Musica e matematica: la scienza armonica di Claudio Tolemeo
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Gli Harmonica di Tolemeo (II secolo) sono per noi il più completo trattato di teoria armonica greca. Superando la tradizionale contrapposizione tra la scuola pitagorico-platonica e l’aristossenica, l’autore propone un modello epistemologico in cui la speculazione matematica e la percezione sensoriale non sono più in conflitto, ma insieme conducono alla comprensione della perfezione della natura e del logos che la governa. Inaspettatamente, l’opera contiene anche alcune preziose informazioni sulla pratica musicale di età imperiale.
Non è possibile stabilire con certezza in quale periodo della sua vita Claudio Tolemeo abbia lavorato ai tre libri degli Harmonica (edizione di riferimento: Ingemar Düring, Die Harmonielehre des Klaudios Ptolemaios, 1930). La notizia riportata da uno scolio di età bizantina, secondo la quale l’opera sarebbe rimasta incompiuta per la morte dell’autore, potrebbe essere un tentativo di spiegare sia il carattere meno elaborato della seconda parte del libro terzo, sia, probabilmente, la mancanza dei capitoli 14 e 15 del medesimo libro (poi ricostruiti nel XIV secolo dal dotto bizantino Niceforo Gregora). Tuttavia entrambi questi fattori possono trovare altre spiegazioni: la lacuna alla fine dell’opera non è certo il primo caso di perdita di parti finali o incipitali di opere nella tradizione manoscritta, mentre la minore elaborazione degli ultimi otto capitoli è dichiarata dallo stesso autore in Harmonica 3, 3: “Cercheremo, per quanto è possibile per sommi capi, di esaminare questa parte rimanente del nostro studio, al fine di dare un’idea dell’importanza della facoltà armonica”.
Dunque è più prudente datare genericamente il trattato al pieno II secolo.
La sua posizione storica consente a Tolemeo di tentare una sintesi tra le due grandi tradizioni del pensiero musicale greco: quella elaborata da Pitagora e quella di Aristosseno. Alla prima egli imputa di aver dato troppo peso alla speculazione matematica (logos) a scapito dei fenomeni, mentre critica la seconda per aver commesso l’errore opposto, sopravvalutando la percezione empirica degli intervalli (aisthesis, akoe) rispetto allo studio dei rapporti. Nel modello teorico da lui proposto fin dalle prime battute del trattato non v’è contrasto tra logos e akoe, ma entrambi concorrono, ciascuno a suo modo, alla costruzione della “facoltà (dynamis) armonica”.
La percezione sensoriale è in grado di cogliere i rapporti di altezza tra i suoni; tuttavia, specie nel caso di intervalli piccoli, essa può rivelare una certa debolezza. D’altra parte la ragione, tramite la misurazione dei logoi (rapporti matematici alla base degli intervalli tra i suoni), può rendere evidente all’orecchio la differenza tra l’intervallo che si riteneva corretto e quello effettivamente corretto: “Come dunque la circonferenza tracciata col solo ausilio dell’occhio sembra spesso precisa, finché quella tracciata con metodo razionale non conduca al riconoscimento effettivo della figura realmente esatta, così, […] se si misura l’intervallo considerato secondo il suo proprio rapporto matematico, […] attraverso il confronto l’udito riconoscerà l’intervallo più esatto come se fosse, per così dire, autentico rispetto a quello spurio” (Harmonica, 1, 1).
Dunque la matematica deve aiutare l’orecchio a riconoscere ciò che è vero e giusto, secondo la concezione aristotelica del “preservare i fenomeni” (sozein ta phainomena). Tolemeo avversa ogni tentativo di porre la speculazione matematica come alternativa alla percezione; da qui le sue critiche al pitagorismo. Com’è noto, la teoria pitagorica si era sviluppata a partire dalla scoperta dei rapporti corrispondenti alle consonanze fondamentali (2/1 = ottava; 3/2 = quinta; 4/3 = quarta). Poiché questi rapporti hanno in comune la forma (n+1)/n (forma superparticolare o epimorica), i pitagorici ne inferivano che un intervallo, per essere consonante, dovesse essere necessariamente esprimibile attraverso un rapporto superparticolare. Tolemeo confuta questa dottrina servendosi dell’intervallo di undicesima (un intervallo composto da un’ottava più una quarta), che è espresso dal rapporto 8/3 (ossia 4/3 x 2/1, poiché la somma e la differenza tra intervalli musicali equivalgono rispettivamente al prodotto e alla divisione tra i relativi rapporti) e che è manifestamente consonante all’orecchio, nonostante il relativo intervallo non sia superparticolare (Harmonica, 1, 6).
D’altro canto, Tolemeo sembra ritenere che soltanto un approccio matematico possa conferire all’armonica un reale fondamento epistemologico. Il sistema aristossenico gli appare debole in quanto si limita a una serie di rinvii tautologici da un elemento all’altro, senza raggiungere l’essenza dell’oggetto della ricerca e senza dar vita a un sistema di definizioni coerente e logicamente elegante (Harmonica, 1, 9). Quindi l’impianto generale della teoria armonica di Tolemeo si può definire sostanzialmente pitagorico, nonostante le critiche occasionali mosse a quella scuola; al pitagorismo è da ricondurre, infatti, la ricerca della sistematicità e dell’eleganza matematica e formale, come pure la fede nella razionalità del logos; così come la volontà di trovare analogie tra il mondo dei suoni da un lato e il microcosmo dell’anima umana, o il macrocosmo dei corpi celesti dall’altro: attività a cui Tolemeo dedica gli ultimi capitoli del trattato.
Le scale musicali descritte negli Harmonica sono per noi il documento più importante della teoria postaristossenica.
Questa trattazione si fonda sulla considerazione dell’organizzazione dei rapporti presenti tra le quattro altezze che formano un tetracordo (corrispondente grossomodo, nella musica odierna, all’insieme formato da quattro note che coprono un ambito di quarta). Tolemeo di Aristosseno mantiene il concetto di “sistema” (systema), ossia una struttura derivante dall’unione di tre tetracordi (systema teleion elatton, perfetto minore) o quattro (systema teleion meizon, perfetto maggiore), per una estensione complessiva di un’ottava e mezza e due ottave rispettivamente. All’interno di questo ambitus vi sono alcuni suoni fissi (hestotes), che corrispondono alle note estreme dei vari tetracordi, mentre i suoni interni di ciascun tetracordo (kinoumenoi, mobili) possono variare in altezza, determinando i diversi generi (gene) delle scale (diatonico, cromatico, enarmonico) e, all’interno di ciascun genere, le diverse sfumature (chroai); ed è proprio in questa ripartizione delle altezze che Tolemeo si differenzia da Aristosseno.
Il teorico di Taranto, infatti, disponeva i suoni lungo il continuum che separa gli estremi del tetracordo, senza preoccuparsi se gli intervalli così ottenuti fossero rappresentabili attraverso rapporti matematici (si pensi che nella matematica pitagorica il semitono e gli altri sottomultipli del tono non sono teoricamente ammissibili, in quanto i relativi rapporti non sono esprimibili per mezzo di numeri razionali; per esempio la divisione del tono in due parti uguali, in quanto implica l’estrazione della radice quadrata del rapporto 9/8, implicherebbe l’uso di √2); Tolemeo invece sviluppa un sistema in cui tutti gli intervalli sono espressi nella forma superparticolare, cara ai pitagorici. Il sistema tolemaico dei tonoi (toni, corrispondenti approssimativamente alle nostre tonalità musicali, ossia a determinate sequenze di intervalli che è possibile trasporre su differenti campi di altezze) è anch’esso mutuato da Aristosseno; ma anche in questo caso viene corretto in senso pitagorico. Infatti Aristosseno, collocando la nota centrale di ciascun tonos (mese) su ciascuna delle 13 altezze semitonali che, nella sua esposizione, articolano l’ottava, otteneva 13 toni; Tolemeo, coerentemente con le sue premesse teoriche, preferisce collocare le diverse mesai a distanze regolari di un intervallo di tono intero, ottenendo così solo sette toni.
Non si deve ritenere tuttavia che gli Harmonica siano un’opera esclusivamente speculativa; al contrario, diverse sezioni del trattato mostrano una inaspettata attenzione a questioni pratiche. Vengono fornite dettagliate spiegazioni sulla costruzione del canone monocordo e multicorde, con indicazioni su come ottenere un suono accettabile da tutte le corde e rendere attendibili i risultati degli esperimenti acustici. Inoltre Tolemeo è l’unico a tramandare, sia pure in modo cursorio, termini appartenenti al gergo usato dai musicisti della sua epoca; ed è anche l’unica nostra fonte di informazioni sull’utilizzo del canone monocordo come strumento musicale e non soltanto sperimentale, nonché su una curiosa tecnica “virtuosistica” inventata da un certo Didimo per le esecuzioni al monocordo. Infine, è stata recentemente avanzata l’ipotesi che alcune delle scale da lui descritte rispecchino modalità effettivamente presenti nella musica in uso nella città di Alessandria d’Egitto in età imperiale.