentre sono meno impediti i movimenti fini, come la scrittura. L'iterazione dei movimenti è spesso seguita da una loro migliore esecuzione. La miotonia rappresenta il sintomo fondamentale di due malattie ereditarie che da essa prendono il nome: la miotonia atrofica e la miotonia congenita o malattia di Thomsen (dal nome di A.Y. Thomsen, che la descrisse su sé stesso e sui suoi familiari). La miotonia atrofica, detta anche distrofia miotonica, è caratterizzata da: manifestazioni miotoniche soprattutto a carico dei muscoli flessori delle dita della mano e di quelli della lingua; atrofia per lo più simmetrica dei muscoli della masticazione, della deglutizione, della fonazione, degli sternocleidomastoidei e di alcuni gruppi muscolari degli arti superiori e inferiori; cataratta e altri disturbi distrofici (atrofia testicolare, calvizie frontoparietale, precoce caduta dei denti ecc.); disturbi endocrini (ipoparatiroidismo, deficit delle funzioni sessuali) e neurovegetativi (acrocianosi). La miotonia congenita è una malattia ereditaria a carattere dominante (è stata anche descritta una forma a trasmissione recessiva) che colpisce, in ordine di frequenza, i muscoli degli arti inferiori, quelli degli arti superiori, i muscoli mimici e della lingua; spesso coesiste ipertrofia muscolare, senza che a questa corrisponda un effettivo aumento della forza; le masse muscolari, allo stato di riposo, rivelano alla palpazione una consistenza maggiore che di norma e durante la contrazione acquistano una durezza lignea. I malati hanno un aspetto atletico, i loro movimenti nella fase iniziale risultano impacciati mentre si sciolgono via via; stentano nel cominciare a camminare e spesso non riescono ad adattare la posizione del corpo per neutralizzare un'occasionale perdita di equilibrio. La miastenia è una malattia contraddistinta da abnorme e rapido affaticamento dei muscoli innervati dai nervi cranici e spinali, che per tale precoce stanchezza perdono la capacità di contrarsi. Originariamente definita miastenia grave pseudoparalitica, è attribuita a un disturbo della trasmissione neuromuscolare, per una lesione funzionale della placca motrice con conseguente insufficiente liberazione di acetilcolina. Sembra legata a una condizione autoimmune nella cui genesi avrebbe importanza il timo. Un ruolo prevalente sembra svolgere l'autoanticorpo diretto verso il recettore dell'acetilcolina, presente sul fronte postsinaptico a livello della giunzione neuromuscolare. Il decorso è lento e progressivo: l'affezione di solito ha inizio nel territorio dei nervi cranici; sono precocemente colpiti i muscoli oculomotori, onde l'impossibilità a sollevare le palpebre (ptosi palpebrale) e lo strabismo, i muscoli facciali, i masticatori, quelli della lingua, della laringe e del collo, con conseguente perdita dei poteri espressivi mimici (facies miastenica), difficoltà nella masticazione, nella fonazione e nell'articolazione della parola. In un secondo tempo sono colpiti i muscoli degli arti, più frequentemente i gruppi muscolari prossimali. Almeno nella fase iniziale della malattia, il deficit motorio ha la caratteristica di diminuire o di scomparire con il riposo e, viceversa, di accentuarsi con l'affaticamento per cui il disturbo si intensifica nel corso della giornata; con l'evoluzione della malattia il ripristino funzionale, che può essere anche solo parziale, richiede fasi di riposo sempre più lunghe.
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